Isee: cos’è e a chi conviene farlo

Come si calcola l’Isee? E cosa “pesa” maggiormente nel calcolo dell’Indice della ricchezza familiare? Sono le domande che si fanno molti di noi, specie in questi mesi in cui è iniziata la corsa all’aggiornamento dell’indicatore, necessario per richiedere indennità, servizi di assistenza, bonus e agevolazioni. Con un esperto abbiamo provato a capire come funziona “la macchina” dell’Isee e chi inevitabilmente ne esce avvantaggiato o svantaggiato.

Tempo di lettura: 9 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

Che cos'è l'Isee
Foto di Unseen Studio

Se aprile è il mese del 730, gennaio e febbraio sono certamente i mesi dell’Isee, quelli in cui milioni di famiglie corrono a rinnovare l’Indicatore della situazione economica equivalente. Ottenere questo valore è indispensabile per richiedere decine di strumenti di sostegno al reddito, servizi socio-assistenziali, bonus e agevolazioni di ogni tipo, dal bonus per lo psicologo o per la lavatrice, alla riduzione delle tasse universitarie. Volendo sintetizzare, si tratta di una fotografia della ricchezza del nucleo familiare, un valore calcolato sulla base del reddito dei componenti, dei beni posseduti, mobili e immobili, del numero di figli e in generale delle persone a carico. Più aumentano i primi, più l’indice sale, se a crescere sono i figli, il dato si abbassa. Il meccanismo con cui si ricava l’indicatore è però assai complicato, e in situazioni apparentemente simili sembra “favorire” alcuni nuclei a differenza di altri. Abbiamo chiesto a un esperto come funziona la macchina, e chi “ci perde” o ci guadagna” a seconda delle situazioni. 

Cos’è e come si calcola l’Isee

Iniziamo con un chiarimento: l’Isee non corrisponde al reddito familiare disponibile. Avere un Isee di 15.000 o 40.000 euro non significa avere un reddito di pari misura. Questo dato è solo uno dei parametri presi in considerazione per calcolare l’indice, che è una “macchina complicata”, per dirlo con le parole di Maurizio Motta, già dirigente dei Servizi sociali al Comune di Torino, e docente all’Università di Torino nei corsi di laurea in Servizio Sociale. «Due nuclei familiari con uguale reddito non avranno necessariamente lo stesso Isee, l’indicatore si ricava sommando i redditi di ciascun componente, una percentuale dei patrimoni mobiliari e immobiliari, meno le rispettive franchigie, diviso il numero dei componenti del nucleo familiare, ma tenendo conto delle economie di scala. Significa che la ricchezza di un nucleo di due persone non verrà divisa per due, perché si presume che le spese non siano esattamente doppie, ma per un altro coefficiente, 1,57. Se si è in tre 3, la cifra è 2,04 e via a seguire. D’altra parte ogni figlio minorenne presente nel nucleo “vale” 0,2 punti in più, 0,3 se il piccolo ha meno di 3 anni».

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Cosa entra e cosa non entra nell’Isee

Non tutte le ricchezze entrano nel calcolo dell’Isee e non tutte nello stesso modo. Tra i redditi, per citare alcuni esempi, non vengono conteggiati gli strumenti di sostegno per chi ha disabilità, come pensioni di invalidità o assegni di cura, ma anche il Tfr, mentre uscite come l’affitto della casa di abitazione viene sottratto dal totale. Quanto ai patrimoni si prende in considerazione il 20% del valore. «Ci sono poi le franchigie», aggiunge il docente. «Al patrimonio mobiliare, per citare il caso più comune, vengono sottratti 6.000 Euro, più 2.000 per ogni componente del nucleo familiare oltre il primo, sino a un massimo di 10.000. Significa che se l’unico patrimonio di un nucleo di tre persone equivale ai 20.000 euro depositati sul conto corrente bancario, nel calcolo Isee entrerà il 20% di 10.000, e cioè 2.000 euro. Il valore degli immobili, invece, si calcola partendo dal valore Imu, un indice nazionale ricavato dal valore catastale, e da qui sarà preso il 20%. Se parliamo di casa di abitazione, però, da questo importo si detrae una franchigia di 52.500 euro, incrementata di 2500 per ogni figlio convivente oltre il secondo. Nella formula, andranno inseriti solo i 2/3 dell’importo residuo. Chi ha un mutuo, poi, ha un’ulteriore detrazione, perché dalla somma iniziale sarà scomputato il debito residuo del prestito. Non è così per gli altri immobili, che difatti hanno un peso importante sull’Isee».

