Il riscatto della laurea, mi conviene oppure no?

Servirà davvero ad andare in pensione prima? Ma qual è il momento giusto per agire? Ed è meglio il riscatto ordinario o agevolato? Noi di Rame abbiamo chiesto quando, come e per chi conviene l’investimento, a un esperto che questi consigli li dà per mestiere. Ecco le risposte in questa guida.

Tempo di lettura: 7 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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Quello del riscatto della laurea è un tema che interessa tantissimi lavoratori. Pagare oggi i contributi per gli anni di studio può infatti avvicinare l’agognato traguardo, e appesantire il cedolino che ci spetterà da pensionati. Questo, almeno, in teoria. Nella pratica, sappiamo con certezza che nella migliore delle ipotesi un riscatto costa almeno 25.000 euro (e in media 4/5 volte di più, se non si sceglie la formula agevolata), e il gioco non sempre vale la candela.

Quanto si recupera con il riscatto della laurea?

Il riscatto della laurea ha uno scopo preciso: incrementare il montante dei contributi versati per andare a gonfiare l’assegno pensionistico, e avvicinare il momento della pensione. Non in tutti i casi, però, si riesce ad accorciare l’attesa. Molto dipende dalla propria situazione, e cioè dall’età in cui si è iniziato a lavorare e dagli anni di contributi già versati. Se, per esempio, si ha già l’età per uscire dal mondo del lavoro, e per il raggiungimento dell’obiettivo servono altri anni di contributi, il riscatto può aiutare ad arrivare al traguardo, andando ad aggiungere anni di contribuzione mancanti. Se però, passando a un altro caso, per l’agognata pensione manca soprattutto il requisito dell’età anagrafica (per esempio i 67 anni di età necessari per la pensione di vecchiaia), l’operazione non aiuterà ad accorciare i tempi, ma potrà solo incrementare l’assegno.

A chi conviene il riscatto della laurea?

Non esiste un identikit del lavoratore che trae sempre e comunque vantaggio dal riscatto. Alla luce della propria situazione, si può però usare un parametro per capire se e quando conviene, come Marco Ladegana, del patronato Inas Cisl. «Se grazie al riscatto riesco ad accedere subito alla pensione, dunque l’operazione accorcia l’attesa, allora ha una sua valenza, la scelgo perché fa maturare con immediatezza quel diritto. Il vantaggio, però, deve essere certo. Per i giovani, e per le persone per cui il momento dell’uscita dal mondo del lavoro è lontano, la convenienza del riscatto non è così chiara, anche perché non sappiamo come le norme cambieranno in futuro. Il consiglio, quindi, è di aspettare di avere un orizzonte definito, insomma, attendere l’avvicinarsi della pensione, per poi fare una scelta. Inutile affrettarsi». La cosa migliore, sottolinea l’esperto, è poi rivolgersi a un consulente o a un patronato, e valutare in primo luogo che tipo di formula pensionistica conviene utilizzare, quanto manca e a quanto ammonterà l’assegno, e poi, sulla base dei propri obiettivi, capire se lo strumento ci può dare una mano, oppure no.

Qual è la differenza tra riscatto agevolato e ordinario?

Oggi possiamo scegliere due formule per riscattare gli anni di studi: da una parte c’è quella ordinaria, dall’altra una soluzione “agevolata”, riservata a chi è iscritto alle casse previdenziali dell’Inps. La differenza sta nel costo, perché nel primo caso il prezzo da pagare viene determinato sulla base di un calcolo più complesso, che parte dalla propria retribuzione attuale (ne parla qui la nostra esperta di previdenza Elisa Lupo), nel secondo caso è prevista appunto una soluzione agevolata, che consente di pagare un costo fisso e “calmierato” per ogni anno da riscattare.

Quanto costa il riscatto della laurea?

Partiamo dalla formula agevolata: secondo i calcoli, nel 2023 la spesa per ogni anno si aggirerà intorno ai 5.700 euro (qui qualche esempio e qui invece il simulatore dell’Inps). Ciò equivale a dire che per un corso di laurea di 4 anni si arrivano a spendere quasi 23.000 euro, o giù di lì.

Troppo? Come si legge anche sul sito dell’Inps, siamo comunque intorno al 60/70% in meno rispetto all’ordinario. Questo, però, non basta per dire che il riscatto agevolato è sempre più conveniente. «Anche a parità di condizioni, va considerato un fattore sostanziale, e cioè il montante, la somma totale che il lavoratore va ad accumulare ai fini della pensione. Se è vero che il riscatto agevolato consente di avere uno “sconto” sulle somme da versare, va anche detto che questo produrrà molto meno in termini di assegno pensionistico. Facciamo un esempio. Per gli anni successivi al 1996, chi sceglie il riscatto “base”, dovrà corrispondere all’Inps il 33% della sua retribuzione degli ultimi 12 mesi. Se la retribuzione è alta si pagherà di più, certo, ma questo peserà in termini positivi sulla pensione, che sarà più ricca. Il riscatto va anche considerato una sorta di investimento, e, come per tutti gli investimenti, la decisione su quanto versare deve tenere conto anche degli effetti che produrrà in futuro a livello economico finanziario».

