Quanto costa “vivere con meno”

Da ragazzina, Linda Maggiori “si ammala” di ansia da consumismo. Una volta scoperte le profonde disuguaglianze tra Nord e Sud del mondo, soffre di fronte alle possibilità che le offre la sua vita borghese. Quando si trasferisce a Bologna per studiare, Linda trova finalmente uno stile di vita dentro cui si sente se stessa. Niente auto dal 2011, una casa che si alimenta con i pannelli solari e a bassissimo consumo di acqua grazie a un impianto di recupero di acque grigie.

Tempo di lettura: 10 minuti

Linda Maggiori

Ascolta il podcast della puntata:

“A 14 anni inizio a informarmi sulle disuguaglianze tra il Nord e il Sud del mondo. E a sentirmi terribilmente in colpa. Non riesco a sostenere questo peso. Quindi mi metto a mandare soldi a tutte le associazioni. Con mia mamma che mi dice: una, due vanno bene, ma adesso anche basta…”.

In quinta liceo, mentre da piccola Robin Hood toglie i soldi alla benestante famiglia marchigiana per mandarli in Africa sotto forma di adozioni a distanza o aiuti umanitari, Linda redige una tesina per spiegare le disuguaglianze nel mondo e scrive a Kofi Annan per mandargli le sue proposte di risoluzione del problema.

Kofi Annan non risponde. E Linda rimane nel suo paesino delle Marche a fronteggiare una crisi adolescenziale dalle manifestazioni piuttosto insolite.

«Quando andavamo a fare shopping il sabato a Macerata, ricordo che mi angosciava tantissimo il fatto di poter spendere e di potermi comprare dei vestiti che mi avrebbero fatto sentire più bella. Questa possibilità mi creava ancora più ansia».

Quella di cui soffre Linda, è una vera e propria ansia da consumismo. Come l’ha curata è la storia che proveremo a raccontare.

L’ansia del consumismo

Linda Maggiori è figlia di un medico di base e di una ex professoressa di inglese, divenuta casalinga. I suoi genitori sono entrambi sensibili alle tematiche ambientali, non quanto Linda, però. La cui fissazione per spendere poco diventa piuttosto “faticosa” in una famiglia benestante.

Quando si trasferisce a Bologna per studiare, Linda finalmente trova uno stile di vita che la fa stare bene: mangia fuori raramente, compra i vestiti al mercato della Montagnola, gira come tutti con una bici scassata e si circonda di persone esattamente come lei.

«Vivendo da sola ho iniziato a stare molto meglio, a liberarmi dalla pressione a spendere molto perché potevo farlo e quindi dovevo vestirmi in un certo modo per poter piacere. Da allora ho cominciato un pochettino a costruirmi».

La costruzione, come la chiama lei, si compie definitivamente quando si sposa, nel 2007, e va a vivere a Faenza.

“Quando mi sono creata la mia famiglia con stipendi molto ridotti, è come se mi fossi rilassata. Se prima passando davanti alle vetrine mi angosciavo, perché sapevo che quelle cose le potevo comprare, il fatto di avere uno stipendio molto più basso rispetto a quello di mio padre quando io ero bambina, mi ha liberato le energie e mi ha fatto concentrare su quello che sono io e non su come mi devo vestire o apparire agli altri per essere migliore”.

Linda e suo marito hanno quattro figli e due lavori piuttosto precari. Lui fa l’educatore in una comunità di recupero per ragazzi tossicodipendenti. Lei, dopo un passato da assistente sociale ed educatrice, alla nascita della quarta figlia ha deciso di dedicarsi alla scrittura: si occupa di ecologia per alcune testate specializzate.

I suoi genitori, che ancora non si capacitano di come possano vivere con così poco, di tanto in tanto si lanciano in operazioni di soccorso.

«Cerchiamo di limitare il più possibile l’aiuto dei miei genitori, anche se loro periodicamente partono con il loro piano Marshall di scatoloni… Su questa cosa ci si litiga abbastanza, perché non è che loro abbiano chissà quali entrate. Questa eccessiva attenzione nei nostri confronti, a volte ci innervosisce un po’».

