Ho riprogrammato i miei pensieri per imparare a dare importanza ai soldi

Clara Tourres, 33 anni, è nata e cresciuta in Francia in una famiglia di origini spagnole. Da sette anni vive a Napoli, dove lavora come giurista in un’azienda. Per lungo tempo, ha creduto di essere una persona che non avesse bisogno di molti soldi, convinta di vivere più di esperienze che di beni materiali. Tuttavia, arrivata a un punto cruciale del suo percorso, si è resa conto che quel suo “disinteresse” per i soldi l’aveva in realtà costretta a preoccuparsene ancora di più. È stato allora che ha cominciato a superare la concezione di un lavoro povero, iniziando a riconoscere finalmente il valore che merita.

Tempo di lettura: 10 minuti

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Clara Tourres

Ascolta il podcast della puntata:

«L’importante è ricordarsi sempre che noi siamo vittime, anche, dei nostri pensieri. Perché sono loro che ci dicono che non possiamo fare una cosa. Quindi, più che una ricerca di indipendenza, è veramente pensare che le cose siano possibili».

Questa è la storia di come Clara, modellando i suoi pensieri, è riuscita a liberarsi di un lavoro povero e a darsi il giusto valore.

I soldi rappresentano possibilità

Clara Tourres ha 33 anni. Nata e cresciuta in Francia in una famiglia di origine spagnola, oggi vive a Napoli, dove lavora come giurista in un’azienda. Da piccola, impara che i soldi sono fatica.

«Mio papà era un operaio, quindi i soldi erano sempre contati. Ricordo che a sette anni, quando ho comprato un paio di scarpe, mi disse: “Guarda, questo è il frutto di tre ore del lavoro di papà.” Questo mi ha fatto capire che, anche se i soldi c’erano, andavano gestiti con attenzione. Era un approccio basato molto sul sacrificio».

Appena 16enne, Clara sovrascrive quella concezione dei soldi con il suo vissuto. Inizia a lavorare e non smette più: fa la babysitter, l’hostess per la Nespresso, la barista, l’impiegata nel settore assicurativo. Mette assieme 1000 euro al mese e nel frattempo, studia Legge. Da sacrificio, i soldi iniziano a significare possibilità.

«Il fatto di dover gestire i soldi già dai 18 anni, secondo me, contribuisce a sviluppare una forma di fiducia. In Italia, questo aspetto forse manca, perché l’indipendenza personale tende a iniziare molto più tardi. Di conseguenza, c’è tutto un vissuto di esperienze che arriva in ritardo».

Grazie a quell’autonomia economica precoce, Clara non solo matura una fiducia sulla sua possibilità di guadagnare e stare al mondo. Ma inizia a viaggiare. Va in Finlandia in pieno inverno e fa un giro della Lapponia, in solitaria. All’ultimo anno di università, parte per l’Erasmus a Roma. E qui ha una sorta di epifania circa il luogo in cui vivere.

«Ho la nazionalità francese, ma la mia famiglia ha origini spagnole, e io ho vissuto in un paese dove, probabilmente, non mi sono mai sentita davvero a casa. L’Italia, invece, per me è stata una scoperta, un amore a prima vista. Credo che sia fondamentale, soprattutto per le giovani generazioni che si affacciano al mondo del lavoro dopo la laurea, riflettere sull’importanza del luogo in cui vivono. Si parla spesso di tempistiche, progetti e obiettivi, ma molto poco del luogo. Che si tratti di una città o di un piccolo paese di montagna, penso sia essenziale avere consapevolezza del posto in cui si sceglie di vivere».

Non solo i luoghi sono importante, ma anche i lavori a cui si presta il proprio tempo. Dopo la laurea, Clara vorrebbe rimanere a Roma. E per un anno fa la ricercatrice in un istituto che si occupa proprio di temi legati al mondo del lavoro.

«Il lavoro, per me, era un argomento di studio affascinante perché avevo capito che il modo in cui pensavi dipendeva da dove lavoravi e da cosa facevi durante la giornata. Ho compreso che il lavoro rappresenta un pezzo fondamentale nella vita delle persone, e per questo mi interessava approfondirlo sia dal punto di vista sociologico che giuridico. Tuttavia, Roma, e più in generale l’Italia, rappresenta un contesto molto difficile per i neolaureati che si affacciano al mondo del lavoro».

