Da tabù a trend: perché si investe sempre di più in criptovalute
Mentre la principale banca italiana compie un passo audace investendo un milione in Bitcoin e Trump sorprende il mondo lanciando la sua moneta digitale, ci troviamo immersi in un panorama finanziario sempre più dominato dalle criptovalute. In questo universo affascinante e spesso enigmatico, tentiamo di orientarci per comprendere le dinamiche che stanno trasformando il marginale in mainstream e ridefinendo i confini dell’economia globale.
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Fino a pochi anni fa, parlare di Bitcoin e criptovalute sembrava una cosa da smanettoni o da esperti di tecnologia. Erano quei misteriosi “soldi di internet” di cui si sentiva parlare nei telegiornali, spesso associati a storie di speculazioni selvagge o truffe informatiche. Oggi però qualcosa sta cambiando: perfino Intesa Sanpaolo, uno dei gruppi bancari-assicurativi importanti del paese, ha deciso di entrare in questo mondo. La cifra va però contestualizzata: come ha spiegato l’amministratore delegato Carlo Messina all’agenzia Radiocor, per una banca che ha “100 miliardi di euro in portafoglio titoli”, un milione rappresenta un investimento minimo. È come se una persona con 10.000 euro di risparmi decidesse di investirne uno solo in Bitcoin, giusto per capire come funziona. “Un esperimento, un test”, lo ha definito Messina, spiegando che si tratta di “una dimostrazione di come ci può essere un’attenzione verso canali digitali molto limitata in termini di investimento”. L’operazione, ha aggiunto, serve a prepararsi alle richieste di “clienti particolarmente sofisticati”. Il messaggio è chiaro: il Bitcoin resta uno strumento per pochi, “una forma di investimento che deve essere riservata a investitori istituzionali e a clienti con grandissima professionalità”, tanto che lo stesso Messina ha concluso: “Io stesso non investo in Bitcoin”.
La mossa di Banca Intesa arriva in un momento particolare per il mercato delle criptovalute. Da un lato il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, continua a mettere in guardia sugli investimenti in Bitcoin ed Ethereum, definendoli all’assemblea dell’Abi “privi di valore intrinseco” e “non garantiti da alcun operatore”. Dall’altro, dal 2024 l’Unione Europea ha introdotto nuove regole, chiamate MiCAR (Markets in Crypto-Assets Regulation), proprio per rendere questo mondo più sicuro e trasparente. Negli Stati Uniti, invece, la Sec (l’autorità che vigila sulla borsa) ha approvato i primi ETF su Bitcoin, strumenti finanziari che permettono di investire nella criptovaluta in modo più tradizionale e regolamentato.
Cosa sono davvero le criptovalute
Partiamo dalle basi: una criptovaluta è una forma di denaro che esiste solo in formato digitale. Non ci sono monete fisiche da tenere in tasca o banconote da conservare nel portafoglio. Come riporta Milano Finanza, oggi in Italia circa 1,35 milioni di persone hanno deciso di possederne almeno una, investendo in totale 2,2 miliardi di euro. Ma come funzionano? A differenza dell’euro o del dollaro, che vengono creati e gestiti dalle banche centrali (la Bce per l’euro, la Federal Reserve per il dollaro), le criptovalute utilizzano un sistema chiamato blockchain: una sorta di registro pubblico digitale dove vengono annotate tutte le transazioni. Questa tecnologia, inizialmente guardata con sospetto dalle autorità finanziarie di tutto il mondo, sta ora entrando in una nuova fase di maturità. Prima dell’apertura da parte della Sec agli ETF sul Bitcoin, per investire in questa criptovaluta bisognava passare attraverso piattaforme specializzate, gestire complessi portafogli digitali e preoccuparsi della sicurezza dei propri token. Ora invece (in America) si può fare tutto attraverso il proprio conto titoli bancario, con la stessa semplicità con cui si comprano azioni di Apple o Amazon.
