Ma come funzionano questi NFT?

Proprio come nel famoso dipinto di Magritte “Questa non è una pipa”, anche gli NFT non sono necessariamente ciò che rappresentano. Ma di cosa stiamo parlando in parole semplici? E, questi prodotti, sono in grado di avere un impatto significativo sulla nostra economia, anche solo per il mercato dell’arte? Ce lo spiega il nostro Luciano Canova, economista e divulgatore scientifico.

Tempo di lettura: 8 minuti

Luciano Canova
Luciano Canova

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Economista e divulgatore scientifico, insegna Economia Comportamentale presso la Scuola Enrico Mattei.

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Cosa sono gli NFT

Cominciamo proprio dalle parole: l’acronimo di NFT è non fungible token. In economia, “fungible” (fungibile) è un termine usato per le cose che possono essere scambiate con altre esattamente dello stesso tipo. L’euro, per dire, è fungibile, perché voi e un’amica potete scambiarvi monete da 1 euro e ognuno di voi avrà lo stesso identico potere d’acquisto. Anche le criptovalute sono fungibili: un Bitcoin è un Bitcoin e non importa quale Bitcoin si possiede. Ma la maggior parte degli oggetti del mondo fisico, come le automobili o le case, non sono fungibili, cioè hanno qualità uniche e non si possono scambiare con altri dello stesso tipo. Potreste essere disposti a scambiare la vostra Panda del 2000 con un’altra Panda dello stesso anno, ma le auto non saranno esattamente uguali e vorrete sapere in che condizioni è l’altra auto prima di accettare lo scambio.

I token, in crittografia, sono unità di valore memorizzate su una blockchain. Le criptovalute come Bitcoin, Ethereum e Dogecoin sono token, ma non tutti i token sono destinati a essere usati come denaro. I token possono essere collegati infatti a beni tangibili. Nike, per esempio, sperimenta da tempo token legati alla proprietà di scarpe fisiche, ma i token possono anche rappresentare beni intangibili, come l’accesso a una chat room privata o uno spazio di archiviazione su un server cloud.

I token non fungibili sono una sorta di criptovaluta, ma hanno qualità uniche. La rilevanza degli NFT ha a che fare con un aspetto molto importante del web: fino a poco tempo fa, infatti, i beni non fungibili non esistevano su Internet.

Permettetemi una piccola premessa: la rete funziona essenzialmente come una gigantesca fotocopiatrice, quindi qualsiasi file digitale che infilate in un power point o in un documento Word può essere duplicato un numero infinito di volte e ogni copia sarà esattamente uguale all’originale.

Il fatto di poter fare infinitamente copie è ottimo se si vuole rendere abbondanti e disponibili a tutti gli oggetti digitali. Ma è nefasto se li si vuole rendere scarsi. E la scarsità non è solo una caratteristica intrinseca del ragionamento economico: è il principio guida che dà valore a ciò che è unico.

Proviamo a capirci con un esempio concreto e un piccolo viaggio nel tempo: immaginate di essere un artista che vuole realizzare solo 100 “prime edizioni” delle sue opere d’arte digitali, o un atleta professionista che vuole vendere figurine collezionabili digitali ai propri fan (e fare in modo che quelle figurine conservino il loro valore come le figurine da collezione fisiche). Condizione di contesto essenziale: è il tardo Novecento o, al massimo, i primi anni 2000. Le opzioni a vostra disposizione non sono molte.

Diversi anni fa ci si rese invece conto che le blockchain – i database condivisi e decentralizzati che alimentano Bitcoin e altre criptovalute – possono essere utilizzate per creare file digitali unici e non copiabili. Poiché questi file non sono altro che voci di un database pubblico, chiunque può verificare chi li possiede o seguirne il passaggio di mano.

È questa consapevolezza e questa proprietà che ha portato alla creazione dei primi NFT.

Gli NFT come certificati di autenticità

Gli NFT non rendono, infatti, impossibile copiare i files JPEG. Ma permettono di creare una risorsa digitale non copiabile collegata a un JPEG, che può essere utilizzata per contrassegnare quella particolare copia del file come quella “autentica”.

Se può essere d’aiuto, si può pensare agli NFT come al certificato di autenticità che si ottiene se si acquista un quadro costoso. Il quadro potrebbe essere copiato o contraffatto (o qualcuno potrebbe entrare in casa vostra e rubarlo) ma poiché avete il certificato di autenticità, potete dimostrare di essere i proprietari dell’originale. Gli NFT sono dunque un modo per rivendicare la proprietà di un file digitale.

Chi difende questi strumenti sostiene che la scarsità è ciò che dà valore a molti oggetti nel mondo offline. E portare questa qualità su Internet attraverso gli NFT, secondo tale ottica, ha la possibilità di creare un mercato completamente nuovo per i beni digitali scarsi.

I detrattori degli NFT, d’altro canto, riconoscono che siano una tecnologia interessante ma avanzano un nuovo dubbio: perché mai qualcuno dovrebbe pagare milioni di dollari per acquistarne uno? Si può almeno guidare un’auto di lusso o apprezzare un quadro di Picasso appeso al muro, ma non si può usare un JPEG o mostrarlo allo stesso modo.

Non voglio annoiare chi legge, ma qui entriamo nel mondo complesso della teoria del valore e dell’utilità di un bene. A me capita di pensare, quando leggo un ebook, all’impossibilità pratica per l’autrice/autore di scrivere una dedica, a meno che io non permetta di incidere lo schermo del mio tablet.