L’importanza del luogo

E infatti, Clara è costretta a tornare in Francia, a Parigi, dove inizia a lavorare come giornalista. Un volta terminato il contratto a tempo determinato, gliene propongono uno a tempo indeterminato. Ma nel frattempo, una sua amica francese che lavora a Napoli, le offre il suo posto in un’associazione che opera nel terzo settore.

«Ho riflettuto poco sulla mia scelta; è stata una decisione di cuore, quasi una follia, considerato quello che sapevo sulle statistiche relative all’inserimento lavorativo. Però, a livello meditativo, ho sempre cercato di andare in un posto dove l’impossibile potesse diventare possibile».

«Comunicare questa scelta ai miei genitori, e soprattutto a mio papà, che aveva fatto tanti sacrifici, è stato difficile. Tutti mi consideravano un po’ pazza, perché sapevano che stavo intraprendendo un percorso forse troppo complicato e che, probabilmente, non avrebbe portato ai risultati sperati».

Ma Clara, che se la cava da sola ormai da anni, non lascia spazio alle preoccupazioni dei famigliari e si trasferisce a Napoli, accettando un lavoro nel terzo settore che ha poco a che fare con i suoi studi..

«Ho lavorato per tre anni nel terzo settore, che per me è stato una chiave fondamentale per entrare nella realtà della città. Al Sud Italia, in particolare, il terzo settore si basa molto sulle relazioni, e grazie a questo ho conosciuto molte persone e scoperto la storia di questa parte del Paese, inclusa la complessità legata ai finanziamenti e alle difficoltà che ne derivano».

Clara guadagna 715 euro al mese e pensa di non aver bisogno di molto di più.

«Io ero convinta che non avevo bisogno di soldi perché ero una persona che viveva di esperienze, non di cose fisiche».

Napoli, al tempo, glielo lasciava credere.

«Vivevo nel centro storico, ed era fattibile, ma tutto dipende da cosa intendiamo per “fattibilità”. Se parliamo di riuscire a mettere qualcosa da parte, ovviamente no. Vivevo praticamente al limite, coprendo giusto giusto le mie spese».

Il cambiamento di percezione

Tre anni dopo, Clara la pensa molto diversamente. Si è ormai resa conto che in quell’associazione non avrebbe avuto un aumento ed è andata a lavorare in un’altra, più piccola, dove le cose vanno ancora peggio e per sette mesi non riceve stipendio.

«Sette mesi senza ricevere uno stipendio, senza nemmeno sapere se sarebbe mai arrivato, sono stati lunghi e difficili. Mi sono ritrovata, a livello mentale, completamente bloccata: non riuscivo più a essere creativa o a immaginare prospettive future. Ero immersa nel buio di quella mancanza di soldi, chiedendomi continuamente: “Cosa sto facendo? Perché?”. Dopotutto, avevo una laurea in Francia e avrei potuto scegliere una vita molto più semplice».

«Chi sceglie il terzo settore lo fa per cercare di creare un mondo più equo, ma si ritrova spesso a dover affrontare situazioni estremamente complesse».

Ad aiutarla nel navigare questi mesi difficili c’è il gruzzoletto che aveva messo da parte negli anni. C’è l’aiuto economico del suo compagno. Ma c’è anche un percorso di yoga e meditazione.

«Lì ho iniziato davvero a praticare ogni giorno, lavorando sulla mente per cercare una luce e una fonte di chiarezza mentale. Non ho trovato altro, se non in questo percorso. Per me, è stata solo la pratica meditativa ad aiutarmi veramente. Osservare il flusso dei pensieri e riuscire a andare oltre è ciò che permette di cambiare la propria percezione di sé».

La meditazione sarà fondamentale per Clara, non solo per il benessere interiore, ma anche per avvicinarsi ai concetti di ricchezza, compresa quella finanziaria. Ma ci arriviamo tra poco. Siamo tra gennaio e febbraio 2020. Clara decide di partecipare a un bootcamp a Parigi dedicato all’imprenditorialità femminile, un corso progettato per tutte le donne che vogliono avviare un progetto di business.

