David, che deve pagare il costo emotivo dell’abbandono
David, 42 anni, vive un conflitto interiore quando la compagna del padre, che lo aveva abbandonato 20 anni prima dopo una vincita al Superenalotto, lo contatta chiedendogli di occuparsi di lui, malato di Alzheimer e in difficoltà economiche. La terapia lo aiuta ad accettare il desiderio di riconciliazione mai realizzato e a lasciar andare il risentimento.
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di Elena Carbone
Psicologa e psicoterapeuta esperta in traumi. Con l’account Instagram La psicologa volante fa divulgazione sul rapporto tra psiche e soldi.
«L’altro giorno ho ricevuto la chiamata dalla compagna di mio padre. Consideri che non vedo mio padre da vent’anni…mi ha detto che mi devo occupare di lui: ha l’Alzheimer e non ha un soldo bucato».
Chi parla è David 42 anni, fa il tassista, è sposato con Claudia, insegnante, e hanno una figlia, Roberta, di 15 anni.
Un’infanzia di mancanze
«Quando avevo 10 anni, mio padre ha fatto una grande vincita al Superenalotto ed è sparito con la sua amante. Mi mandava cartoline da New York, dall’Australia, dal Brasile… mai un regalo, eh. Non ha mai pagato gli alimenti a mia mamma. Faceva l’operaio, si è licenziato, ha comprato auto di lusso, ha dato a suo fratello una parte della vincita e poi ha girato il mondo con l’amante. Io non ho mai chiesto nulla, lui mi diceva che mi avrebbe messo da parte i soldi, ma poi ha perso tutto. Quando avevo vent’anni mi ha chiamato dicendomi che doveva utilizzare i soldi che mi aveva messo da parte per investirli non so dove, ma poi ho saputo da mio zio che è stato un fallimento ed è ritornato a fare l’operaio».
Quando il padre di David se n’è andato, lui e la mamma si sono trasferiti dalla nonna per sopravvivere economicamente alle spese a cui il padre non partecipava. Non ha ricordi felici del padre neanche prima dei 10 anni: lui era sempre fuori e quando era a casa non voleva essere disturbato. Durante l’adolescenza, avrebbe voluto avere il padre accanto, ma da adulto, comprendendo che non era capace di essere presente, lo ha semplicemente escluso dalla sua vita, convinto che non sarebbe mai più tornato. La telefonata della compagna del padre lo ha gettato in un vortice di emozioni contrastanti: rabbia, risentimento e confusione, ma anche un vago senso di colpa: se non se ne occuperà lui chi lo farà?
«Non capisco più nulla. Da una parte non ha mai chiesto scusa, non sa nulla di me, e mi sembra assurdo che debba occuparmene io. Dall’altra è sempre mio padre, che persona sarei ad abbandonarlo?».
La beffa della malattia
David vive un profondo contrasto interiore. Una parte di lui vorrebbe abbandonarlo proprio come il padre ha fatto con lui e un’altra parte vorrebbe il suo papà. Parte della psicoterapia si è concentrata sull’accettare quella parte che vuole essere figlio, che vorrebbe avere un confronto con il padre, che vorrebbe anche litigarci pur di averlo lì davanti, focalizzato su di lui almeno una volta nella vita. Invece, per una beffa del destino, non può neanche fare quello. L’Alzheimer si è portato via la memoria del padre e David non può avere neanche la minima soddisfazione di essere riconosciuto.
Durante il nostro percorso di psicoterapia lavoriamo, infatti, sulla sua accettazione di questa parte, perché benché lui abbia smesso di considerare suo padre da anni per non soffrire, è comunque rimasta viva quella parte che gli vuole bene e che avrebbe voluto avere una connessione reale con lui. David è diviso tra il desiderio di punire il padre per l’abbandono e il bisogno profondo di essere riconosciuto e amato come figlio. Nonostante tutti gli anni trascorsi senza contatti, dentro di lui è rimasta viva quella parte che sperava in una riconciliazione, in un confronto che potesse dargli almeno una spiegazione o un senso di chiusura.
Il punto più ostico in terapia è stato proprio questo: accettare che quella riconciliazione non sarebbe mai avvenuta. L’Alzheimer ha cancellato i ricordi di suo padre, rendendolo incapace di riconoscere persino il volto del proprio figlio. David non ha potuto ottenere neanche la minima soddisfazione di essere visto e ascoltato da quell’uomo che, per tutta la vita, l’ha ignorato. Inoltre, i soldi che sono sempre stati al centro della questione, anche ora diventano rilevanti, influenzando ogni decisione e azione. Per David la rovina economica del padre è stata una sorta di giustizia karmica, ma ora viene chiesto a lui di rispondere economicamente del padre.
La cura: riconoscere il dolore
«Ha speso tutto con l’amante, e ora vuole che sia io a risolvere la situazione? Non ha nemmeno i soldi per pagarsi una casa di cura. Non ho mai avuto nulla da lui, e ora dovrei dargli tutto io? E mia moglie? Mia figlia? Devo sacrificare loro per un uomo che mi ha sempre ignorato?».
Abbiamo esplorato insieme questo dolore: il rifiuto, il senso di ingiustizia, e quel desiderio inconfessato di essere ancora figlio, di avere un padre, anche se solo per un momento. David ha cercato di capire come convivere con il fatto che non avrebbe mai avuto quel confronto tanto desiderato, ma che avrebbe dovuto comunque trovare un modo per lasciar andare il passato e liberarsi dal peso del risentimento.
La moglie Claudia ha giocato un ruolo fondamentale, sostenendolo durante tutto il percorso e mettendosi a disposizione per contribuire economicamente alle spese per la casa di cura.
«Mi spiace che mio padre non sia mai stato in grado di essere un vero padre, ma io posso essere ancora figlio perché questo riguarda solo me, non lui. Io sono orgoglioso di me, sono una bella persona, un bravo padre a differenza sua, mi spiace per lui che non mi ha mai conosciuto».