Come faccio a sapere quanti contributi ho?
Questa guida inizia con una domanda, anzi due: sai quanti mesi di contributi hai versato, e hai la certezza che la tua posizione previdenziale sia a posto? Se la risposta è no – e per la maggior parte di noi è così – è il caso di leggere attentamente il testo che segue.
Tempo di lettura: 7 minuti
di Giorgia Nardelli
Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.
- Cos’è l’estratto conto contributivo
- A cosa serve l’estratto contributivo e perché farlo?
- Ogni quanto andrebbe fatto l’estratto conto contributivo?
- L’estratto conto mi dice quanto prenderò di pensione?
- Come si scarica l’estratto conto contributivo
- Cosa devi controllare sull’estratto conto contributivo?
- Cosa fare se c’è un errore nell’estratto conto contributivo?
- Cosa fare per i contributi non versati, se sono passati 5 anni
- Quanto costa il riscatto dei contributi non versati?
Nella maggioranza dei casi ci ricordiamo di verificare la nostra storia contributiva solo qualche mese prima di andare in pensione (il più delle volte perché un patronato ce lo ha consigliato) con il rischio di avere brutte sorprese e pochissimo tempo per rimediare. C’è invece una semplice operazione che possiamo fare in pochi clic, e che andrebbe ripetuta con regolarità svizzera, e cioè il controllo dell’estratto conto contributivo. È un piccolo esercizio che ci aiuta a tenere i conti della nostra pensione in ordine e a prevenire disastri. Ecco qualche semplice istruzione per sapere come scaricarlo, come leggerlo, e come agire in caso di problemi.
Cos’è l’estratto conto contributivo
«Per capire di cosa parliamo, possiamo paragonare l’estratto conto contributivo a quello bancario», spiega Elisa Lupo, consulente del lavoro e autrice del podcast Previdenti. «Questo documento ti restituisce l’esatta fotografia dei contributi accumulati nel tempo, dicendoti anno per anno chi li ha versati e per quanti mesi, nonché l’importo che ti è stato accreditato».
A cosa serve l’estratto contributivo e perché farlo?
«L’estratto conto è un check da fare per sapere se ti è stato versato quanto dovuto, perché in caso contrario puoi intervenire per rimettere a posto le cose. Sapere che per ciascun anno o mese di lavoro, chi di dovere ha versato i contributi sul tuo conto, ti dà la certezza che il tuo assegno pensionistico sarà parametrato agli anni effettivi di lavoro», continua Lupo. «Purtroppo non è raro che si verifichino degli ammanchi. Può succedere che per un errore di registrazione i versamenti non compaiano, o che un datore di lavoro non abbia fatto il suo dovere».
Verificare il prospetto dei pagamenti, inoltre, è molto utile se per esempio hai usufruito di indennità che danno diritto ai contributi figurativi, come la maternità o il congedo parentale. Alcune casse previdenziali private (non l’Inps), accreditano infatti i contributi solo dietro domanda, e se a suo tempo non l’hai fatta, puoi verificare se tutto è al suo posto.
Controllare i propri conti, inoltre, è un esercizio che aumenta la propria consapevolezza finanziaria, altro aspetto da non trascurare.
Ogni quanto andrebbe fatto l’estratto conto contributivo?
È necessario farlo almeno ogni 3-4 anni. Dopo 5 anni i contributi non versati cadono infatti in prescrizione, significa che non potrai più recuperarli, a scapito della tua pensione. L’assegno potrebbe essere più basso di quanto spetterebbe, e addirittura potresti dover rimandare l’uscita dal lavoro». Limitarsi a verificare i dati a ridosso della pensione può persino comportare ritardi nella liquidazione, se, per ipotesi, scopri che alcuni dati anagrafici non sono corretti.
L’estratto conto mi dice quanto prenderò di pensione?
No, non serve a capire quale sarà il tuo assegno pensionistico e valutare se è il caso di ricorrere alla pensione integrativa. «Per quello serve una simulazione, che puoi fare con le applicazioni che trovi sui siti dell’Inps o del tuo ente previdenziale».
Come si scarica l’estratto conto contributivo
«Il primo passo è entrare nell’area riservata dell’ente previdenziale a cui vengono versati i contributi, per esempio l’Inps per i lavoratori dipendenti, la Cassa forense per gli avvocati eccetera», suggerisce Lupo. «Ogni ente offre la possibilità ai propri iscritti di consultare il proprio estratto conto, a patto di avere le credenziali per potere entrare nell’area riservata. Nel caso dell’Inps sono lo Spid o la carta d’identità elettronica, ma le casse private possono averne altre». Nel sito Inps, per esempio, dopo l’accesso all’area riservata è sufficiente cliccare su “i tuoi servizi e i tuoi strumenti”, dove compaiono le voci: “Estratto conto regime generale”, e “Estratto conto gestione separata”: i conti di entrambi le gestioni – principale e separata – sono quindi in un unico documento. Se però negli anni sono stati versati contributi in due casse diverse, per esempio l’Inps e l’Inarcassa, bisogna eseguire due operazioni. Quanto costa l’estratto conto contributivo? L’operazione è gratuita se si fa da sé sul sito, ma anche diversi patronati offrono gratuitamente il servizio ai propri iscritti, o dietro il pagamento di poche decine di euro.