«Era un incubatore molto famoso all’epoca, che aveva attratto talenti che oggi hanno delle imprese molto importanti a Parigi. Queste donne hanno creato dei podcast e scritto molto sull’empowerment femminile, oltre che sul tema dei soldi. Io, all’epoca, avevo un progetto sul turismo, ma era un mese prima della pandemia, quindi ti lascio immaginare come sia andata a finire».

E infatti, una volta terminato il bootcamp, Clara torna a Napoli, la pandemia è alle porte e lei vede piano piano il suo progetto andare in fumo. Riceve però un’offerta di lavoro da un’azienda come giurista. E, complice il lavoro fatto sui suoi pensieri,  fa una cosa totalmente inaspettata.

«Decido di affrontare la mia prima richiesta di aumento salariale. La persona molto gentile nelle risorse umane è rimasta scioccata, perché eravamo in piena pandemia. Sentivo che dall’altra parte c’era un po’ di incertezza, come se stesse pensando “Ah, ok, certo, prendo la tua richiesta e ti farò sapere”».

«Questo è stato per me anche un momento cruciale, in cui ho capito il potere che possiamo avere, rendendomi conto che siamo probabilmente più forti di quanto pensiamo».

Ed è proprio così. Dai 1.250 euro che le offrono, Clara riesce ad arrivare a 1.600.

«A saperlo oggi, è la verità: avrei negoziato molto di più. Il primo stipendio è davvero importante, è fondamentale quando entriamo in azienda. Lo dico sempre anche ai neolaureati: cercate di evitare di entrare con il minimo, perché poi la crescita sarà più lenta».

Arrivata a questo punto del suo percorso, Clara si rende conto di quanto il suo “disinteresse” per i soldi l’avesse portata a doversene preoccupare ancora di più.

«L’idea di fondo che avevo era che, avendo sempre fatto tanto, ce l’avrei fatta. Tuttavia, Napoli mi ha messo all’angolo da questo punto di vista. Non è detto che, semplicemente perché stai facendo, ce la farai per forza, perché ci sono circostanze esterne che possono essere molto sfidanti e difficili. È stato sicuramente un percorso di crescita per me, soprattutto rispetto a quella mancanza di soldi che ho affrontato per sette mesi. In più, ho capito che avevo anche un gap educazionale, che c’era qualcosa che non sapevo».

Riconoscere il proprio valore

Un altro evento cruciale nella crescita personale di Clara avviene nel 2021, quando prende parte a un atelier online sull’abbondanza, un’esperienza meditativa e riflessiva pensata per esplorare la percezione che i partecipanti hanno riguardo al denaro. Al termine dell’incontro, le viene chiesto di scegliere una cifra simbolica da attribuire a se stessa.

«All’epoca mi è arrivata questa cifra di 150.000 euro e io la guardavo e ridevo, proprio come ridevo prima di arrivare a Napoli, considerandomi pazza, perché per me 150.000 euro era una cifra enorme. Quindi, associando la formazione che avevo ricevuto con queste persone, ho iniziato a cercare quello che potesse rappresentare concretamente e praticamente quella cifra».

E così, si radica in lei l’idea che quella cifra rappresenti l’investimento in una prima casa.

«Per me, era anche un modo per mettere radici a Napoli, per dire: “Ok, ho il contratto a tempo indeterminato: compro casa, perché adesso non c’è possibilità che torni in un posto dove non guadagno e dipendo dal mio compagno o dalla mia famiglia.” È stato sicuramente un momento che ha chiuso un cerchio, una decisione presa cinque anni prima».

Ad un anno esatto dal giorno in cui si è identificata in quell’assegno da 150.000 euro, Clara riesce a trovare la casa giusta per lei.

«Il giorno in cui sono andata a firmare le carte dal notaio, ricordo perfettamente quel momento. Il notaio mi ha accolto dicendo: “Complimenti, perché, sommando tutte le spese per questo appartamento, siamo arrivati proprio alla cifra di 150.000 euro.” In quel momento, ho pensato a come molte cose legate alla spiritualità parlano di manifestazione, anche se non succede sempre così».

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