Quanto costa davvero l’università e come risparmiare

Ecco una piccola guida per capire quali benefici, borse di studio, sconti e detrazioni ci sono e chi ne ha diritto.

Tempo di lettura: 9 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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Per frequentare un’università pubblica italiana servono in media 1.440 euro all’anno. Parliamo solo delle tasse, naturalmente. Poi c’è da mettere in conto libri – in media 600 euro all’anno – costi di trasporto, pasti fuori casa, e nel caso in cui l’Ateneo scelto sia fuori provincia, alloggio, bollette e tutto quanto serve per vivere. Il risultato finale è che il costo medio per le famiglie va da 4.981 euro all’anno per chi frequenta nella propria città a 10.593 per chi è costretto a prendere in affitto un posto letto. La somma può facilmente schizzare all’insù (basta scegliere una stanza singola anziché una doppia), ma può anche scendere, se si riesce a usufruire di benefici, borse di studio, sconti e detrazioni. Ecco una piccola guida per capire quali sono e chi ne ha diritto.

Calcola l’Iseeu, che è l’Isee universitario

La prima cosa da sapere, quando si inserisce nel bilancio familiare la voce “università”, è che alcune delle spese principali possono variare tantissimo a seconda dell’Isee, l’indicatore della situazione economica familiare. Gli atenei hanno infatti rette differenziate a seconda del reddito, e in linea di massima, fino a 30.000 euro di Isee prevedono una tariffa agevolata. È quindi necessario calcolare da subito il proprio indice.

Non parliamo però dell’Isee ordinario, lo stesso indicatore già utilizzato per richiedere per esempio l’assegno unico. «In questi casi serve l’Isee universitario, detto anche Iseeu, e andrà calcolato a parte, tramite Caf o dal sito Inps, e consegnato all’Ateneo al momento dell’iscrizione», spiega Diego Vollaro, componente dell’esecutivo nazionale dell’Unione degli Universitari, con delega al Diritto allo studio. «È molto importante, perché chi non lo presenta finisce automaticamente nella fascia più alta di tassazione. Inoltre l’indicatore servirà in seguito per capire se puoi avere accesso ad altri benefici». In attesa di richiederlo, puoi fare anche una simulazione sul sito dell’Inps, per capire in che fascia ti collocherai.

Confronta le tasse dei diversi atenei

Le tasse universitarie non sono uguali ovunque, per tante ragioni. «Gli importi delle rette possono variare moltissimo da ateneo ad ateneo, perché le singole università hanno quasi totale libertà nello stabilire la tassazione e gli importi per reddito», spiega ancora il nostro esperto.

«In linea di massima, considera che gli atenei del Nord sono generalmente più costosi di quelli del Sud, che le lauree magistrali e le triennali sono più care delle specialistiche, e che chi si iscrive a un corso di laurea in ambito scientifico matematico pagherà di più rispetto a chi ne frequenta uno in ambito economico umanistico».

Dalle tabelle del report di Federconsumatori, vediamo per esempio che nel 2022 a Milano, in una facoltà scientifica si arrivava a pagare in fascia massima 4.060 euro all’anno, mentre a Napoli la soglia massima è di 2.446.

Controlla l’ampiezza della no tax area

A tutela delle fasce più deboli è arrivata nel 2017 la cosiddetta “no tax area”. La Legge di Bilancio ha introdotto un meccanismo secondo cui chi ha un Iseeu sotto una determinata soglia è tenuto a versare la sola tassa regionale, più un’imposta di bollo di 16 euro, per un totale di massimo di 156 euro, da saldare di solito nella prima rata delle tasse universitarie.

«Negli anni la no tax area è stata portata prima a 20.000 euro di Iseeu e poi a 22.000 euro. In autonomia, alcuni atenei hanno disposto un ulteriore ampliamento», spiega Diego Vollaro. Le Università di di Milano e di Salerno, per esempio, l’hanno portata a 30.000, quella di Bologna  a 27.000 euro, la Federico II di Napoli, l’Università Tor Vergata di Roma e l’Università di Pisa a 26.000 euro .

