Quanto costa amare una persona del proprio stesso sesso

Flavia ha lasciato l’Italia quando ha capito che se voleva avere una famiglia, dei figli e sentirsi tutelata doveva andare all’estero. In Svizzera ha sposato la sua compagna, ha fatto un mutuo e un piano pensionistico. Ma per realizzare il desiderio di diventare madre ha iniziato un’odissea tra la Danimarca e la Spagna, che ancora non si è conclusa. Dal primo luglio, però, una nuova legge le permetterà di fare inseminazioni nel Paese dove ha scelto di vivere, la Svizzera. E questo cambierà tutto.

Tempo di lettura: 10 minuti

Flavia Fuggetti

Ascolta il podcast della puntata:

La storia di Flavia inizia in Puglia 41 anni fa. Ha una sorella, un papà ingegnere che lavora sia come professore sia come libero professionista e una mamma che dopo aver cresciuto le figlie è rientrata nel mondo della scuola.

Flavia è la classica studentessa modello a cui non negheresti nulla, anche perché ciò che ti chiede… sono libri.

«Leggevo moltissimo, ogni settimana riuscivo a finire un libro e quindi chiedevo ai miei genitori questo come regalo. Andavo bene a scuola, facevo tutto quello che c’era da fare. Per i miei genitori era un premio costruttivo. Non dovevano spendere soldi per sostenere divertimenti che non approvavano ma sostenevano la mia passione per la lettura».

Flavia si diploma in conservatorio sia in pianoforte sia in strumenti a percussione. Poi, contro il parere dei genitori che avrebbero preferito un percorso meno lungo e complesso, decide di iscriversi a medicina.

A questo punto, per chiunque, le prospettive di indipendenza economica sarebbero divenute un miraggio. Non per Flavia che parallelamente all’università inizia a insegnare nei licei musicali. Era un lavoro a tempo parziale che però le dava la possibilità di pagarsi, almeno in parte, gli studi universitari e di guadagnare quel poco che le serviva per i suoi hobby e le sue uscite.

Sette anni dopo Flavia si laurea in medicina.

«Se mi fossi concentrata come tutti i miei compagni del liceo su una cosa soltanto forse avrei focalizzato le energie avrei finito prima di studiare ma penso che non sarei stata come sono adesso. Io la vedo la differenza. Non so se si tratti di un allungamento del tempo, piuttosto per me è stato un investimento: riuscire a fare più cose e ad avere più entrate, in tutti i sensi».

A questo punto Flavia ha tre lauree e deve scegliere dove vivere la sua vita.

“In quella fase, la vita professionale si stava mescolando con quella privata. Avevo una relazione con una donna, volevo sposarmi, avrei voluto avere dei figli, volevo una vita normale. E mi era chiaro che per svariate ragioni di tutela sociale, di diritti, di idee, dovevo andare fuori dall’Italia”.

«All’inizio c’era la Spagna tra le possibilità. Avevo già fatto il riconoscimento dei titoli. Poi per caso ho mandato il mio curriculum in Svizzera e… colpo di scena: mi ha chiamato il primario, mi ha fatto il colloquio e mi ha detto che avrei potuto iniziare da lì a poco. Quindi la mia vita di nuovo cambiava, prendendo una direzione inaspettata. Ho iniziato la formazione specialistica prima nella Svizzera italiana poi in quella tedesca».

La scelta si rivela un ottimo affare sotto molteplici punti di vista. La specializzazione in Svizzera è vista come un vero e proprio lavoro. Il medico ha uno stipendio che di anno in anno aumenta perché è proporzionato all’esperienza e alle competenze che acquisisce. Per intenderci, tra lo stipendio di ingresso e quello di uscita c’è uno scarto di duemila franchi.

Certo, andare all’estero non è mai una scelta a bilancio zero. Specie se lo fai perché il tuo Paese non ti garantisce alcuni diritti fondamentali.

“Qui in Svizzera ho dovuto imparare una lingua straniera e lavorare in una lingua straniera. Per farlo mi sono pagata dei corsi di lingua all’estero e questo ha richiesto uno sforzo economico non indifferente. Quindi è vero che avevo un buon guadagno ma ho dovuto fare un investimento molto spinto sulla formazione”.

Flavia inizia a lavorare e a risparmiare.

