Quando portare i figli in banca

C’è un passo che raramente gli italiani compiono assieme ai loro figli: aprire un conto corrente e insegnare loro a investire. Ne abbiamo parlato con tre esperti.

Tempo di lettura: 7 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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L’età giusta

«Non esiste un’età giusta in senso assoluto, perché molto dipende dal grado di maturità del bambino. Alcuni esperti consigliano di cominciare a parlare di denaro verso gli 8-9 anni, introducendo i concetti di risparmio e investimento», spiega Alma Foti, vicepresidente dell’Associazione nazionale dei consulenti finanziari (Anasf) e responsabile dell’area Formazione dei cittadini e rapporti con i risparmiatori. «Si parte dal valore del denaro, che rappresenta il compenso per il nostro lavoro e ci serve a raggiungere determinati obiettivi di vita. Poi si passa alla paghetta e al concetto di risparmio». A proposito qui c’è uno speciale del Museo del risparmio per insegnare a gestire la paghetta.

Spiegare il risparmio

Per farlo, bisogna rovesciare il punto di vista. «Ai nostri figli dobbiamo insegnare che mettere da parte del denaro non è qualcosa di casuale, come residuo di ciò che avanza ogni mese dalle spese. Il ragionamento va fatto all’inverso: bisogna decidere subito quale percentuale della paghetta o dello stipendio si intende accantonare per il futuro, e il resto lo si può usare per le spese. Basta anche solo un euro a settimana per far passare il principio».

Ma va anche definito l’obiettivo. «Devo avere ben chiara la ragione del risparmio, perché questo accresce la mia motivazione. Per un bambino può essere un videogioco o una gita. Gli insegna a capire che il risparmio non è fine a se stesso, ma è un consumo differito nel tempo: rinuncio oggi a piccole cose per potermi pagare qualcosa di più grande domani».

Aprire un conto corrente

Molte banche oggi offrono conti correnti dedicati ai minori per gestire paghette e fare sì che adulti e ragazzini possano controllare uscite ed entrate, fare piccoli bilanci domestici e porsi obiettivi di risparmio.

«L’ideale è versare una cifra mensile sul conto dei figli, che diventa il loro budget», spiega Paolo Galvani, co-founder di Rame e già founder di Moneyfarm, società di consulenza finanziaria indipendente con approccio digitale. «Per premiare la loro capacità di risparmio, ogni mese si potrebbe incrementare quel budget fisso con l’equivalente di quanto hanno accantonato. In questo modo li si allena a veder “maturare” i loro risparmi».

Questo perché imparare a risparmiare non basta. I conti correnti o le carte per ragazzi sono utili per imparare a gestire il denaro e «possono diventare l’occasione per spiegare ai figli a cosa servono i diversi strumenti. Il conto corrente serve per versare i soldi dello stipendio e mantenere la liquidità per le spese correnti, e non è un modo per risparmiare. Perché lì i risparmi vengono erosi nel tempo a causa dell’inflazione», chiarisce Foti.

Basta fare un esempio a cifre tonde: se lascio sul mio conto 1.000 euro, trascorsi 5 anni la cifra sarà la stessa, ma con quel denaro potrò comprare meno cose, perché i prezzi saranno aumentati. Se l’obiettivo è far crescere i propri risparmi ed essere davvero “ripagati” per il sacrificio fatto bisogna investire.

Insegnare a investire

Il momento dell’investimento è l’occasione per spiegare ai nostri figli alcuni concetti chiave, spiega Andrea Rocchetti, head of investment advisory di Moneyfarm. «Il primo è il rapporto rischio-rendimento, che non dovrebbe mai essere dimenticato. Più è alto il secondo, più sale il primo. I nostri genitori erano abituati a prodotti sicuri e redditizi, perché in altri tempi anche i titoli di Stato a breve scadenza offrivano rendimenti a doppia cifra. Ma non è più così da diverso tempo, e bisogna tenerlo bene a mente: chi ti offre rendimenti attesi alti, ti sta proponendo prodotti più rischiosi».

Restando in tema di rischio, un altro concetto da insegnare è quello della diversificazione, che vale anche per altri aspetti della vita. «Se investo i miei soldi in più strumenti finanziari anziché concentrare tutto il capitale in uno solo, la possibilità di rimetterci si abbassa, perché un’eventuale perdita su un fronte potrà essere compensata dai maggiori guadagni su altro».