Prendiamo un esempio dal sito Inps, dove è possibile fare delle simulazioni. Un nato nel 1980 che attualmente guadagna 40.000 euro lordi all’anno, e chiede di ricattare 4 anni di studi, con il riscatto agevolato pagherebbe 23.110 euro (193 euro al mese, se rateizzati in dieci anni), contro i 52.800 del riscatto ordinario (440 mensili). Nel primo caso, riceverebbe però una pensione di vecchiaia di 46.870 (a fronte dei 45.040 a cui avrebbe diritto senza riscatto), mentre con il riscatto ordinario la somma annua salirebbe invece a 49.330, vale a dire 2.460 euro in più all’anno.

Ci sono dei benefici fiscali per chi riscatta la laurea?

La decisione deve però tenere conto anche dei benefici fiscali associati al riscatto. «Tutti si chiedono quanto costa riscattare la laurea, ma nessuno considera i vantaggi fiscali, che lo rendono molto meno oneroso di quanto sembri», spiega Ladegana. L’importo del riscatto , qualunque sia la formula scelta, è interamente deducibile dal reddito, ciò significa che non c’è un tetto massimo previsto per legge, a meno che la somma non superi il proprio reddito complessivo annuo. Significa che, se si spendono anche 10.000 euro in un anno, quella somma verrà dedotta dall’imponibile fiscale.

Quando non conviene il riscatto agevolato?

Nella decisione su quale tipo di riscatto adottare, vanno messi sul piatto della bilancia anche i rischi. In particolare, l’agevolato si può addirittura trasformare in un boomerang, per diverse ragioni. La prima riguarda il nostro sistema pensionistico, e per comprenderla dobbiamo considerare che nel mondo delle pensioni c’è una data che fa da spartiacque, che è il 1996. Dal 1 gennaio di quell’anno, infatti, è cambiato per sempre il metodo di calcolo con cui viene conteggiato l’assegno pensionistico, che è passato da retributivo (basato sulle retribuzioni del lavoratore) al contributivo (impostato sugli effettivi contributi versati). Come molti sanno, gli assegni calcolati con il secondo metodo saranno più bassi, e chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 è svantaggiato rispetto a chi ha versato i contributi anche prima di quella data.

«Per chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1996, e oggi rientra totalmente nel sistema contributivo, il riscatto agevolato non cambia nulla ai fini del calcolo. Chi però oggi è nel sistema misto, e avrà una pensione calcolata sulla base dei due sistemi, potrebbe essere penalizzato», chiarisce l’esperto. La norma sul riscatto agevolato prevede infatti che la pensione di chi sceglie questa soluzione venga calcolata con il solo metodo contributivo.

Il riscatto agevolato preclude poi altre vie di uscita. Un esempio? «Per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, la legge prevede attualmente la possibilità di accedere alla pensione con 20 anni di contributi, 64 anni di età e un assegno non inferiore 2,8 volte l’assegno sociale (più o meno 1200 euro). Ma chi riscatta gli anni di studio precedenti al 1996, perde questa agevolazione, e ha come effetto quello di ritardare la pensione», spiega Ladegana. «C’è anche chi, aderendo a questo strumento, rischia di perdere i benefici previsti dalla propria cassa previdenziale. Quella dei medici, per esempio, riserva una liquidazione maggiorata a chi ha anche solo un mese di contribuzione precedente al 95, ma chi sceglie il riscatto agevolato rinuncia automaticamente a questa possibilità».

E quando, invece, conviene il riscatto agevolato?

Come già detto, bisogna valutare caso per caso. «Ci siamo trovati davanti», continua l’esperto, «a casi in cui il riscatto agevolato è servito ad avvicinare l’uscita dal mondo del lavoro. Ricordo il caso di una signora, che con sole 30 settimane di riscatto agevolato si è assicurata la maturazione del diritto di Opzione Donna, senza penalizzazioni».

Come si paga il riscatto della laurea?

Una volta fatta la domanda all’Inps (qui le istruzioni), il riscatto può essere dilazionato arrivando a un massimo di 120 rate senza interessi (10 anni). Il pagamento avviene tramite bollettini emessi dall’Inps, oppure online direttamente dal sito dell’Istituto.

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