La vita senza auto

Ma quindi, com’è la vita dentro cui Linda finalmente si sente a suo agio? Nel provare a descrivermela, ha cominciato da un brutto incidente d’auto del 2011, da cui lei e i bambini escono illesi, ma non l’auto. Decidono così di non ricomprarla.

«All’inizio per motivi economici, ma anche un po’ per paura, perché io ero abbastanza traumatizzata. Poi, piano piano si sono sommati gli altri motivi che adesso sono quelli più reali, quelli che ci fanno essere convinti a non ricomprarci l’auto. E sono quelli ecologici. E di principio: ma perché dobbiamo comprarci la macchina se possiamo spostarci in bici con i mezzi pubblici. Poi, muovendoci spesso in bicicletta con i nostri bambini vediamo che lo spazio è veramente saturato dalle auto».

Si può vivere senz’auto con quattro figli?

“Il primo anno è stato quello più difficile, per cui chiedevamo spesso l’auto in prestito, soprattutto per andare in vacanza. Non eravamo organizzati perché dopo una vita che hai l’auto non sai più nemmeno come vivere senz’auto”.

«Stando qui a Faenza, che ci si muove molto bene in bici, c’è la stazione, ci sono gli autobus… siamo riusciti più o meno a far tutto quello che facevamo prima. Giusto qualche volta non riusciamo a partecipare a una gita in montagna perché non ci si arriva con i mezzi pubblici e quello che ci dà un po fastidio e lo facciamo notare».

Il fatto di non possedere un’auto, non significa rinunciare a viaggiare.

«Ci siamo organizzati molto. Anche le vacanze le facciamo sempre con i mezzi pubblici. Anzi, io sto scrivendo un libro sul turismo senz’auto perché questa cosa di cercare delle mete raggiungibili mi ha appassionato: è davvero un divertimento organizzare questi viaggi».

Ma come si fa se c’è un’emergenza? Linda e suo marito hanno dovuto porsi anche questa domanda, non foss’altro perché sono abituati a parti piuttosto precipitosi: il secondo figlio è quasi nato in macchina. E al terzo, l’auto già non c’era più.

«Ho partorito in casa. Con un’ostetrica che era con me e l’ospedale che ci seguiva a distanza. Per la quarta figlia invece siamo andati in ospedale. E in quel caso avevamo chiesto l’auto in prestito ai genitori di mio marito».

Con i soldi non spesi per l’auto, Linda e suo marito hanno comprato per 1400 euro una cargo bike usata. «È una bicicletta tipica dei paesi nordici, con un cassone davanti dove si possono mettere i bambini, la spesa, gli zaini: arriva a contenere 80 chili di roba, ed è comodissima perché è coperta. Quindi tutto quello che c’è dentro non si bagna. È stata veramente una delle spese migliori che abbiamo fatte, forse».

Le conseguenze sui figli

Quando una famiglia compie scelte così estreme, ci si domanda sempre come la vivano i figli, senza pensare che quei figli sono l’emanazione di quella famiglia e naturalmente ne condividono  i valori.

«Stando poi in una scuola pubblica hanno amici o molto ricchi o molto più poveri. I bambini giocano di fatto tutti insieme, si invitano per i compleanni, quindi non c’è mai un’esagerazione nello spendere troppo».

I vestiti negli armadi dei figli sono tutti dei cugini, degli amici, o regalo dei nonni, ma loro prendono la prima cosa che capita e se la mettono. C’è qualcos’altro, però, per cui fremono invece.

“Ovviamente anche loro fremono per il cellulare. Abbiamo stabilito una regola: lo diamo alla fine della terza media. Ma lo compriamo dal fair trade, quindi il cosiddetto fairphone. È realizzato con materiali estratti da miniere che sono gestite eticamente e sono anche smontabili e aggiustabili: se si rompe un pezzo, si può cambiare senza dover rifare tutto quanto il telefono. Sono ecologici ed etici, e ovviamente costano abbastanza: sui 400€”.

Il costo di una vita ecologica

Le scelte di vita ecologiche hanno un costo iniziale talvolta molto alto. Il beneficio per l’ambiente è immediato. Quello per il portafogli, invece, arriva con il tempo.

