Quando conviene estinguere il mutuo?

Alzi la mano chi non lo ha pensato, il giorno in cui ha acceso il finanziamento per la prima casa, mentre si caricava sulle spalle quel debito di ennemila euro. Ma siamo sicuri che convenga? Ne abbiamo parlato con un esperto: ecco i suoi consigli.

Tempo di lettura: 7 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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«E magari tra qualche anno se le cose si mettono bene lo estinguo, questo mutuo». Alzi la mano chi non lo ha pensato, il giorno in cui ha acceso il finanziamento per la prima casa, mentre si caricava sulle spalle quel debito di ennemila euro. Pare infatti che questa sia la frase più pronunciata dai neomutuatari (e che di solito fa scappare un sorriso ai funzionari), perché liberarsi della zavorra mensile resta il sogno di tutti quelli che chiedono il prestito.  Ma siamo sicuri che convenga? E se sì, in quali condizioni vale davvero la pena dare fondo al proprio tesoretto, ai risparmi o all’eredità della nonna? Ne abbiamo parlato con un esperto, ecco i suoi consigli.

Sfrutta la regola della montagna

Perché, almeno sulla carta, estinguere un mutuo dovrebbe convenire? Perché farlo significa non solo liberarsi in un colpo solo del debito restante, ma risparmiare i soldi degli interessi legati al prestito. Per capirlo meglio basta un esempio: su un prestito di 100.000 euro da restituire in 25 anni a un tasso complessivo del 2%, paghiamo alla banca 27.155 euro di interessi, spalmati sulle diverse rate. Se decidiamo di saldare il debito tutto assieme, parte di quei 27mila euro (quelli non ancora pagati) verranno risparmiati.

La reale convenienza, però, è direttamente collegata al momento in cui il prestito viene estinto, e questo perché i mutui casa, in Italia, prevedono per la quasi totalità il cosiddetto ammortamento alla francese: «La composizione delle rate cambia con il tempo. All’inizio la quota degli interessi è molto importante, può superare la metà dell’importo, poi si va assottigliando», spiega Stefano Santin, della direzione nazionale della Casa del consumatore ed esperto di credito e finanza.

Dunque nei primi anni di mutuo restituiamo alla banca soprattutto la quota interessi, mentre il nostro debito cala lentamente. «Se paragoniamo il mutuo a una montagna da scalare», spiega Santin, «possiamo dire che la prima metà, quando paghiamo la maggior parte degli interessi, è la salita. Una volta scavallata la cima, la seconda parte è in discesa, perché il debito si riduce a una velocità molto maggiore. Viene da sé che l’aiuto ci sarà utile soprattutto nella prima parte, quando saliamo. Per avere un vantaggio economico dall’estinzione, conviene saldare il debito nella prima metà, per esempio entro i 10 anni per un mutuo a 20 anni, perché solo così avremo risparmiato davvero sugli interessi».

Abbiamo provato a far tradurre questo principio in numeri, usando il simulatore della Banca d’Italia, e prendendo ad esempio un mutuo a 25 anni di 140.000 euro, con un tasso del 2%. Per chiuderlo dopo 7 anni dovrò versare alla banca all’incirca 107.500 euro, ma avrò risparmiato 20.600 euro di interessi, quasi un quinto. Alla fine del decimo anno mi occorreranno poco più di 92.000 euro, ma il risparmio scenderà a 14.600 euro. Infine, dopo 16 anni mi ci vorranno 58.600 euro, ma ne avrò risparmiati “appena” 5.481. «Il consiglio è prendere in mano il piano di ammortamento del nostro mutuo, dove sono indicate le rate da pagare nel tempo con le quote interessi, e calcolare il risparmio in caso di estinzione anticipata. Chi ha un mutuo a tasso variabile può chiedere alla banca un piano aggiornato: si tratterà comunque di una stima, ma potrà aiutare a farsi un’idea», consiglia ancora l’esperto.

Rapporta il tasso di interesse all’inflazione

C’è poi il tema dei tassi. Chi ha un mutuo a tasso variabile sconta il rialzo dei tassi di interesse, cosa che, in periodi come quello che stiamo vivendo, può spingere a valutare l’ipotesi estinzione. «Anche in questo caso, se sono nella fase “discendente” del mutuo, l’oscillazione della rata sarà sicuramente più tollerabile, in caso contrario potrebbe farsi sentire. La decisione, in ogni caso, deve partire proprio dalla rata, dobbiamo cioè chiederci fino a che punto quell’esborso mensile sarà per noi sopportabile. Se supera una certa quota di tollerabilità, e se abbiamo la liquidità necessaria, allora possiamo ragionare sull’ipotesi di estinguere o ridurre il prestito», consiglia Santin. In ogni caso, aggiunge l’esperto, la situazione va valutata con lucidità, ragionando sui numeri. Per anni siamo stati abituati a un costo del denaro pari a zero o addirittura negativo, e ora questo rialzo ci sembra enorme, ma un mutuo a un tasso del 2-3%, se paragonato a un’inflazione che viaggia intorno al 9%, come quella attuale, è ancora un mutuo conveniente. Facciamo quindi i calcoli senza farci prendere dal panico».

