Prestiti ad amici e familiari: cosa ti conviene sapere

Secondo un sondaggio di Euroconsumers, per fare fronte all’inflazione negli ultimi 12 mesi circa il 13% degli italiani ha chiesto aiuti economici a parenti e amici. Ma come ci si regola in questi casi?

Tempo di lettura: 7 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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Indagine Doxa di qualche anno fa: il 60 per cento degli italiani concede un prestito a parenti e amici almeno una volta all’anno. Vero è che si parla spesso di piccoli passaggi di denaro, soldi per anticipare un regalo o una cena, ma in questo capitolo finiscono anche le grandi somme. Nei momenti di difficoltà, infatti, chiedere aiuto a chi è più vicino è ancora per molti un’opzione valida. Basti dire che secondo un sondaggio di Euroconsumers, per fare fronte all’inflazione negli ultimi 12 mesi circa il 13% degli italiani ha chiesto aiuti economici a parenti e amici. Ma come ci si regola in questi casi, soprattutto se si è dall’altra parte?

Prima regola: regolarizzare il prestito

Il primo errore da evitare è credere che tra amici o tra parenti non ci sia bisogno di regolarizzare il prestito. «Bisogna cercare di superare l’imbarazzo e fare le cose a norma di legge», consiglia l’avvocato Elisabetta Santoro. «Sia perché farlo non comporta spese ulteriori, sia perché tutela entrambe le parti, non solo chi presta il denaro, da complicazioni di tipo fiscale e legale. C’è un motto che mi piace ricordare sempre in questi casi: anche se la vita reale è di per sé “fluida”, dobbiamo sforzarci di fare rientrare ciò che facciamo nei binari della legge», continua la legale. Il passaggio di denaro andrebbe quindi ufficializzato con una scrittura privata, a maggior ragione se si tratta di alcune migliaia di euro. Non è necessario registrarla da un notaio o farsi assistere da un avvocato, è sufficiente mettere nero su bianco un accordo che sarà firmato da entrambe le parti. «Lo scritto serve per giustificare il passaggio di somme da una persona all’altra, e spiegare quindi eventuali movimenti anomali da parte degli interessati, per esempio in caso di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate. Non dimentichiamo che se il Fisco nota spostamenti di denaro apparentemente immotivati, può inviare un avviso di accertamento a cui bisogna rispondere con documenti alla mano. Dall’altra parte, la scrittura privata è un modo per chiarire anche tempi e modi della restituzione», chiarisce la nostra esperta.

Com’è fatta una scrittura privata?

«È sufficiente un breve testo in cui si spiega che il signor X dà la tale somma al signor Y, a titolo di prestito infruttifero, e che questi si impegna a restituirlo nelle modalità pattuite, per esempio tutto in una volta entro una certa data, oppure in un numero definito di rate a distanza di tot mesi», spiega Santoro. La parola infruttifero indica che l’importo dovrà essere restituito senza maggiorazioni, quindi senza interessi.

Online si trovano diversi modelli già pronti, che è possibile scaricare e riadattare. «Se non si possiede un indirizzo di posta elettronica certificata, è sufficiente che uno dei due invii l’accordo scritto via email, e che l’altra parte risponda acconsentendo. In alternativa si può scrivere il testo su carta in duplice copia, datarlo e firmarlo entrambi», dice Elisabetta Santoro. «In quest’ultimo caso si può far apporre una data certa da un ufficio postale. È una pratica un po’ desueta, ma ancora valida: basta recarsi presso uno sportello e chiedere di timbrare i fogli».

No ai contanti

Occhio a non prelevare il denaro dal conto corrente e girarlo in contanti al beneficiario del prestito, anche perché i contanti sono difficilmente certificabili in futuro. «È necessario tracciare tutti i nostri movimenti, e giustificarli con la scrittura privata, per evitare di incorrere anche nelle norme antiriciclaggio», chiarisce l’avvocata. Ricordiamo che oggi resta vietato trasferire denaro contante sopra i 5mila euro, mentre il limite di prelievo dal proprio conto corrente, anche per importi frazionati, è di 10mila euro nell’arco di un mese. Se superiamo queste soglie, l’istituto bancario è tenuto a inviare una segnalazione alla Uif, l’Unità di informazione finanziaria per l’Italia istituita presso la Banca d’Italia, e vengono avviati accertamenti a nostro carico. Dunque meglio il bonifico. Nella causale va comunque sempre indicata la dicitura “prestito infruttifero”.