È vero che la maggior parte degli NFT non avrebbe valore se si pensa a questo concetto di utilità. E nella fascia top di gamma del mercato, come le collezioni di NFT messe all’asta da Sotheby’s per milioni di dollari, gran parte del valore si riduce alla speculazione e al diritto di vantarsi.

Ma un argomento utilizzato dai fan degli NFT (o, per lo meno, un pezzo di spiegazione della loro popolarità) è che gli NFT non sono unici nella loro inutilità. Le persone spendono infatti continuamente denaro per oggetti privi di valore pratico, forse per sentirsi bene, forse per ostentare qualcosa di fronte agli amici, forse per segnalare l’appartenenza a un gruppo come elemento identitario. Alcuni oggetti che compriamo sono tangibili (abiti firmati, gioielli costosi) e altri sono oggetti digitali (skin di Fortnite, nomi utente brevi di Instagram). Interi imperi sono stati costruiti vendendo beni di lusso perfettamente inutili ai ricchi, e anche se gli NFT rappresentassero solo una nuova categoria di beni digitali, varrebbe comunque la pena di prenderli sul serio come industria emergente.

Gli NFT sono dunque in grado di avere un impatto significativo sull’economia, anche solo per il mercato dell’arte?

Questa è una domanda da un milione di euro e, come sempre, in economia vale la risposta “dipende”. È possibile che le persone che investono negli NFT abbiano ragione: siamo sulla soglia di una rivoluzione nel modo in cui i beni digitali vengono acquistati e venduti, ed è possibile che i primi NFT diventino un giorno preziosi come i Picasso e i Monet originali. Ma il mercato dei NFT sembra essersi raffreddato in questi ultimi due anni, con un calo dei valori delle transazioni e la cancellazione di aste di NFT ad alto valore. Anche alcuni zelanti sostenitori degli NFT sono preoccupati che il mercato sia diventato troppo saturo. Gary Vaynerchuk, magnate del settore, ha fatto una previsione fosca: il 98% degli NFT è destinato a perdere valore. Gli NFT sono del resto controversi anche all’interno della comunità cripto. Alcuni investitori non si avvicinano, mentre altri li trattano come azzardo da speculazione o li acquistano per puro divertimento.

Le fragilità dei NFT

All’interno del mondo NFT, c’è ora una crescente attenzione proprio per l’”utilità”: in pratica, l’accorpamento di altre cose con l’acquisto di un NFT (come biglietti per concerti, cimeli autografati o accesso anticipato a versioni future) per garantire che ci sia qualcosa dal valore intrinseco, anche se il prezzo dell’NFT stesso si azzerasse.

C’è anche un tema di truffe e raggiri cui prestare la massima attenzione. I cosiddetti “rug pull” – quando uno sviluppatore di criptovalute abbandona bruscamente un progetto e scappa con i soldi degli acquirenti – sono un’esperienza comune nel mondo NFT. E poi ci sono i furti di NFT, con l’aumento del prezzo di quelli più popolari. Ladri altamente digitalizzati hanno preso di mira diversi membri del Bored Ape Yacht Club (le cui vignette NFT di scimmie in preda alla noia sono spesso vendute a sei o sette cifre l’una) ingannandoli per farsi consegnare le password dei loro portafogli di criptovalute.

È comune anche un altro tipo di furto, quello che prevede la creazione di NFT a partire da materiale protetto da copyright. Molti artisti si sono lamentati perché le loro opere sono state trasformate in NFT e vendute come versioni “ufficiali” senza il loro permesso. Sebbene molte piattaforme abbiano cercato di limitare la vendita di NFT rubati, alcuni furti sono probabilmente inevitabili data la mancanza di sorveglianza del mercato.

E allora, a conti fatti, vale la pena seguire il trend degli NFT?

Alcuni elementi di innovazione sono innegabili:

  • Internet attualmente è troppo centralizzato e gli NFT potrebbero contribuire a decentralizzarlo. Al momento, la maggior parte delle persone che producono media su Internet (artisti, musicisti, sviluppatori di videogiochi, ecc.) pubblicano (o per meglio dire uploadano) il loro lavoro su piattaforme dominanti come Spotify, YouTube e Facebook. Queste piattaforme sono ottime per costruirsi una community, ma non per fare soldi. Gli NFT, invece, permettono ai creatori di vendere oggetti digitali unici direttamente ai loro fan, tenendo per sé una fetta molto più grande dei ricavi.
  • Stiamo entrando in una nuova era della navigazione in rete, un’epoca in cui molte delle nostre interazioni ed esperienze quotidiane si svolgeranno all’interno di mondi digitali immersivi, piuttosto che in spazi fisici offline. Così come oggi molti bambini spendono euro veri per le skin di Fortnite e gli accessori di Roblox, gli adulti che passano più tempo a interagire in spazi virtuali acquisteranno ogni tipo di oggetto digitale per migliorare la propria vita, e molti di questi oggetti prenderanno la forma di NFT. Se avete visto Ready Player One, potreste avere un’idea.
  • Gli NFT sono ancora una tecnologia in fase embrionale e non possiamo ancora prevedere tutti i modi in cui verranno utilizzati. La scarsità digitale è un concetto davvero importante che aprirà un’economia completamente nuova di beni digitali unici, e dovremmo essere pazienti e come sempre con una mentalità aperta in attesa di vedere cosa potrà accadere.

Sarà vera gloria? Ai posteri l’arduo download.

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