Prendi in considerazione l’ipotesi di rinegoziare

Se la tua esigenza è quella di contenere una rata che potrebbe salire o diminuire le incertezze, puoi valutare la soluzione intermedia, che ti consente di abbassare il tuo debito conservando parte dei tuoi risparmi. «Un buon compormesso è rinegoziare il mutuo versando in una sola quota una parte del debito restante, e abbassare la rata o accorciare la durata del finanziamento. Tutte le banche consentono questa opzione, che ti aiuta ad alleggerirti senza dare fondo ai tuoi risparmi. Naturalmente vanno valutati attentamente costi e condizioni, ma è un’intelligente via di uscita».

Valuta se ti conviene investire

C’è poi un’altra domanda che dovresti farti, prima di prendere la decisione, e cioè: posso direzionare quel denaro in qualcosa di più redditizio? «L’estinzione di un mutuo è comunque un investimento, perché quelle somme ci permettono di tenere in tasca i soldi degli interessi risparmiati. Possiamo però confrontare il “guadagno” che riceviamo da questa operazione con quello promesso da altri investimenti», suggerisce Santin. In altre parole puoi verificare se quel denaro può essere investito in un prodotto finanziario  o in un’altra attività in modo più vantaggioso.

Poniamo ancora una volta che tu stia restituendo un mutuo a tasso fisso, e che chiudendo il prestito risparmieresti un interesse del 2%. Se puoi investire la stessa somma guadagnandoci un 4%, per di più con la possibilità di riscattare la quota capitale in caso di necessità, forse ti conviene riflettere sulla seconda opzione.

In questa scelta, però, pesano altri due fattori, e il primo ha a che fare con la tua personalità. «Se non ti senti un investitore non buttarti in operazioni che non fanno al caso tuo, perché la paura di perdere i tuoi risparmi potrebbe portarti  in futuro a fare scelte sbagliate. Se per te è vitale “smaltire” i debiti, asseconda questo desiderio. Anche perché, se l’alternativa all’estinzione è tenere liquidità parcheggiata in banca, l’estinzione è senza dubbio l’opzione migliore», dice il rappresentante dei consumatori.

(A proposito di investimenti e profili psicologici,  qui trovi un test della Consob per capire la tua tolleranza al rischio).

Preserva il cuscino di emergenza

C’è poi un’ultima questione, non certo secondaria:  l’estinzione non deve mai e poi mai lasciarti a secco di risparmi. «In ogni momento della tua vita hai bisogno di una quota di risparmi sempre disponibile, per fare fronte a imprevisti, emergenze o anche solo spese future. Per stare tranquilli bisognerebbe fare una programmazione almeno sui 3 anni, tenendo in considerazione le possibili spese legate ai diversi componenti della famiglia e alla casa», spiega Santin. Se per esempio hai un’auto vecchia, o la facciata del palazzo da ristrutturare, devi tenerne conto: non ha senso estinguere un mutuo con un tasso anche al 3%, se poi sarai costretto ad accendere un finanziamento al 7%.

Considera i costi di estinzione

Estinguere un mutuo in anticipo comporta dei costi, seppur minimi.

La legge 40/2007 ha eliminato penali o commissioni, ma si riferisce solo ai prestiti stipulati dopo il 2 aprile 2007. Per i finanziamenti più datati le banche possono ancora prevedere delle penali, che però non devono superare determinate soglie, stabilite sulla base di un accordo tra l’Associazione delle banche italiane (Abi) e le associazioni dei consumatori.

Nel caso di mutui a tasso variabile le penali possono raggiungere al massimo lo 0,5% del capitale residuo (su 30.000 sono circa 150 euro), scendono allo 0,2% nel terzultimo anno, e si azzerano nell’ultimo biennio.

Per i mutui a tasso fisso, le regole cambiano ulteriormente per i contratti stipulati a partire dall’1 gennaio 2001: in questi casi le penali vanno dall’1,90% nella prima metà del periodo di ammortamento, all’1,50% per la seconda. Calano poi allo 0,20% nel terzultimo anno e si annullano negli ultimi 2 anni.

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