All’età di 38 anni è in grado di fare un mutuo per acquistare assieme a Laura, che nel frattempo è diventata sua moglie e che fa l’ostetrica, un appartamento nel Canton Ticino, la Svizzera italiana. Non era una cosa scontata. In Svizzera occorre versare il 20% del valore dell’immobile  in contante.

«Ma per fortuna ho sposato un’altra risparmiatrice e questo ci ha dato la possibilità di fare questo passo che è una cosa estremamente positiva».

La vita in Svizzera suona come una ricompensa per chi si è scoperta omosessuale in Italia, in Puglia, e si è dovuta scontrare con un Paese che ancora non riesce a fare i conti con la sua più o meno sotterranea omofobia.

“Quando abbiamo richiesto l’ipoteca siamo state trattate come una famiglia senza alcuna discriminazione. L’unica cosa che interessava era la sostenibilità del mutuo in base alle nostre entrate annuali e al nostro stile di vita. Che fossimo due uomini, due donne, un uomo o una donna non interessava a nessuno”.

«Viviamo questa dimensione per tanti aspetti. Noi siamo in unione domestica registrata, così si chiama in Svizzera l’unione civile, e abbiamo i pari diritti di un matrimonio in caso di decesso, invalidità, figli, persino cassa pensione. Qui c’è stata sempre maggiore tutela. C’è pure la legge contro l’omofobia che in Italia non c’è».

Le cose si complicano, però, quando Flavia e Laura decidono di fare un passo oltre.

“Penso che vivere con un donna e l’aver sposato una donna non cambi nulla nella nostra gestione economica. C’è però un aspetto in cui sento che siamo penalizzate ed è il tema della costruzione della famiglia, del fare figli”.

«Avere dei figli non è stata una cosa scontata all’inizio, è stata proprio una scelta, in quanto ci dovevamo impegnare particolarmente, non funziona senza un aiuto esterno. Abbiamo iniziato a informarci e c’erano svariate possibilità. Ci piaceva l’idea di avere un’esperienza il più possibile naturale. Così ci siamo rivolte a una clinica in Danimarca, che assieme alla Spagna, all’Olanda e al Belgio, è uno dei Paesi con l’esperienza maggiore in questo campo. E soprattutto con la maggiore apertura verso le coppie omosessuali».

«Abbiamo scoperto che per fare un solo tentativo di inseminazione intrauterina senza preparazione ormonale dovevamo sostenere un costo di 400-500 euro senza contare le spese di viaggio per due persone e senza avere nessuna sicurezza sul successo».

«Da quel momento in poi si è aperta una strada piena di tentativi. Dall’inseminazione senza preparazione siamo passate a quella con ciclo stimolato, con farmaci che hanno un costo che fa la differenza su un’economia familiare: ogni tentativo ci costava sui 1000-1500 euro a seconda dei periodi in cui volavamo».

«Alla fine abbiamo preso in considerazione la Fivet, che è un approccio molto più complesso all’argomento e che richiede uno sforzo economico notevole: dai 5mila ai 6mila euro esclusi i farmaci. Per cui si fa presto ad arrivare a 10mila euro».

«Poi c’è da mettere in conto che le cose non sempre vanno bene e magari sono richiesti esami medici genetici che la gente comune non fa. Anche questo è un ulteriore costo».

I primi tentativi li fanno in Danimarca poi si spostano in Spagna. Intanto esplode la pandemia e la loro sfida passa a un ulteriore livello di difficoltà. «Bisognava organizzarsi, fare il tampone calcolare bene l’ovulazione, la somministrazione dei farmaci. Sono operazioni estremamente complesse che richiedono uno sforzo congiunto notevole. Non è come dirsi romanticamente “Stasera concepiamo nostro figlio e vediamo come va”».

“Preferiamo non fare la somma di quanto abbiamo speso finora, altrimenti ci spaventeremmo. Ma credo che siamo sui 25mila euro”.

