Un secondo lavoro? Sì, grazie!
Come spesso succede, il trend arriva da oltreoceano dove tra il 2021 e il 2022 i cosiddetti poliworkers americani sono cresciuti del 20%, secondo una ricerca di Paychex, azienda statunitense di riferimento nel settore delle risorse umane.
Tempo di lettura: 4 minuti
di Annalisa Piersigilli
Giornalista freelance e content writer
Alcuni lo fanno per scelta, perché hanno bisogno di stimoli sempre nuovi e il remote working glielo permette. Altri per necessità: hanno bisogno di un secondo stipendio, perché uno solo non basta. È soprattutto la Gen Z a mettere in discussione il classico rapporto “monogamo” con un unico datore di lavoro mettendosi così in gioco per districarsi ogni giorno tra due lavori. Che possono avere qualcosa in comune, ma anche no.
La differenza tra poliworker e side hustle/gig work
Side hustle e gig work sono parole intraducibili in italiano ma che, come è spiegato anche dalla Harvard Business Review, sono dei lavoretti che si affiancano a una occupazione full time, e quindi svolti solitamente la sera, nel fine settimana o nei giorni liberi. Questi secondi lavori possono essere più o meno specializzati, come il dog-sitter o il grafico freelance, ma li accomuna il fatto di essere svolti, in genere, nelle ore di tempo libero che avanzano dopo gli impegni quotidiani a cui ti obbliga un posto di lavoro fisso, o comunque a tempo pieno.
Il poliworking, invece, è una somma di due lavori che si affiancano (o si intrecciano) l’uno all’altro in modo abbastanza equo. Quasi come se fossero due lavori part time a tempo pieno. Molto spesso questa situazione è il risultato di quella che viene definita come multipotenzialità, un tema sviscerato da più di un Ted Talk, tra cui uno su tutti, diventato virale, tenuto dall’autrice Emilie Wapnick. Che spiega: «Un multipotenziale è una persona con molti interessi e occupazioni creative, portato quindi per più di una disciplina». Una caratteristica che conduce alla capacità di essere trasversale, amare il cambiamento, sapersi adattare e reinventarsi. Tutte qualità che se vuoi fare il poliworker sono quasi indispensabili.
L’evoluzione digitale facilita il poliworking
Questo è un dato di fatto. Poter lavorare in smartworking da qualunque parte del mondo, davanti allo schermo di un computer, senza orari d’ufficio da rispettare, facilita il connubio tra due professioni distinte. Anche il lavoro ibrido, secondo il report The Future of Work – Trends Forecast 2024 condotto da IWG, sarà sempre più incentivato dalle aziende di tutto il mondo, a favore di chi punta a gestire anche un secondo lavoro, cavalcando il vantaggio dato dal risparmio dei tempi morti, come gli spostamenti casa-ufficio e magari pause pranzo più brevi. Spesso la seconda attività è interconnessa con la prima, quindi svolgerla diventa più gestibile, perché si resta concentrati su un obiettivo e ci si può differenziare anche solo mettendo le proprie competenze a disposizione di più persone, non solo del proprio capo. Tornando alla ricerca di Paychex, l’identikit del poliworker è questo: appartiene alla Gen Z, è un freelance oppure un dipendente ma agli inizi della sua carriera, lavora da remoto o in modalità ibrida, in particolare nei settori della tecnologia, del marketing o della finanza. Per ora non esistono approfondimenti simili a quello di Paychex condotti in Europa, ma non si fa fatica a prevedere una situazione molto simile.
I benefici e i rischi dell’avere due lavori
Il primo vantaggio è ovviamente un secondo flusso di reddito in ingresso, e quindi un guadagno maggiore. Ma non è l’unico. Dalla ricerca Paychex emergono una maggiore flessibilità nella gestione degli impegni quotidiani, più motivazione, e la percezione di una sensazione di maggiore libertà. E qui arriva un altro dato, un po’ inaspettato: i poliworkers non sono più esposti al burnout rispetto ai professionisti classici, e dichiarano di vivere con maggiore equilibrio il loro rapporto vita-lavoro. Tra i punti a sfavore, invece, c’è il punto di vista dei manager che si affidano ai poliworkers: sostengono infatti che siano più difficili da gestire, in particolare nelle consegne e nella gestione della loro work-schedule.
Alcuni mestieri che si adattano al poliworking
Ma in Italia quindi si riesce a essere dei poliworkers? Non è da tutti, ma ci sono delle professioni della nuova era digitale che si prestano più di altre. La prima tra queste è sicuramente l’assistente virtuale, una figura che ha varie sfaccettature. Può occuparsi di un servizio di segretariato a distanza, curando per esempio l’agenda di appuntamenti di un manager o di un medico, ma anche del customer care di un e-commerce o di un centralino aziendale. Tutto questo dal computer di casa. Un ottimo punto di partenza per trovare un secondo lavoro sono i siti come Upwork, che nasce sempre negli Usa ma è molto usato anche in Italia per chi è alla ricerca di opportunità professionali come freelance nei settori dell’Information Technology, del web design, del web marketing, della scrittura SEO: ma anche qui si trovano numerose proposte di lavoro nell’ambito della virtual assistance.