Evita l’assegno postdatato

Alcune persone, quando danno soldi in prestito ad amici e parenti, chiedono di farsi rilasciare un assegno post datato, che poi andranno a versare alla data pattuita. «Ma questa soluzione non è corretta ed è comunque rischiosa: non solo, infatti, tale assegno è sanzionabile in quanto evade l’imposta di bollo, ma rappresenta un rischio sia per il debitore, cioè colui che emette l’assegno, sia per il creditore», dice la Santoro. «Poniamo il caso che il creditore porti in banca prima della scadenza l’assegno, che è pagabile “a vista”. Anche se sul titolo è indicata una data successiva, la banca è tenuta a metterlo all’incasso in quel momento. Di conseguenza, se sul conto non vi è copertura, chi ha firmato l’assegno viene immediatamente segnalato alla centrale dei rischi». Essere segnalato come cattivo pagatore è una macchia sulla reputazione creditizia che può impedire per diverso tempo di accedere a mutui e finanziamenti, o anche solo di chiedere fidi in banca. «Quanto al creditore, per incassare l’assegno prima della scadenza, dovrà innanzitutto regolarizzare l’imposta di bollo che ammonta al 12 per mille dell’importo indicato sull’assegno. Se l’assegno non dovesse essere coperto, dovrà seguire una procedura più complessa per ottenerne il pagamento in sede giudiziaria».

Preferisci la cambiale

Se proprio si desidera un’ulteriore garanzia per la restituzione dell’importo al creditore, meglio allora le vecchie cambiali. «Si prendono in tabaccheria, sono un titolo di credito vero e proprio a cui si applicano delle marche da bollo (il valore è di 11 euro ogni 1.000 euro impegnati, ndr) e si consegnano al creditore. Alla scadenza la cambiale dà diritto a ricevere la somma pattuita, e in caso di insolvenza consente di andare direttamente dal giudice e far emettere un atto di precetto, che è l’atto preliminare all’esecuzione. Ovviamente non vanno perdute, vanno mantenute in cassaforte», spiega la legale.

Quando a prestare il denaro sono i genitori

Prestare o farsi prestare denaro dai genitori sembra la cosa “più naturale del mondo”, ma anche in questo caso è preferibile registrare il passaggio di denaro. «È di fondamentale importanza tracciare il pagamento al momento della restituzione, indicando chiaramente la causale. Se non si ha la prova di avere restituito quel denaro, il prestito potrebbe passare per una donazione, e alla morte del genitore gli altri eredi potrebbero imporre la collazione. In virtù di questo istituto giuridico, dall’eredità del figlio che ha beneficiato del prestito potrebbe essere detratta la cifra ricevuta», avverte l’esperta.

La trattativa per ottenere la restituzione

Passiamo ora a parlare degli aspetti meno piacevoli del prestito. Come comportarsi se nostro cugino o il nostro amico non tiene fede ai patti e quel denaro ci serve, oppure la scadenza è passata da un pezzo? Mettiamo da parte l’imbarazzo, spieghiamo a tavolino alla persona debitrice che quel denaro ci occorre. L’atteggiamento giusto è essere franchi e collaborativi. Vanno ascoltate le ragioni dell’amico e potremmo stabilire insieme a lui una tempistica supplementare, in base a quanto possiamo aspettare, tenendo presente che è opportuno sempre scrivere eventuali accordi di restituzione, in modo da evitare ulteriori problemi. Dare tempi e scadenze è importante per regolarci e per verificare se l’altra persona è attendibile, oppure no.

Se i solleciti cadono nel vuoto

È a questo punto che entra in gioco la scrittura privata. «Ricorda che il solo bonifico, per quanto sia una traccia di passaggio di denaro, non basterà a pretendere quanto ci spetta, perché nella causale non sono indicate né le date, né le modalità di restituzione del denaro», ricorda l’avvocata. Con l’accordo scritto in mano ci si può invece rivolgere a un avvocato, che invierà una diffida a saldare il debito. Se anche questa non sortisce effetti, si può passare al giudice. A quel punto si potrà procedere con il pignoramento di qualunque bene del debitore (casa, conti correnti, mobili, gioielli ecc). «Per esperienza, l’atto più “persuasivo” da questo punto di vista è il pignoramento dell’auto. Generalmente dà una spinta molto forte a rimettersi in regola, perché al debitore viene notificato un atto che gli impone di custodire l’auto e di consegnarla entro 10 giorni all’Istituto Vendite Giudiziarie indicato nell’atto stesso e, se non vi provvede, incorrere in un reato. Certo è una misura estrema, ma a mali estremi…. ».

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