Perché le obbligazioni 2024 stanno mostrando alta volatilità?

Il 2024 è stato un anno positivo per i mercati finanziari: Wall Street ha infranto ogni record, gli indici europei hanno toccato nuovi massimi storici e persino gli investimenti più tradizionali come oro e immobiliare hanno dato soddisfazioni. C’è, però, uno strumento che ha deluso le attese: le obbligazioni. Proprio i titoli che in ogni portafoglio rappresentano gli investimenti più sicuri e prevedibili hanno mostrato una volatilità inedita rispetto al passato.

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Foto di Corinne Kutz

Le obbligazioni rappresentano da sempre le fondamenta di ogni investimento prudente, i mattoni con cui si costruisce la parte sicura dei portafogli finanziari. Non è un caso che siano gli strumenti preferiti da chi cerca stabilità e certezze: dai fondi pensione alle assicurazioni, fino ai piccoli risparmiatori più avversi al rischio. Il loro funzionamento è abbastanza semplice da capire: si presta denaro a uno Stato o a una grande azienda e in cambio si riceve un interesse fisso, con la garanzia di recuperare il capitale alla scadenza. Per decenni, questo sistema ha operato in modo lineare: quando i mercati azionari subivano una flessione, le obbligazioni tendevano ad apprezzarsi, offrendo protezione ai portafogli bilanciati. Le dinamiche attuali mostrano però un quadro differente. Come riporta Il Sole 24 Ore, nonostante le ottime performance del mercato azionario i rendimenti dei titoli di Stato stanno salendo in modo generalizzato: dal 3,34% al 3,57% per i BTp italiani, dal 2% al 2,27% per i Bund tedeschi, fino al 4% per i Treasury americani. Una situazione che crea un doppio effetto: da una parte offre interessi più attraenti per chi acquista oggi, dall’altra provoca perdite significative per chi deve vendere titoli comprati quando i rendimenti erano più bassi. È questo movimento a forbice dei prezzi a generare una volatilità senza precedenti in strumenti che dovrebbero essere per definizione “tranquilli”. Secondo i dati di Morningstar, la volatilità del mercato obbligazionario è più che raddoppiata negli ultimi due anni, generando, per la prima volta dopo molti anni, sia rischi che opportunità prima impensabili.

Perché le obbligazioni sono diventate più volatili?

Per capire cosa sta succedendo oggi alle obbligazioni dobbiamo guardare a tre fenomeni principali. Il primo è il ritorno dell’inflazione, che dopo anni di stabilità ha costretto le banche centrali a modificare rapidamente i tassi di interesse. Se negli Stati Uniti l’inflazione è arrivata al 9%, in Europa ha superato il 10%, livelli che non si vedevano da quarant’anni. Dal 1984 al 2020, ricorda Morningstar, l’inflazione era rimasta in un intervallo ristretto tra l’1,5% e il 4,25% in tutte le principali economie. Perché questo crea problemi alle obbligazioni? Se l’inflazione è al 6% e un’obbligazione paga il 2% di interesse, chi la possiede sta perdendo potere d’acquisto. Per questo la Fed americana e la Bce europea hanno dovuto alzare i tassi al ritmo più veloce della loro storia: per incentivare nuove emissioni di titoli con cedole più alte. Ma quando escono nuove obbligazioni che pagano di più, quelle vecchie con cedole basse perdono valore. È questo meccanismo che ha creato forti oscillazioni dopo anni di mercato tranquillo.

Il secondo elemento è l’imprevedibilità delle decisioni delle banche centrali. Dal 2008 al 2022, Fed americana e Bce europea modificavano i tassi in modo molto graduale e preannunciato: gli operatori sapevano con mesi di anticipo cosa aspettarsi. Oggi invece le banche centrali si trovano in una situazione complessa: devono alzare i tassi abbastanza da fermare l’inflazione, ma non troppo per non danneggiare l’economia. Come riporta Bloomberg, il problema è che i dati economici sono contraddittori: un mese l’inflazione scende e fa pensare a possibili tagli dei tassi, quello dopo risale insieme all’occupazione e riapre l’ipotesi di nuovi aumenti. Questa incertezza continua sulle prossime mosse delle banche centrali fa oscillare i prezzi delle obbligazioni, che sono legate a doppio filo al costo del denaro. Il mercato deve rivedere continuamente le sue aspettative sui tassi futuri e quindi il valore dei bond già in circolazione.