Quanto contano i figli nell’Isee

Come abbiamo visto, nella “formula Isee” ogni bambino o ragazzo under 18 comporta un aumento del denominatore, valore che lievita ulteriormente a partire dal quarto e poi dal quinto figlio. «La presenza di figli comporta anche un incremento delle franchigie sul reddito, e sono previsti ulteriori sgravi per chi ne ha tre o più di tre», aggiunge Motta. «Per esempio, sulla casa di abitazione la franchigia di 52.500 euro aumenta di 2.500 euro per ogni figlio oltre al secondo, e lo stesso discorso vale anche per l’affitto della casa di abitazione che viene sottratto al reddito. Il tetto dell’affitto che si detrae dai redditi è di 7.000 euro all’anno, ma cresce di 500 euro per ogni figlio oltre il secondo».

Quali sono i valori che fanno aumentare l’Isee

Ogni caso è diverso da un altro, perché l’indice Isee è la risultante di un calcolo complesso, ma certamente ci sono dei fattori che penalizzano i cittadini più di altri. Come ha fatto notare Motta in un approfondimento sulle distorsioni prodotte dall’Isee chi possiede immobili che non producono reddito ne paga le spese. «Se sono in una casa di affitto ma ho ereditato da mio nonno una cascina dismessa in campagna, che magari non posso mettere a reddito perché dovrebbe essere ristrutturata, oppure ho un immobile diventato inagibile a causa di un terremoto, una casa o un locale sfitto in una città dove non c’è mercato, nonostante queste proprietà non producano reddito, e anche se il mio reddito è basso, questi beni peseranno sul mio Isee, come se si trattasse di denaro sul conto corrente. Con la differenza che il primo è nella mia disponibilità, questi immobili no, perché non posso far nulla, a meno di venderli, e a condizione che qualcuno voglia acquistarli», dice il docente. 

Il “problema” tempo, cos’è l’Isee corrente

Un’altra cosa importante da considerare quando si richiede l’Isee, è che i dati presi in considerazione, sono nella maggior parte dei casi quelli del secondo anno solare precedente. Per esempio, se faccio richiesta dell’Isee nel 2025, saranno valutati i redditi e i beni mobili e immobili posseduti nel 2023. Se nel frattempo la mia situazione è migliorata, ne trarrò un beneficio, perché non sono tenuto ad aggiornare l’indice. «Questo non è equo, perché gli enti pubblici erogheranno prestazioni sulla base di un indicatore che fotografa una condizione economica peggiore. D’altro canto, se la situazione reddituale o patrimoniale è peggiorata, c’è la possibilità di presentare successivamente all’Isee ordinario il cosiddetto Isee corrente, cioè un Isee con dati più recenti. Questo strumento ha però dei limiti», spiega Motta. «Si può chiedere solo se i redditi sono diminuiti più del 25%, ovvero più di un quarto, o se si è perso il lavoro, se un componente riceveva un sussidio che ora non riceve più, e infine, se il patrimonio è calato del 20%. Inoltre, l’Isee corrente va rinnovato ogni sei mesi. A pagamento, a meno che la richiesta di variazione non sia dovuta all’arrivo di un figlio. È curioso che chi si trova in questa condizione perché banalmente è diventato “più povero” debba pagare». 