In tutti i casi, però, va tenuta presente la componente del merito. «Il solo requisito del reddito vale solo per chi si immatricola. A partire dal secondo anno, per usufruire del beneficio lo studente deve aver guadagnato dei crediti formativi. In genere ne servono almeno 25 per anno, con l’eccezione del secondo anno, quando occorre averne maturati almeno 10 durante il primo. A stabilire il numero sono comunque i singoli Atenei». (Qui trovi i dettagli).

Cerca le borse di studio degli atenei

Se sei alla ricerca di altri benefici e agevolazioni, devi tenere presente che esistono due tipologie di borse di studio, e cioè le borse proprie delle università e quelle regionali per il diritto allo studio.

«Le prime dipendono dai singoli Atenei, che decidono per esempio di assegnare delle borse ai nuovi immatricolati che hanno ottenuto punteggi alti ai test di ammissione, ai migliori studenti di ogni corso, o ad altre categorie», dice Diego Vollaro. Negli ultimi anni, per esempio, molti hanno bandito borse o previsto agevolazioni per le studentesse che si iscrivono ai corsi di laurea in discipline Stem (Science, Technology, Engineering e Mathematics), come fa spesso l’Università di Firenze.

«Non sempre sono previsti requisiti di reddito», spiega Vollaro, «ma queste borse di studio vengono erogate di anno in anno, e anche i criteri per accedervi cambiano, bisogna attendere di volta in volta i bandi per capire a chi sono rivolti», spiega il rappresentante dell’Udu.

Fai domanda per le borse di studio regionali

«Il discorso cambia se parliamo di borse regionali diritto allo studio, che sono previste ogni anno, in ragione del decreto legislativo 68/2012», continua Diego Vollaro. «Sono le Regioni a occuparsene, con i finanziamenti del Fondo Integrativo Statale, a cui aggiungono anche risorse proprie e gli introiti derivanti dalla tassa regionale che gli studenti pagano insieme alla retta. Si possono fare tre richieste differenti: per le borse di studio in denaro, per l’alloggio e per il servizio mensa. Il consiglio è di farle tutte e tre, anche se, per esempio, non si sa se e quanto si utilizzerà il servizio mensa. I voucher non spesi torneranno a fine anno nella disponibilità dell’azienda di diritto allo studio, non andranno persi», spiega il nostro esperto.

«Per trovare i bandi, il modo più semplice è digitare su un motore di ricerca “Bando borse diritto allo studio universitario” aggiungendo il nome dell’università o della regione in cui si trova l’Ateneo». In alternativa si può fare una ricerca dal sito ministeriale sul diritto allo studio.

In linea di massima può accedere alle borse di studio chi ha un Isee fino a 24.335, il limite massimo stabilito dal decreto ministeriale 1320/2021. «Ma ogni regione sceglie la sua soglia, alcune, come Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria e Toscana arrivano fino a oltre 24.000, altre come il Molise, si fermano molto più in basso», dice Vollaro.

Le borse in denaro partono in genere da qualche migliaio di euro, e in alcuni casi arrivano anche a 7.000 per i fuorisede, ma non è scontato che si riesca a ottenerle tutti gli anni, perché è necessario mantenere un rendimento alto. «Chi si iscrive al primo anno, per esempio, ottiene il 50% della cifra all’incirca entro dicembre, e per avere la parte restante dovrà avere totalizzato un tot di crediti formativi entro il 10 agosto. La maggior parte delle università ne richiede 25, ma ci sono eccezioni. La Lombardia, per dirne una, è la regione più “rigida” in fatto di merito. I crediti formativi necessari per essere giudicati meritevoli sono 35, le borse di studio per le matricole, per esempio, sono riservate a chi, a parità di reddito, ha un voto di almeno 70/100 alla maturità, e da quest’anno solo chi supera un test attitudinale ulteriore rispetto all’ammissione può concorrere».