Il terzo fattore è più strutturale. Il mercato obbligazionario è profondamente cambiato negli ultimi vent’anni. Un tempo i principali attori erano le banche centrali, le assicurazioni e i fondi pensione, che compravano direttamente le obbligazioni e le tenevano fino alla scadenza. Questo creava stabilità: anche se il valore di mercato oscillava, c’erano pochi venditori perché quasi tutti aspettavano la scadenza. Oggi invece gran parte degli investimenti avviene attraverso gli Etf (Exchange Traded Funds), fondi quotati in borsa che possono replicare l’andamento di qualsiasi mercato, dalle azioni alle materie prime. Esistono Etf specializzati proprio nelle obbligazioni: comprando uno di questi fondi si investe indirettamente in un intero paniere di bond. Il fenomeno è massiccio: secondo Etf Express, solo nel luglio 2024 sono stati spostati 60,5 miliardi di dollari in Etf obbligazionari. Questa trasformazione ha reso il mercato più volatile. Quando arriva una notizia importante, migliaia di investitori possono comprare o vendere Etf contemporaneamente, costringendo i gestori a movimentare grandi quantità di obbligazioni e provocando così oscillazioni dei prezzi molto più ampie rispetto al passato.

Cosa può fare il piccolo risparmiatore?

In uno scenario così complesso, quali indicazioni pratiche possono essere utili per chi investe i propri risparmi? La prima regola è non farsi prendere dal panico. Come riporta Il Sole 24 Ore la maggiore volatilità delle obbligazioni non è necessariamente un male: offre anche opportunità che non si vedevano da anni, con rendimenti tornati a livelli interessanti dopo più di un decennio di tassi bassissimi. Per chi ha un orizzonte temporale medio-lungo, ovvero può tenere investito il proprio denaro per almeno 3-5 anni, le obbligazioni rimangono uno strumento fondamentale. «Continuiamo a raccomandare agli investitori di posizionarsi per un ambiente di tassi più bassi, impiegando la liquidità in eccesso in asset che possano offrire un reddito più duraturo», spiega Solita Marcelli, chief investment officer per le Americhe di UBS Global. La ragione è duplice: le obbligazioni a breve termine offrono meno rischi ma anche rendimenti più contenuti. Quelle a lungo termine pagano di più, ma sono più vulnerabili ai cambiamenti dei tassi e all’inflazione. La scadenza quinquennale rappresenta un compromesso: offre rendimenti interessanti con una volatilità contenuta.

Altro punto da tenere a mente: la diversificazione è cruciale. Non bisogna concentrare tutti gli investimenti su un singolo titolo o Paese. Gli Etf obbligazionari, come riporta Etf Express, rappresentano uno strumento interessante per i piccoli investitori perché permettono di acquistare un paniere diversificato di titoli con costi contenuti. Un Etf che investe in obbligazioni governative di diversi Paesi può costare anche solo lo 0,14% all’anno.

Un ultimo aspetto cruciale da considerare è la reazione del mercato all’inflazione. Quando escono nuovi dati sui prezzi al consumo, anche piccole sorprese possono causare forti oscillazioni: se l’inflazione risulta più alta del previsto, gli investitori si aspettano tassi più alti per più tempo e vendono obbligazioni, facendone scendere il prezzo. Se invece l’inflazione scende più del previsto, comprano obbligazioni aspettandosi futuri tagli dei tassi. Per questo motivo, come evidenzia BlackRock, oggi più che mai è importante diversificare gli investimenti obbligazionari. Il messaggio degli esperti è chiaro: le obbligazioni rimangono fondamentali, ma richiedono un approccio più sofisticato rispetto al passato.

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