Tre mosse per vincere la paura di investire

Noi italiani abbiamo paura di investire: il 77% di noi prova ansia al pensiero che ci sia la possibilità di una perdita, anche piccola, del capitale investito. Ecco una guida che ci spiega cosa ci frena e come vincere le paure ingiustificate.

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Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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I numeri dell’ultimo report Consob ci dicono, per esempio, che il 77% di noi prova ansia al pensiero che ci sia la possibilità di una perdita, anche piccola, del capitale investito. Nel 47% dei casi pensiamo che sia opportuno controllare frequentemente l’andamento dei nostri investimenti, e non siamo portati a guardare nel lungo periodo. I soldi, insomma, preferiamo lasciarli lì dove possiamo controllarli, in banca. «Difatti la percentuale di patrimonio che giace inerte sui conti correnti degli italiani è molto più alta rispetto a quella degli altri cittadini europei», conferma Paola Iannello, docente di Psicologia Economica e Benessere all’Università Cattolica di Milano. Oggi, però, tenere stretti a noi i contanti non conviene. E superare i timori può aiutare a fare scelte più consapevoli. Ecco una guida che ci spiega cosa ci frena e come vincere le paure ingiustificate.

Le 4 ragioni che ci allontanano dagli investimenti

Ci sono tante cause, spesso intrecciate tra loro, alla base della nostra diffidenza nei confronti degli investimenti, e per capire come superarle bisogna imparare a conoscerle. Eccole:

  • Il bias dello “status quo”

A spingerci a non “agire”, oltre all’aspetto culturale, c’è un pregiudizio mentale che potremmo definire il bias dell’inerzia o dello status quo. «Non scegliamo in maniera consapevole di non investire, il punto è che non ci poniamo nemmeno il problema. Il cosa fare di quei soldi che restano sul conto corrente, non ci sembra una questione su cui riflettere», continua l’esperta. «È una tendenza comune, che porta generalmente noi umani a preferire la situazione in cui ci troviamo, un po’ perché cambiare è più faticoso, un po’ per paura. Anche le strategie di marketing delle grandi aziende, se ci pensiamo, giocano su questo nostro “limite”, quando ci propongono servizi gratuiti per un tempo limitato. Il meccanismo è sempre lo stesso: se il servizio non ci convince, possiamo risolvere il contratto dopo il periodo gratuito,  ma siccome questo implica un’azione in più, molti di noi non lo fanno».

  • La poca conoscenza

Anche la nostra ignoranza in materia finanziaria, naturalmente, gioca un ruolo in questa partita. Quanti di noi sono consapevoli che lasciare i soldi in banca o nella cassetta di sicurezza in questo periodo sia un autogol? Spiega Iannello: «Il pensiero comune è “lo so che la somma non aumenta, ma male non fa”. Invece è sbagliato. Ma preferiamo non interessarci, e non pensare alle alternative. Anche perché tutto ciò che ha a che fare con la finanza, lo percepiamo lontano da noi. Abbiamo l’intima convinzione di non saperne a sufficienza, per permetterci di rischiare un po’ di più e questo vale soprattutto per le donne». Informarsi e “studiare” aiuterebbe a cambiare le cose.

  • La mancanza di conversazioni informali

Se tutto ciò che riguarda il denaro è sentito come “lontano da noi”, è sicuramente perché nessuno ci insegna l’educazione finanziaria nei contesti formali, come a scuola. «Ma è anche perché non esistono occasioni di apprendimento informale su questi temi», aggiunge la psicologa. «Di soldi e tantomeno di investimenti  non parliamo con gli amici né con il vicino di casa: difficilmente un conoscente ci verrà a raccontare che ha investito i suoi risparmi in quel fondo pensione e si è trovato bene. Questo fa sì che non si vengono a creare quei momenti di condivisione che ci fanno familiarizzare con un tema. Sapere che persone che non sono il banchiere o il manager di successo, ma sono a noi vicine, ne sanno quanto me, e hanno fatto un tipo di scelta, è qualcosa che ci interroga, che ci fa da stimolo per avviarci in una determinata direzione. Inoltre, ci evita di procedere per tentativi ed errori, perché facciamo nostre le loro esperienze».