Coppie e coniugi, quali differenza

Molti si chiedono se ai fini del calcolo dell’Isee ci siano differenze tra una coppia sposata o convivente, con o senza figli. In realtà, in questo caso il discrimine è la residenza anagrafica. «In entrambi i casi, chi risiede anagraficamente nello stesso luogo viene considerato parte dello stesso nucleo familiare ai fini Isee. Se due persone non sposate hanno residenza in luoghi diversi, richiederanno due Isee. Solo se hanno figli in comune e solo in alcune circostanze il genitore che non vive col figlio può essere “attratto” nel nucleo Isee dell’altro genitore. Non così per due persone coniugate. In questo caso, anche se uno dei due sposta la residenza, il nucleo continua a essere considerato unico, a meno che non ci sia una sentenza di separazione,  un provvedimento di allontanamento di uno dei due, o l’abbandono del coniuge», spiega l’ex dirigente.

Che succede all’Isee in caso di separazione

In caso di separazione o divorzio, dunque, i due genitori richiederanno due Isee, e i figli rientreranno nel calcolo del familiare con cui condividono la residenza anche se l’affido è condiviso. L’altro genitore potrà sottrarre dal reddito l’eventuale assegno di mantenimento. Questo potrebbe essere considerato un vantaggio per il genitore che abita con i figli, ma ci sono altri risvolti da considerare. Come la casa, per esempio. Spiega Motta: «La casa di abitazione viene accollata a chi dei due ha il diritto di abitazione sull’immobile. Poniamo il caso che l’appartamento dell’ex marito sia stato assegnato alla ex, sarà lei ad avere la maggiorazione nell’Isee, per il fatto di usarlo in “diritto di abitazione”».

Se il figlio va via di casa

Fino a 26 anni, il figlio che è fiscalmente a carico dei genitori (lo è chi non supera il reddito annuo di 4.000 euro), rientra nell’Isee dei genitori, anche se vive altrove. Un fattore che può diventare penalizzante per un giovane che decide di andare via di casa per cercare lavoro, ma vorrebbe usufruire di strumenti per il sostegno al reddito o agevolazioni, per esempio sulla retta universitaria. 

I “favoriti” dall’Isee

D’altro canto, ci sono una serie di situazioni in cui le ricchezze non rientrano nel calcolo dell’indicatore. «La più eclatante? Sicuramente chi possiede titoli di Stato italiani: per effetto di un norma varata nella scorsa legge di Bilancio, il suo Indicatore non terrà conto degli investimenti in strumenti come Bot e Btp, o buoni fruttiferi postali e libretti di risparmio postale, fino a 50.000 euro», dice l’esperto. «Anche chi ha un conto corrente a doppia firma con una persona che non appartiene al proprio nucleo familiare parte avvantaggiato. Se per esempio c’è un conto che divido con mia madre, che ha una residenza anagrafica diversa dalla mia, l’Inps includerà nel calcolo Isee il 50% di quanto depositato. Infine, se uso l’Isee sociosanitario, il documento che mi occorre per richiedere prestazioni sociosanitarie come l’assistenza domiciliare o un posto in una Rsa, posso utilizzare l’opzione del nucleo ristretto, e cioè inserire nel nucleo solo alcuni componenti, ossia il non autosufficiente, il suo coniuge e figli». 

Una giungla di norme e tetti

Resta il fatto, aggiunge l’esperto, che muoversi in questo territorio è sempre più difficile. Un po’ perché non si conoscono bene i meccanismi dello strumento, un po’ perché l’Isee genera ingiustizie misurando male la condizione economica, e si rifà a formule ormai obsolete e a dati vecchi. «C’è anche da dire che non esiste una soglia uguale per tutti gli interventi. Le norme e i tetti per accedere alle diverse prestazioni socio-assistenziali variano da intervento a intervento, o da regione a regione, a volte anche da comune a comune, cosa che manda in confusione non solo gli utenti, ma anche gli operatori. Anche per questo, con altri esperti abbiamo elaborato la piattaforma Welfare Informa, una mappa degli interventi disponibili per fasce di Isee, riservata agli addetti agli operatori dei servizi che la vorranno usare, in modo che possano assistere i cittadini nel migliore dei modi», conclude l’esperto.

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