Così è stato per la casa. Linda e suo marito hanno speso oltre 50mila euro per portare il loro appartamento da una classe C a una classe A3 di prestazione energetica. Per giunta un anno prima che ci fosse il bonus edilizio del 110%.

In un condominio di 16 case, si sono resi indipendenti dal metano posizionando dei pannelli fotovoltaici sul tetto. Benché avessero il diritto di installarli senza chiedere il permesso ma solo comunicandolo, si sono lanciati in una complessa opera di convincimento e mediazione con le 15 famiglie di condomini

“Tutti avevano paura che i pannelli volassero e si portassero via il tetto. Sono tutte persone anziane in questo condominio… Adesso sono gli stessi condomini che dicono: ah be’, quasi quasi lo facciamo anche noi, perché il metano ci costa”.

Ma la famiglia di Linda si è spinta ancora oltre facendo una scelta che lei stessa definisce un po’ folle: «Il primo impianto in tutta Italia di recupero di acque grigie. L’acqua che usiamo per le docce, il lavaggio piatti va a finire nello sciacquone. Perché pensare che buttiamo nel water acqua potabile è una cosa assurda, soprattutto in questo periodo di crisi idrica».

Le scelte fatte molto in anticipo sui tempi non sono mai né semplici né indolori. In questo caso, è la manutenzione a risultare onerosa.

«Ogni tanto bisogna cambiare il filtro, perché a volte vengono su cattivi odori. Diciamo che in Italia non siamo molto seguiti, gli idraulici non sanno minimamente che cosa sia e quelli che ce l’hanno venduto, in Germania, non hanno mercato qui mentre in Australia, in Germania, in Svizzera, tutti i condomini ce l’hanno. Comunque, ci ha portato un bel po’ di spesa questa cosa, non so se tornando indietro la rifaremmo, ma è vero che oggi risparmiamo ogni giorno 200 litri…».

Ogni mese, la voce che pesa di più sul bilancio familiare è quella alimentare, circa 400 euro. Che per una famiglia di 6 persone è comunque una cifra piuttosto contenuta.

«A volte ci dicono che comprare frutta e verdura biologica è come andare dal gioielliere. Ed effettivamente è così se uno va in un negozio biologico. Però noi qui a Faenza siamo facilitati perché ci sono vari mercatini di coltivatori diretti, biologici, che vendono i loro prodotti. E lì si risparmia tanto. Poi noi facciamo parte del gas, gruppo d’acquisto solidale, e anche lì c’è un discreto risparmio se si acquista direttamente dai produttori in sacchi grandi. Per dire, noi la pasta la compriamo in sacchi da cinque chili. Il riso, lo stesso. E questo riduce i rifiuti e comunque ti dà anche un certo risparmio».

La sensazione di libertà

Questa è la vita che Linda ha disegnato per sé e per i suoi figli. Una vita dentro cui non c’è più spazio per l’ansia e l’angoscia che hanno scandito la sua giovinezza. Se le chiedo cosa prova, lei mi risponde:

“Una grande libertà, un senso di leggerezza, sentirsi indipendenti da tutti gli stimoli che ti buttano addosso, che ti dicono: compra questo perché così sarai felice… Navigare veramente libera è una cosa che a livello di umore ti fa star molto meglio”.

Oggi Linda ha davanti a sé una grande sfida: suo marito si è licenziato da poco per occuparsi dei suoi genitori anziani e di suo fratello disabile. Una scelta che non ci stupirebbe se fatta da una donna, improvvisamente suona ardita se fatta da un uomo. In questi mesi andranno avanti con il Tfr e con assegni famigliari. Linda intensificherà le sue collaborazioni: «Si cerca di scambiarsi un pochettino i ruoli, ecco».

Intanto, continua a scrivere il suo libro e a coltivare la sua passione più grande che è anche il suo obiettivo di lungo termine.

“A me piace tantissimo viaggiare, ma non andare in chissà quali mete esotiche. Mi piace visitare l’Italia, con il treno. Questa è una cosa che mi appassiona tantissimo. Vorrei avere altri 100 anni. Per visitare tutti i borghi, le montagne, i laghi, eccetera. E quindi tra dieci anni sicuramente mi piacerebbe viaggiare, viaggiare, viaggiare”.

Condividi