  • La paura di perderci

E qui viene un altro punto. La paura. Sappiamo che con gli investimenti non possiamo sbagliare. Se proviamo un ristorante nuovo, e non ci piace, poco male, avremo pagato per mangiare male, ma se sbagliamo investimento, perdiamo i risparmi accumulati con fatica e sudore. «In questo caso subentra anche la paura di essere invischiato in un meccanismo che non possiamo influenzare. E a ciò si aggiunge anche una certa sfiducia nel mondo finanziario». Un dato, su questo, arriva dall’ultimo report della Consob sugli investimenti delle famiglie: meno del 30% degli intervistati ha dichiarato di avere un’elevata fiducia negli intermediari finanziari.

La domanda giusta da farti

Cosa fare, allora se voglio scrollarmi di dosso questi legacci? «Una premessa va fatta. La letteratura scientifica ha dimostrato che la propensione personale al rischio influisce sulle scelte di investimento», esordisce Iannello. «In altre parole, se sei una persona particolarmente prudente, sarà molto difficile che ti butterai con soddisfazione in un’avventura del genere. Mi spiego meglio: per investire – e parliamo anche di investimenti poco rischiosi – è necessario essere in grado di tollerare il fatto che per avere ritorni economici ci vuole tempo. E che in quel periodo io risparmiatore perdo il controllo di ciò che sta succedendo, intervengono altri meccanismi su cui non posso agire, o posso agire solo in parte. Quindi, prima ancora di capire se vuoi investire o no, bisogna che tu ti faccia una domanda: quei soldi non saranno più miei per un certo periodo di tempo, sono disposto a tollerarlo?». Se la risposta è no, lascia perdere, altrimenti, è il momento di rivolgerti a qualcuno che ne sa di più, per fare i passi giusti.

L’esercizio psico

Se decidi che vuoi tentare, per iniziare la nostra esperta consiglia un esercizio: mettiti a tavolino, fai una mappatura dei tuoi soldi, dal conto corrente agli immobili, includendo il tuo patrimonio in senso ampio. Dopodiché stabilisci di destinare una cifra. L’importo deve essere tale per cui, anche nello scenario peggiore, se tu dovessi perdere quel denaro, questo non avrà ripercussioni pesanti e non comporterà nessun tipo di rinuncia. Sapendo che quella somma puoi “dimenticare di averla”, senza che ciò desti preoccupazioni, ansie, o incertezze, questo passo ti sembrerà più leggero.

Le motivazioni contrarie

Il secondo passo è provare a fare un esame delle ragioni che ti tengono incollato al tuo denaro. «Le scuse comuni le conosciamo tutte: “C’è il Covid, arriva la crisi, mi serve un paracadute..” ma quante di queste sono giustificate da una situazione di reale pericolo. Se sto decidendo di cambiare casa o di ristrutturare, è chiaro che potrei avere bisogno di tutta la liquidità possibile, e non conviene impegnare i risparmi. Ma se la ragione è : “Tra 7 anni devo mandare mio figlio all’Università”, allora ti renderai conto che è sicuramente una cosa di cui si può discutere. E che in realtà non è un vero ostacolo alla decisione».

Il calcolo del potere d’acquisto

C’è poi un terzo esercizio, più complesso, suggerito dalla psicologa. Serve per renderti conto di come cambia il valore del denaro nel tempo. «Prendi in mano gli estratti conto degli ultimi 5 anni, o anche meno, se non riesci, e confrontali tra loro, facendo particolare attenzione ai primi e agli ultimi. Osserva entrate e uscite, soffermati sulle spese, guarda quante cose potevi acquistare con il denaro che guadagnavi. Ti renderai conto che nel tempo il valore reale di quei soldi è calato, in altre parole, i soldi che hai tenuto parcheggiati sul tuo conto, oggi ti permettono di fare meno cose rispetto a ieri, e non sono cresciuti di pari passo con il costo della vita. A quel punto puoi anche decidere che ti sta bene così, ma sarai tu a decidere, con consapevolezza. E la tua non sarà più una “non scelta”.

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