L’altra faccia della moneta
Il Bitcoin, tuttavia, rappresenta solo la punta dell’iceberg nel mondo delle criptovalute. Mentre cerca di guadagnarsi credibilità come investimento serio attraverso regolamentazioni e controlli, nel mondo delle valute digitali si è sviluppato un fenomeno parallelo molto più spregiudicato: quello delle “meme coin”. Si tratta di criptovalute create per gioco o ispirate ai fenomeni virali di internet, il cui valore dipende più dalla popolarità sui social media che da fattori economici. La prima di queste è stata Dogecoin, creata nel 2013 come una parodia di un meme con protagonista un cane di razza Shiba Inu. Quella che era una valuta giocosa è però diventata un fenomeno, grazie soprattutto ai tweet di Elon Musk, che l’ha definita “la crypto del popolo”, e ha visto il suo valore esplodere, raggiungendo una capitalizzazione di mercato di ben 85 miliardi di dollari, diventando così la meme coin più conosciuta e apprezzata al mondo.
Da quel momento il mercato delle meme coin è cresciuto in modo esponenziale, generando una serie di imitatori. La più nota è Shiba Inu, nata nel 2020 proprio per replicare il successo di Dogecoin, ma il fenomeno ha prodotto anche clamorosi fallimenti. Emblematico è il caso di $HAWK, lanciata a dicembre 2024 da una ragazza diventata virale sui social: dopo aver raggiunto un valore di 490 milioni di dollari, la moneta è crollata a 25 milioni in pochi giorni tra accuse di manipolazioni e truffe ai danni degli investitori. Ancora più sorprendente è la storia di Fartcoin che, nonostante il nome bizzarro, ha superato il miliardo di dollari di capitalizzazione a gennaio 2025. Come evidenziato da David Einhorn, presidente di Greenlight Capital “oltre al trading e alla speculazione, non serve ad altri scopi evidenti e non soddisfa alcuna esigenza che non sia soddisfatta altrove”.
L’ultima evoluzione del fenomeno vede protagonista il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha lanciato la sua meme coin personale $Trump, seguita a breve distanza da $Melania, creata dalla First Lady. Un cambio di rotta significativo per Trump, che nel 2021 aveva definito il Bitcoin “una truffa”. La sua conversione al mondo crypto è avvenuta durante la campagna elettorale, quando ha promesso di trasformare gli Stati Uniti nella “capitale mondiale delle criptovalute”. Non solo: a settembre ha annunciato il lancio di World Liberty Financial, una società di criptovalute creata insieme ai figli, e ha firmato un ordine esecutivo per la creazione di un gruppo di lavoro dedicato alla regolamentazione delle valute digitali.
I rischi dei meme coin
Il rischio delle meme coin come $Trump è legato al fatto che la maggior parte dei token è controllata da entità legate a chi le promuove, in questo caso la Trump Organization e altre sue società (la Cic Digital e la Fight Fight Fight Llc). Ciò crea un potenziale squilibrio nel mercato, poiché il valore dei token dipende fortemente dalle azioni di pochi soggetti. Come spiega Christopher Bendiksen, ricercatore di CoinShares intervistato da Wired US, le meme coin funzionano come “un gioco a somma zero dove qualcuno deve perdere perché qualcun altro vinca”. Il rischio principale è quello dei cosiddetti “rug pull”, ovvero quando i grandi possessori di queste monete vendono in massa i loro token, causando un crollo immediato del valore. Ma i rischi non riguardano solo la speculazione. Secondo un rapporto dell’FBI citato dal Guardian, le frodi legate alle criptovalute sono aumentate del 45% nel 2023, causando perdite per 5,6 miliardi di dollari. Ancora più preoccupante è il dato sugli hacker nordcoreani che, secondo l’azienda di analisi Chainanalysis, hanno rubato 1,34 miliardi di dollari in criptovalute nel 2024, il doppio rispetto all’anno precedente.