Anche scegliere a chi rivolgersi è importante. «Dovremmo imparare a chiederci chi è l’intermediario finanziario che abbiamo di fronte, se sta lavorando nel nostro interesse. In particolare, se non ci rivolgiamo a un consulente indipendente, che paghiamo noi direttamente, dovremmo sapere se percepisce compensi più alti o più bassi in base al tipo di prodotti che ci vende, o se qualcuno, per esempio la banca, “spinge” perché piazzi determinati prodotti anziché altri».

Certo, spiegare il concetto di investimento a un bambino non è semplicissimo. E convincerlo a rinunciare a una parte di paghetta o alle somme extra dei nonni per qualcosa di astratto lo è ancora meno. Per questo va data concretezza al gesto, spiega Alma Foti. «Serve motivazione, e serve chiarire l’obiettivo, ma non solo: bisogna che il piccolo vi si identifichi. Per farlo si può usare un trucchetto, come dare il suo nome al piano di accumulo o al prodotto finanziario, frasi come: “Il nonno ci ha dato 100 euro, 80 li destiniamo al “Pac Marco”, con gli altri compriamo i fumetti”, possono essere molto efficaci. Il ragazzino assimilerà l’idea che quel denaro non gli viene sottratto, ma sarà usato per lui».

Scegliere il prodotto finanziario

Per farlo, bisogna partire dal proprio obiettivo finanziario, in altre parole dobbiamo avere chiaro lo scopo per cui stiamo investendo. «Puntare ad avere una sommetta per gli studi di nostro figlio o per l’automobile quando sarà maggiorenne, è cosa diversa dall’avere obiettivi come l’anticipo per l’acquisto della prima casa o la pensione integrativa», continua Rocchetti. «Quando si arriva dal consulente si dovrebbe avere già un’idea».

C’è anche l’aspetto della flessibilità di cui tenere conto. «È sempre consigliabile scegliere una formula che ti permetta di variare gli importi dei versamenti a seconda della disponibilità, così da avere la libertà di versare somme aggiuntive ogni tanto, se c’è la possibilità. E andrebbero esclusi i prodotti che danno vincoli temporali e prevedono commissioni di uscita: bisogna conservare la libertà di uscire dall’investimento in ogni momento, se ce ne fosse necessità. Non da ultimo, bisognerebbe sempre stare attenti al tema dei costi: devono essere chiari e contenuti».

Scegliere il metodo d’investimento

Quando si comincia a risparmiare da piccoli, la formula migliore per farlo sono i piani di accumulo (Pac), che consentono di investire somme di denaro in maniera periodica, per un tempo medio lungo. Il Pac è una forma di accantonamento ricorrente e si può fare con gran parte degli strumenti finanziari disponibili sul mercato.

«In genere possono essere intestati a maggiorenni, ma è possibile creare dei fondi cointestati al minore e al genitore o al suo tutore, che può quindi gestire pratiche e movimenti», spiega Alma Foti.

«Il piano di accumulo conviene sia da un punto di vista finanziario sia da un punto di vista educativo. L’orizzonte temporale lungo, consente di avere dei buoni ritorni in termini di interesse, perché più passa il tempo, più il capitale cresce in maniera esponenziale, in virtù della regola dell’interesse composto (ne parliamo su Rame qui). Dall’altra, è anche un modo per spiegare ai nostri figli il valore del tempo, che è un alleato degli investimenti: più è lungo l’orizzonte temporale, più le risorse investite hanno probabilità di crescere».

Investire per il lungo termine

Può sembrare prematuro, ma puntare sulla previdenza integrativa del proprio figlio è fargli un’assicurazione sulla vecchiaia. E serve per spiegare l’importanza di guardare avanti: è il concetto della formica.

«Lo strumento più adatto in questo caso è il fondo pensione, che permette versamenti periodici anche di piccoli importi. Le somme vengono affidate a un fondo di investimento, e “torneranno” sotto forma di pensione integrativa nella terza età», spiega Rocchetti. «L’adesione al fondo, tra l’altro, può essere fatta direttamente a nome del minore e ha un vantaggio fiscale, perché la somma versata ogni anno può essere portata in deduzione».

Il fondo pensione, inoltre, sebbene preveda dei vincoli più stringenti rispetto ad una gestione patrimoniale è un vero salvagente, perché in casi emergenza può essere riscattato in tutto o in parte, per esempio se si perde il lavoro, si acquista una casa o ci sono spese sanitarie.

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