Come riconoscere e affrontare l’adulazione finanziaria
L’adulazione finanziaria si verifica quando mettiamo le esigenze economiche degli altri al di sopra delle nostre, arrivando al punto di trascurare il nostro benessere. Non si tratta semplicemente di andare d’accordo con le persone o di essere generosi; è una condizione in cui le nostre decisioni finanziarie riflettono un’incapacità di dare priorità ai nostri bisogni, con una costante inclinazione a subordinarli a quelli di qualcun altro. Spesso, questo fenomeno può essere una risposta a un trauma passato o a dinamiche emotive irrisolte.
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di Elena Carbone
Psicologa e psicoterapeuta esperta in traumi. Con l’account Instagram La psicologa volante fa divulgazione sul rapporto tra psiche e soldi.
Quando ero una giovane psicologa e dovevo chiedere la parcella a fine mese, mi preoccupavo delle finanze dei miei pazienti. A volte combinavo dei pasticci, riducendo la parcella ai minimi termini perché pensavo che fosse quello che il mio paziente potesse permettersi. Era il mio modo per sentirmi in pace con me stessa.
Quando ho affrontato l’argomento in supervisione – tutti i terapeuti, specialmente all’inizio della carriera, vengono seguiti da un supervisore esperto, ruolo che tra l’altro ora ricopro anch’io -, la mia supervisor ha strabuzzato gli occhi. Ha cominciato a indagare sui motivi reali di questi sconti, e alla fine è emerso che la mia giovane età e la mia mancanza di esperienza mi facevano sentire in colpa. Chiedere una cifra congrua al mio lavoro mi sembrava esagerato: non mi sentivo “all’altezza”.
Era molto più comodo compiacere il paziente piuttosto che affrontare il momento in cui dovevo sentirmi, in qualche modo, “esagerata” per aver richiesto il dovuto. Eppure, io stessa avevo sempre pagato la mia terapeuta e continuavo a pagare anche la supervisore senza esitazioni. Nonostante avessi affrontato il tema in supervisione, non mi sentivo del tutto soddisfatta: conoscevo i miei pazienti, sapevo le loro difficoltà e volevo aiutarli a ogni costo.
Un giorno, però, una paziente, a cui applicavo una parcella ridicola, mi raccontò di aver comprato quattro bottoni per una giacca del marito, pagandoli il doppio della mia parcella modificata per lei. Quello fu il momento della svolta: capii che non potevo arrogarmi il diritto di fare la “commercialista” dei miei pazienti. Non spettava a me decidere come e dove avrebbero speso i loro soldi. E soprattutto, non avevo il potere di pensare che ogni spesa fosse ponderata con lo stesso riguardo che io riservavo al mio lavoro.
Che cos’è l’adulazione finanziaria
Quella paziente mi ha insegnato tanto: la parcella non è solo un riconoscimento del valore del proprio lavoro. È anche un modo per mantenere i ruoli, per evitare aspettative sbilanciate, per preservare il rispetto reciproco. È un atto di fiducia, di trasparenza e, in un certo senso, di educazione. Ovviamente questa paziente, come tutti gli altri, mi ha insegnato anche molto altro, ma oggi voglio concentrarmi su questo aspetto, che in psicologia viene definito “adulazione finanziaria”.
Adulazione finanziaria è quando una persona mette da parte i propri interessi economici per adattarsi o compiacere le esigenze altrui. Questo succede in diversi contesti:
- A chi fatica a chiedere il giusto compenso per il proprio lavoro, proprio come accadeva a me;
- Ai genitori che comprano per sé abiti economici al mercato, ma scelgono boutique costose per vestire i figli;
- In famiglia, quando si evitano spese personali superflue, ma si acquistano regali importanti per gli altri (anche indebitandosi);
- Tra amici, quando si paga continuamente per loro o si offrono cene senza mai ricevere nulla in cambio.
Ma perché succede?
In molti casi, alla base c’è il desiderio di essere accettati, apprezzati o riconosciuti. Spesso abbiamo appreso questo comportamento in famiglia, o apprendendo dalle nostre figure di riferimento che si sacrificavano per gli altri o perché siamo diventati dipendenti dall’opinione altrui. Infatti, spesso quando i bambini ricevono troppi complimenti si sentono adeguati solo quando continuano ad avere un riscontro da parte degli altri: ogni feedback diventa importante per capire se vanno bene o meno. La continua ricerca di conferme positive da parte dei genitori può instillare l’idea che il riconoscimento esterno sia più importante del proprio benessere. In molte famiglie il sacrificio viene idealizzato, si trasmette l’idea che mettere gli altri al primo posto sia sinonimo di virtù. Questo comportamento, pur essendo a volte necessario per la sopravvivenza, diventa un modello rigido che può portare a una svalutazione delle proprie necessità.
Alcune persone, invece, hanno imparato a vivere il confronto come una minaccia alla relazione. Di solito sono persone che hanno vissuto un abbandono, una perdita, un allontanamento o hanno vissuto relazioni instabili o ancora sono cresciute in un ambiente dove l’amore e l’accettazione sembravano condizionati al “comportarsi bene” o al non creare problemi. Da adulti, quindi, tendono a evitare situazioni che possono generare tensione come il momento in cui bisogna chiedere o difendere il giusto compenso o far valere i propri interessi economici.
Un altro aspetto fondamentale è la difficoltà a dare valore a sé stessi. Quando non ci si percepisce come “abbastanza” (competenti, esperti, meritevoli), diventa difficile pensare che il proprio lavoro, tempo o energia abbiano un valore economico oggettivo. Questo porta a sminuirsi o a cercare di compensare questa sensazione di inadeguatezza con comportamenti di compiacenza.
Come affrontare l’adulazione finanziaria?
Il focus è il lavoro su di sé e la comprensione dei meccanismi sottostanti:
- Come prima cosa ci possiamo chiedere quale emozione proviamo nel mettere al secondo posto i nostri interessi economici. Può essere vergogna, imbarazzo, paura o senso di inadeguatezza.
- Poi puoi iniziare a capire cosa potresti pensare di te se ti mettessi al primo posto. Potresti sentirti “inadeguato”, “solo”, “rifiutato” o “una cattiva persona”.
- In seguito, puoi imparare a dire “no” riformulando mentalmente il “no” come un “sì” a te stesso: “Dicendo no a questa richiesta, sto dicendo sì al mio benessere.”
- Facendo un altro piccolo passo puoi sperimentarti con situazioni meno cariche emotivamente, come negoziare il prezzo di un servizio o rifiutare una richiesta irragionevole da parte di un conoscente. Ogni piccola vittoria rinforza la fiducia nelle tue capacità di affrontare il confronto senza compromettere le relazioni.
- Utilizza una frase mantra “non significa essere egoisti, ma rispettare il lavoro che ho fatto” oppure “il denaro è un confine con l’altro” oppure “devo essere gentile con me tanto quanto lo sono con gli altri” oppure trovando una frase che senti tua e che può infonderti coraggio.
La consapevolezza dei propri meccanismi interni, accompagnata da un lavoro costante sull’autostima e sui confini, può portare a un equilibrio più sano tra le proprie esigenze e quelle degli altri.