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Perché la tassa di successione all’italiana danneggia tutti

Le imposte di successione sono in Italia tra le più basse d’Europa. Chi eredita da un padre fino un milione di euro, non paga nulla. In Spagna, invece, dovrebbe versare al Fisco circa 265 mila euro, e anche sopra la soglia di un milione, le differenze sono enormi. Ma questo “privilegio” italiano ha importanti conseguenze in termini di gettito fiscale e di redistribuzione della ricchezza. Un esempio su su tutti: se ci avvicinassimo alla tassazione della Francia, avremmo una legge di bilancio più grande “quasi” del doppio.

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Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

Imposte sulle successioni
Foto di Polina Koroleva

“Ereditare sta diventando importante quasi quanto lavorare”, titolava la copertina dell’Economist la scorsa settimana. In un lungo articolo, il prestigioso settimanale economico ha spiegato che la generazione più ricca di sempre, quella nata subito dopo il secondo dopoguerra lascerà ai figli un immenso patrimonio, pari a quasi il 10% del Pil nei paesi più ricchi, il più grande mai visto prima, senza che questi abbiano alzato un dito per guadagnarlo. E che tutto questo, in termini di spinta alla crescita, disuguaglianze, meritocrazia, giustizia sociale, risulta “pericoloso per i capitalismo e per la società”. Per l’Italia, questo discorso vale doppio: nel Bel Paese, infatti, la tassa di successione è tra le più basse in Europa. Vediamo questo cosa significa.

La tassa di successione per ridistribuire il reddito

Le rendite stanno dunque sostituendo per i più fortunati il reddito da lavoro, e ciò accade in alcuni Paesi più che in altri, complice una tassazione molto favorevole. È il caso dell’Italia, come ci spiega Francesco Scinetti, Junior Economist dell’Osservatorio sui Conti Pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, diretto da Carlo Cottarelli. «L’imposta sulle successioni esiste in tutti i Paesi dell’Unione europea, e in generale in tutti i Pesi Occidentali.

È considerata uno strumento per ridistribuire le ricchezze accumulate senza meriti e utilizzare quelle risorse per finanziare servizi, infrastrutture, attività che generano reddito, costruire in altri termini una società che dia pari opportunità a tutti», spiega il ricercatore. Nel nostro Paese, però, nell’ultimo quarto di secolo si è andati in direzione opposta. Nel 2000 il governo di Giuliano Amato ridusse l’imposta, l’anno dopo il governo Berlusconi la abolì del tutto. Fu nel 2006 l’esecutivo guidato da Romano Prodi  a ripristinarla, ma in misura “soft”, tanto che oggi resta tra le più basse d’Europa.

Come funziona la tassa di successione in Italia

«Le aliquote e le franchigie della tassa di successione sono differenziate a seconda del grado di parentela tra chi effettua e chi riceve il trasferimento di beni», spiega Scinetti. «Per i trasferimenti a coniuge o parenti in linea diretta come figli, nipoti, genitori, è prevista un’aliquota pari al 4% del valore dei beni ricevuti, e una franchigia per beneficiario di 1 milione di euro. Significa che se il valore dei beni ereditati è inferiore a 1 milione non si paga nessuna imposta».

Per i trasferimenti in favore di fratelli e sorelle l’aliquota sale al 6%, mentre la franchigia scende a 100mila euro a beneficiario, e resta al 6%, ma senza franchigia, per gli altri parenti, per salire all’8% per tutti gli altri soggetti. Se a essere trasferita è una casa, il beneficiario dovrà in aggiunta versare al Fisco le imposte di registro e catastale, che sono ciascuna di 200 euro per la prima casa, e per gli altri immobili rispettivamente del 2% e dell’1%. 

Il paragone con gli altri Pesi europei sulle imposte di successione

Nulla di paragonabile avviene in altri Paesi europei, dove le aliquote sono ben più elevate. Come spiega Scinetti nel caso di un trasferimento da genitore a figlio, in Francia la franchigia è di 100.000 euro e le aliquote vanno dal 5% al 45%, in Germania si sale a 400.000 euro, con  aliquote tra il 7 e il 30%, mentre in Spagna già per i beni sopra i 16.000 euro si deve versare allo Stato tra l’8 e il 34%. Per far comprendere con maggiore efficace l’abissale differenza, è sufficiente applicare queste percentuali su numeri reali.

Prendiamo sempre come esempio il genitore che lascia in eredità al proprio figlio 1 milione di euro: «In Italia, grazie alla franchigia di pari importo, l’eredità sarebbe completamente esentasse. In Spagna il figlio dovrebbe allo Stato un’imposta di circa 265 mila euro, in Francia ne dovrebbe versare 215 mila, nel Regno Unito 200 mila e in Germania a 75 mila euro. Anche con un’eredità di 2 milioni di euro, il divario rimane evidente. In Italia, grazie all’aliquota fissa del 4% sulla parte eccedente il primo milione, l’imposta si fermerebbe a soli 40 mila euro, negli altri si aggirerebbe intorno ai 600 mila euro, con l‘eccezione della Germania, dove si fermerebbe a 265 mila euro, un importo comunque di più di quattro volte più alto». 

Redditi tartassati, ma le rendite? 

Al vantaggio di una tassa di successione “rasoterra”, se ne aggiunge un altro. Il fatto che, spiega l’esperto, il calcolo del valore del trasferimento patrimoniale beneficia di un ulteriore vantaggio: il valore degli immobili non viene determinato in base al prezzo di mercato, ma al valore catastale, che spesso è  significativamente inferiore. Quasi un paradosso, se si pensa che parliamo dello stesso Paese che tradizionalmente ha le aliquote sul reddito e sulla produzione tra le più alte d’Europa. 

« Si tende a tassare chi crea ricchezza, ed è il motivo per cui tanti preferiscono investire all’estero, mentre ereditare, qualcosa che avviene senza alcun merito, non subisce alcuna tassazione o poca, e anche sulle rendite e sui beni vigono aliquote ben più basse. Basti prendere la casa: la cedolare secca sugli affitti è del 26%, l’Imu è stata cancellata dalla prima casa, e sulle altre è modesta, mentre imposte come Irpef e Irap sono progressive e superano di gran lunga queste percentuali».

In Europa incassi dalle 3 alle 10 volte superiori 

La bassa tassazione di trasferimenti successioni ha effetti importanti sul gettito fiscale, con ripercussioni sulla redistribuzione delle ricchezze. Partiamo dai dati attuali: «Stando ai Eurostat, il gettito derivante dall’imposta sulle successioni e sulle donazioni è stato pari a soli 1.609 milioni nel 2023, ovvero lo 0,08% del Pil. La cifra è assai lontana da quanto incassato negli altri principali Paesi europei. In Francia parliamo di 21,4 miliardi di euro, cioè lo 0,8% del suo Pil, la Spagna è a quota 0,4% del Pil, con 5,5 miliardi, mentre Germania e Regno Unito sono allo 0,2% con 9,8 e 7,2 miliardi, al netto del cambio.

Tutti i Paesi citati riescono a incassare dalle 3 alle 10 volte quello che incassa l’Italia. Se ci avvicinassimo ai dati della Francia, per capirci, avremmo una legge di bilancio più grande “quasi” del doppio». Quanti asili, quante borse di studio, quanti investimenti e infrastrutture, per non parlare di sanità, politiche abitative, si potrebbero programmare con il doppio delle risorse? 

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