Cosa devi controllare sull’estratto conto contributivo?
«Premesso che ogni ente previdenziale utilizza una terminologia differente, nel resoconto trovi il numero di settimane o i mesi di contributi versati anno per anno, e per ciascuno di essi l’imponibile contributivo, che per i dipendenti è l’importo della retribuzione su cui sono stati calcolati i contributi versati dal datore di lavoro, che troviamo anche in busta paga; per i liberi professionisti è quanto noi abbiamo pagato per quell’anno. Nella tabella sono anche specificati anno per anno i soggetti che hanno versato i contributi», dice l’esperta. Come accorgersi se ci sono errori? Controllando il numero di settimane o di mesi, gli importi degli imponibili, e verificando che corrispondano alla realtà. Se hai lavorato per un’azienda due mesi estivi con un contratto da parasubordinato, per quell’azienda dovranno risultare due mesi di contributi versati, e l’imponibile dovrà essere uguale a quello delle somme indicate sulle buste paga di quell’anno.
Cosa fare se c’è un errore nell’estratto conto contributivo?
Se realizzi che c’è un ammanco, la prima cosa da fare è confrontare i dati con i documenti che hai in casa, e cioè le buste paga riferite a quel lavoro per quell’anno, cercando gli imponibili previdenziali, le certificazioni uniche se sei dipendente, oppure le ricevute degli importi versati alla cassa se sei lavoratore autonomo. Se ti sembra complicato puoi farti aiutare anche da un consulente del lavoro o da un patronato. «Realizzato che c’è qualcosa che non va, invia subito una segnalazione scritta all’Inps o all’ente di previdenza di riferimento, è importante perché quella comunicazione interrompe la prescrizione. Ricorda inoltre che l’onere di dimostrare che il dato registrato è errato, spetta a te, ragione per cui dovrai raccogliere e allegare tutta la documentazione che attesti quanto sostieni», è il consiglio dell’esperta. Questa azione avvierà la macchina dei controlli e delle verifiche: a volte si scopre che banalmente i dati sono stati registrati male, nella peggiore delle ipotesi potrebbe invece venire fuori che qualche datore di lavoro non ha versato le somme dovute. La questione verrà risolta dall’ente, che invierà tramite l’Agenzia delle entrate una diffida di mancato versamento al legale rappresentante dell’azienda. La cosa più importante è che con la comunicazione si interrompono i termini per la prescrizione, e il lavoratore non perde il diritto ai suoi contributi. Attenzione, però, nel caso dell’Inps, purtroppo, il diritto a vedersi riconoscere i contributi, non riguarda chi è nella gestione separata Inps. «Anche se si dimostra di aver avuto un rapporto di collaborazione con documenti certi, se il committente non versa i contributi i periodi non verranno accreditati. Bisogna attivarsi per verificare che il versamento venga fatto».
Cosa fare per i contributi non versati, se sono passati 5 anni
Diverso è se sono trascorsi più di 5 anni, e quindi il versamento è già andato in prescrizione. L’Inps o chi per lei non potrà avviare un’azione di recupero nei confronti dell’azienda, il lavoratore rischia una pensione più bassa e, nella malaugurata ipotesi che manchino intere annualità, di ritardare l’uscita dal mondo del lavoro. Per chi è iscritto all’Inps c’è però una soluzione tampone, a pagamento, e cioè il riscatto dei contributi non versati. In pratica si può chiedere all’istituto (o al datore di lavoro che ha omesso di versare i contributi), di riscattare i periodi mancanti, pagando le somme corrispondenti. Il periodo può essere riscattato in tutto o in parte, è sufficiente inviare la domanda all’Inps per via telematica, come è spiegato qui. Chi è invece iscritto ad altre casse può informarsi su questa possibilità e sulle modalità con cui accedere al riscatto.
Quanto costa il riscatto dei contributi non versati?
Non è facile quantificare il costo dell’operazione, perché molto dipende dal periodo di riferimento. Se parliamo infatti di anni o mesi anteriori al 1° gennaio 1996, quando era in vigore il sistema retributivo, saranno applicati calcoli differenti. Inoltre, l’Inps determina il costo del riscatto sulla base di tabelle di calcolo che tengono conto di diversi fattori.
«Va detto che in ogni caso l’ammontare dei contributi da riscatto è calcolato sulla retribuzione percepita al momento della domanda, quindi potrebbe essere superiore all’ammontare originario», chiarisce Elisa Lupo.
Nel provvedimento di accoglimento della domanda, l’istituto indicherà le modalità di pagamento e i termini previsti per il versamento. Alcune casse private offrono invece online agli iscritti il servizio di simulazione.