Nudging: perché non serve soltanto a farci comprare di più?

Il nudging è una strategia non coercitiva utilizzata per influenzare i comportamenti in vari settori, come salute e sostenibilità. Sebbene efficace, solleva dubbi etici e sulla sua reale utilità. Per questo, si sta sviluppando il “nudge plus”, che mira a rendere le persone più consapevoli delle proprie scelte.

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Nudging

Prendere le scale invece dell’ascensore, optare per un’insalata invece che per un hamburger, sottoscrivere un piano pensionistico invece di spendere tutto lo stipendio. Quanto sono davvero libere queste scelte quotidiane? La domanda può apparire filosofica, ma ha implicazioni sorprendentemente concrete. Si stima che ogni essere umano prenda circa 35.000 decisioni al giorno, una ogni due secondi, la maggior parte delle quali piccole e istintive, guidate da automatismi più che da riflessioni consapevoli. Ed è proprio questa natura automatica delle nostre decisioni a renderle vulnerabili a influenze esterne: una “spinta gentile”, magari, un intervento invisibile progettato per orientare il nostro comportamento. Su questa sottile arte della persuasione si è sviluppata una delle teorie economiche più influenti degli ultimi quindici anni.

La nascita di una rivoluzione comportamentale

Questa comprensione del processo decisionale umano ha trovato la sua formalizzazione teorica nel 2008, quando l’economista comportamentale Richard Thaler e il giurista Cass Sunstein pubblicarono “Nudge: Improving Decisions About Health, Wealth, and Happiness”, studio che valse il Nobel ai due studiosi nel 2017. La loro intuizione fondamentale ribaltava il tradizionale paradigma economico dell’homo oeconomicus: gli esseri umani non agiscono sempre razionalmente, ma sono profondamente influenzati dal contesto decisionale in cui si trovano ad operare. Un’architettura delle scelte che può essere progettata per indirizzare i comportamenti verso risultati considerati più desiderabili. I due studiosi lo hanno dimostrato con alcuni esempi diventati iconici: una semplice mosca disegnata negli orinatoi dell’aeroporto di Amsterdam ha ridotto dell’80% i costi di pulizia, fornendo agli utilizzatori un “bersaglio” su cui mirare. Oppure la sola disposizione della frutta a livello degli occhi in una caffetteria scolastica è in grado di aumentare il consumo di alimenti sani del 25% rispetto a quando gli stessi prodotti sono posizionati in punti meno visibili.

L’impatto di questa teoria sulle politiche pubbliche è stato dirompente. La sua promessa di poter influenzare i comportamenti sociali attraverso interventi non coercitivi e dal costo contenuto ha sedotto governi e istituzioni in tutto il mondo. Il Regno Unito ha fatto da apripista istituendo nel 2010 la Behavioural Insights Team, seguito da Germania, Giappone e Stati Uniti. Persino organismi sovranazionali come la Banca Mondiale e la Commissione Europea hanno costituito unità dedicate all’applicazione di questi principi. 

Un fenomeno pervasivo

Se l’esempio della mosca può far sorridere, le applicazioni della teoria del nudge vanno ben oltre i servizi igienici aeroportuali. Questa comprensione dei meccanismi decisionali umani si è rivelata un potente strumento di progresso sociale, capace di promuovere comportamenti virtuosi in ambiti cruciali per il benessere collettivo. Nel settore sanitario, la Penn Medicine Nudge Unit, prima unità comportamentale integrata in un sistema ospedaliero, ha ottenuto risultati significativi: le modifiche all’interfaccia dei sistemi di prescrizione hanno portato a una riduzione delle prescrizioni di oppioidi e a un aumento della prescrizione di statine nei pazienti ad alto rischio.

L’applicazione della teoria del nudge si è estesa ben oltre l’ambito delle politiche pubbliche. Nel settore alimentare, ad esempio, le tecniche di nudging stanno rivoluzionando l’architettura delle scelte nei luoghi di ristorazione collettiva. L’Università della California San Diego ha registrato una riduzione del 13% negli acquisti di carne rossa e una diminuzione del 35% delle emissioni legate all’alimentazione semplicemente modificando la disposizione e la presentazione delle opzioni vegetali nelle proprie mense. Nel campo della cybersecurity, gli esperti stanno sviluppando sistemi sempre più sofisticati di “nudging algoritmico” per proteggere gli utenti da comportamenti rischiosi online. L’impatto del nudging è potenzialmente illimitato, con applicazioni comprovate anche nell’ambito della sostenibilità ambientale. Tuttavia, queste stesse tecniche di persuasione sottile possono avere un risvolto oscuro, soprattutto quando vengono utilizzate nel marketing e nella politica per influenzare scelte e comportamenti senza che le persone ne siano pienamente consapevoli.

Criticità e prospettive future

Nonostante l’entusiasmo iniziale, recenti meta-analisi hanno sollevato dubbi significativi sull’effettiva efficacia del nudging. Una meta-analisi di studi non pubblicati, che ha coinvolto oltre 23 milioni di persone nel Regno Unito e negli Stati Uniti, ha confermato l’efficacia di molti nudge, ma con effetti complessivamente più deboli rispetto a quelli emersi negli studi pubblicati. Inoltre, come riporta il Guardian, un esperimento condotto nel 2012 in una mensa scolastica ha rivelato che il posizionamento strategico di frutta e verdura aveva effettivamente spinto gli studenti a scegliere opzioni più sane, la maggior parte di questo cibo è finito nella spazzatura. La spinta gentile può influenzare la scelta iniziale, “può farti comprare più carote, ma non è in grado di fartele mangiare”.

Le critiche al nudging non riguardano solo la sua efficacia, ma anche la sua natura potenzialmente manipolativa, soprattutto quando usato per fini commerciali. La linea tra facilitazione delle scelte e manipolazione diventa sempre più sfumata, richiamando scenari distopici come in Essi vivono di John Carpenter. Nel film, il protagonista scopre che la società è controllata da forze invisibili che usano messaggi subliminali, come il famoso “OBEY”, per manipolare i comportamenti delle persone. Sebbene il film esageri per raccontare il consumismo, oggi le tecniche di marketing sfruttano ampiamente il concetto di nudge, in forme sempre più sofisticate e impercettibili.

In risposta a queste criticità, i ricercatori della London School of Economics stanno sviluppando un approccio più evoluto denominato “nudge plus”. La differenza sostanziale rispetto al nudge tradizionale sta nel modo in cui viene guidato il comportamento: mentre il nudge classico si limita a modificare l’ambiente per indirizzare le scelte in modo automatico e inconsapevole, il nudge plus cerca di rendere le persone consapevoli e partecipi del processo decisionale. Non si tratta più solo di “spingere gentilmente” le persone verso determinate scelte, ma di aiutarle a comprendere perché e come stanno prendendo quelle decisioni. Questa evoluzione rappresenta un possibile punto di equilibrio tra l’efficacia degli interventi comportamentali e il rispetto dell’autonomia individuale.

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