Nel frattempo la loro vita va avanti. Flavia sta per iniziare una nuova esperienza lavorativa in un ospedale più grande, nella Svizzera tedesca. Laura, che resta a lavorare nel Canton Ticino, ha chiesto una riduzione di orario al 50%. Il suo intento è trascorrere metà della settimana con Flavia e intanto frequentare una scuola per diventare formatrice di studenti universitari

«In Svizzera tu puoi lavorare al 100% ma anche al 50, 60, 80, a seconda delle esigenze che poi nel corso della vita cambiano. Anche l’altra volta quando siamo andate a Coira, nella Svizzera tedesca, lei ha diminuito la sua percentuale e ha fatto la scuola per diventare infermiera. Quando siamo venute qui in Ticino, io ho diminuito la mia percentuale e ho fatto un master».

La studiosa americana Arlie Hochschild chiedeva spesso alle donne stressate dal loro doppio ruolo di lavoratrici e casalinghe, di cosa avrebbero avuto bisogno. Molte di loro rispondevano: di una moglie. Mi torna in mente questa frase mentre ascolto della continua staffetta di Flavia e Laura, del loro scambiarsi i ruoli e regalarsi opportunità. Ma questo non attiene al loro essere due donne, bensì a uno Stato che ha minuziosamente progettato la parità all’interno delle famiglie.

“Io credo che qui in Svizzera ci sia molto più rispetto della vita privata. Sappiamo che nel momento in cui dovesse servire di più la nostra presenza in famiglia possiamo diminuire la nostra percentuale di lavoro. Poi c’è gente che lavora al 100% per una vita intera ed è contenta così. Però si sta tentando di andare incontro alle esigenze familiari o personali”.

La storia di Flavia e Laura racconta molto bene un principio di pianificazione finanziaria di cui troppo spesso ci si dimentica. E cioè che è più facile risparmiare quando si ha in mente un desiderio, un progetto.

«In questo momento i nostri risparmi sono dedicati al progetto gravidanza. Arriverà il momento in cui, nel bene o nel male, accantoneremo questo tema. A quel punto sarà la volta di un altro progetto, ristrutturare la casa di famiglia e farne qualcosa che possa creare un reddito, non solo per noi. L’idea è quella di fare un agriturismo nella Valle d’Itria: abbiamo il sogno di vivere 6 mesi in Svizzera e 6 mesi in Puglia, questo è l’obiettivo finale».

Questa indissolubile connessione tra risparmio e desideri affonda le radici nell’infanzia di Flavia e nel modo in cui i genitori gestivano la conversazione sui soldi.

“Quando c’erano delle spese importanti, i miei genitori ci informavano dicendo che per i prossimi mesi avremmo dovuto contenere il superfluo. Ma lo facevano in maniera giocosa e leggera e sempre in prospettiva di un progetto: comprare quella cosa, fare quei lavori. Uno dei più grandi progetti è stato l’acquisto del pianoforte. Era una cosa talmente stratosferica, il regalo più grande che potessi ricevere, che mi veniva naturale mettermi in un’ottica di risparmio”.

Flavia e Laura hanno un conto comune per le spese, dove ciascuna fa un versamento proporzionale al proprio stipendio e poi un conto di risparmio, su cui fanno un bonifico mensile. L’entità di quest’ultimo è molto variabile, Può essere il 5 o il 10%, alcuni mesi il 20%, dipende dal periodo.

“Però la cosa importante è sforzarsi di mettere anche pochissimo da parte ogni mese perché crea una sorta di routine”.

Adesso il progetto figlio è in stand by: sono «stanche e svenate», come dice letteralmente Flavia. Ma riprenderanno presto. Anche perché c’è un’importante novità.

“Dal primo luglio 2022  in Svizzera sarà possibile fare delle inseminazioni intrauterine con donatore sconosciuto. La Svizzera ha votato a favore di questa legge quindi per noi si aprirà un altro scenario. Non dovremo più viaggiare, potremo farlo da dove abitiamo e abbiamo deciso di vivere. Questo cambia molto.”

Sempre dal primo luglio potranno richiedere il passaggio a matrimonio in modo che qualora dovessero avere un figlio, il partner che non partorisce può in automatico adottare il figlio dell’altra.

“Faremo tentativi finché ci andrà di farlo, a un certo punto c’è un barriera naturale, l’età, il desiderio: non è scontato che chi vuole figli voglia avere figli per sempre e viceversa. Siamo molto in ascolto cerchiamo di confrontarci su questo desiderio, su quanto è forte, su quanto ognuna è in grado di accettare e di sopportare e su quanto è capace di investire”.

Condividi