Considera i tempi delle borse di studio

Se stai facendo la programmazione delle spese, devi considerare nel tuo bilancio che il denaro delle borse di studio non arriverà in tempo per coprire da subito tutte le spese. «I tempi sono spesso lunghi, per almeno tutta la prima parte dell’anno, molti costi vanno anticipati di tasca propria», ammette Vollaro. «Nella maggioranza dei casi c’è più o meno un anno di scarto: con i soldi delle borse di studio ottenute al primo anno, ci si paga direttamente il secondo, e via a seguire». Non solo. «Poiché a volte i fondi messi a disposizione dalle Regioni per i singoli atenei non bastano a soddisfare il numero delle domande, ogni anno c’è un numero richiedenti che rientra tra gli “idonei”, perché possiede i requisiti, ma non è subito tra gli assegnatari. Moltissimi atenei – ma non tutti – vanno poi a coprire in un secondo momento quel “buco”, ma trascorrono mesi nell’incertezza».

Registra il contratto di affitto

Se sei uno studente fuorisede, non è scontato che troverai posto in uno studentato, anche se hai tutte le carte in regola e partecipi al bando. Secondo i calcoli dell’Udu, nel 2022 i  posti disponibili erano appena 36 mila a fronte di circa 764 mila studenti fuori provincia, vale a dire il 4,77%.

Nel bilancio bisognerà aggiungere dunque i soldi per l’affitto, – sempre che si riesca a trovare casa, visto che in città come Milano,
Roma, Napoli, Bologna,  Bergamo e Padova,  è diventato un miraggio. Sempre l’Udu calcola che l’affitto medio per una stanza singola a Milano raggiungeva nell’autunno 2023 i 550 euro (645 con le spese), Bologna era a 415 euro (500 tutto incluso), Roma 410 (505) e Padova a 380 (445). Al Sud la città dai costi più elevati è invece Napoli con 315 euro (che diventano 380).

Potrai però in tutti i casi “scaricare” dalle tasse il 19% del canone, purché il contratto sia registrato. La somma massima da portare in detrazione è di 2.633 euro, il che significa che lo sconto fiscale massimo sarà di 500 euro all’anno. La buona notizia è che il beneficio vale anche se si affitta una sola stanza, ma il contratto dovrà essere registrato, e dovranno essere rispettati determinati requisiti. Il principale: il comune di residenza dello studente deve essere ad almeno 100 chilometri di distanza da quello dell’ateneo, con l’unica eccezione dei comuni di montagna. Qui trovi tutti i dettagli.

Non comprare subito i libri

Non è finita, perché bisogna fare i conti con le spese per i libri di testo, abbonamenti e altro. Secondo le stime dell’Udu, il costo del materiale didattico, incluso un pc da acquistare al primo anno, è stimato a circa 698 euro all’anno. In questo caso non ci sono agevolazioni in base al reddito, né detrazioni fiscali, ma il totale può essere limato evitando di commettere certi errori dettati dall’inesperienza.

Il consiglio di Vollaro è: «Mai acquistare libri e materiali prima che i corsi inizino, anche se sono indicati nel programma, o, peggio, comprare subito tutti i testi del primo anno. Magari quell’esame lo sposti più avanti, e nel frattempo cambia l’edizione del libro, oppure frequenti le lezioni e scopri che sono sufficienti gli appunti, c’è del materiale differenziato per frequentanti, o l’accesso a comunità didattiche online, dove i docenti erogano il materiale digitale».

Per fare meglio i conti

Vuoi sapere quanto spenderai in media per l’affitto, a seconda della città, o che sconti sono previsti sui trasporti pubblici per gli studenti, o ancora, le fasce di reddito per e tasse previste dai singoli atenei? Qui trovi tre dossier dell’Unione degli universitari.

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