Acquisti online: come funziona il diritto di recesso
La scarpa che sta stretta, il maglione che indosso fa tutto un altro effetto, la lampada che sul sito sembrava magnifica, ma nel soggiorno non ci sta. Quante volte capita di pentirsi dopo un acquisto online! In tutti questi casi possiamo esercitare il diritto di recesso o di ripensamento: abbiamo cioè 14 giorni di tempo per comunicare al venditore la decisione di restituire il prodotto, che poi dovremo rispedire entro altri 14 giorni. Ma vale proprio per tutti i beni e servizi? E quand’è che tocca pagare i costi di spedizione? In vista dell’abbuffata di acquisti di Natale, un’esperta ha risposto a queste domande.
Tempo di lettura: 7 minuti
di Giorgia Nardelli
Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.
- Come funziona il diritto di recesso
- Come si calcolano i 14 giorni del recesso
- Acquisti online e venditori stranieri, quando la norma è valida
- Contratti a distanza e resi in negozio, cosa dice la legge
- Dai corsi online ai software, quando non vale il diritto di recesso
- L'obbligo di informazione: cosa deve dirmi il venditore
- Come funziona il reso e chi paga le spese di spedizione
- Quando l'azienda non restituisce i soldi
- Se la merce è non conforme
Questa guida nasce da una discussione nata all’interno della nostra community, dove in tanti si chiedevano che diritti ha un utente che desidera restituire un prodotto comprato online, se ha dei costi e come ci si muove in questi casi. Rispedire al mittente prodotti acquistati sul web non è cosa rara, molte grandi aziende di e-commerce hanno fatto nel recente un vanto la possibilità per propri clienti di sostituire o restituire la merce in maniera completamente gratuita. Ma in pochi sanno con precisione cosa dice la legge, e quali sono i diritti dell’utente. Specie ora che la sbornia di Natale è vicina, e mentre l’e-commerce macina miliardi di euro – circa 58, per la precisione, è quanto spenderanno gli italiani online nel 2024, secondo i dati dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano – ecco le cose da sapere e i consigli di un’esperta.
Come funziona il diritto di recesso
Ogni volta che facciamo un acquisto online, la legge ci riconosce il diritto di tornare sui nostri passi e di restituire il prodotto entro 14 giorni, ottenendo il rimborso del prezzo pagato, senza dovere nemmeno giustificare la ragione, e senza pagare penali. «Questa norma del Codice del consumo è pensata per tutelare l’utente che acquistando online non ha la possibilità, come invece accade in negozio, di vedere e toccare il bene che sta comprando. Il legislatore gli concede quindi il diritto di risolvere il contratto, senza dare alcuna giustificazione a venditore. Può infatti capitare che il capo di abbigliamento sia della taglia giusta, ma non calzi a pennello, o non stia bene addosso, che la lampada che si immaginava più grande e luminosa si adatti male all’arredo del soggiorno, o semplicemente che si è cambiato idea», spiega Maria Pisanò, direttrice del Centro europeo consumatori, che su questo ha una pagina di approfondimento.
Come si calcolano i 14 giorni del recesso
«Ci sono 14 giorni di tempo dalla consegna per inviare la comunicazione, a cui si aggiungono altri 14 giorni per rispedire», chiarisce l’esperta. Poiché il diritto di ripensamento o di recesso si applica anche ai servizi, come per esempio un abbonamento telefonico o un utenza, in questi casi i 14 giorni decorrono dalla conclusione del contratto o dal momento in cui ha ricevuto il contratto scritto», chiarisce Pisanò.
Acquisti online e venditori stranieri, quando la norma è valida
“Cosa succede se acquisto su un sito straniero?” è la domanda che si fanno in tanti, e la risposta è abbastanza chiara. La normativa sul diritto di recesso per gli acquisti online è europea, ed è stata introdotta da una direttiva del 2014, che poi i diversi stati dell’Ue hanno recepito, estendendo anche in qualche caso le tutele. In linea generale, quindi, siamo tutelati tutte le volte che acquistiamo su un sito italiano o di un paese membro dell’Unione. Come spiega la nostra esperta, inoltre, il diritto vale anche ai siti stranieri pensati per vendere sul mercato europeo: «Se si tratta di un operatore extra Ue ma opera nei confini dell’Ue, è tenuto ad applicare la nostra normativa, non va dimenticato».
Contratti a distanza e resi in negozio, cosa dice la legge
In linea più generale, il diritto di reso vale per tutti gli acquisti e i contratti stipulati fuori dai locali commerciali, quindi anche per le vendite a domicilio, sul posto di lavoro o in occasione di viaggi promozionali. Per queste casistiche, tra l’altro, il termine per comunicare il ripensamento è stato allungato a 30 giorni. Di contro, non è previsto per gli acquisti in negozio o dai venditori ambulanti. «Anche se molti negozi e catene prevedono il cambio, è una politica del singolo venditore, nessuna legge italiana o europea prescrive al commerciante di effettuare il cambio, e proprio per questo, è sempre bene informarsi prima dell’acquisto se esiste questa possibilità».
Dai corsi online ai software, quando non vale il diritto di recesso
Ci sono poi delle eccezioni, che riguardano in particolare i beni deteriorabili e a breve scadenza, come i generi alimentari, tutto ciò che è stato realizzato su misura, per esempio oggetti con le iniziali, o i beni sigillati per motivi igienici, e ancora, i prodotti informatici o audio e video che il consumatore abbia già aperto, giornali e riviste. «Anche per i servizi ci sono limitazioni: «Il codice del consumo indica una serie di casistiche per cui diritto di ripensamento è escluso», dice Pisanò. «Per esempio, non posso esercitare il ripensamento per un corso di lingue che si segue da remoto e che ho già scaricato, o di cui ho già le password per collegarmi, per un software che si scarica direttamente sul computer. Va detto, però, che in tutti questi casi, il venditore deve acquisire prima dell’acquisto la conferma scritta del cliente, il quale dichiara esplicitamente di accettare di rinunciare al diritto di recesso. L’informazione deve essere data in qualche modo prima dell’ultimo clic, ragion per cui è sempre molto importante leggere il contratto o le informazioni che vengono sottoposte lungo il percorso di acquisto».
Infine, una specifica va fatta per i corsi online, su cui c’è un po’ di confusione: «Il diritto di recesso non ha nulla a che vedere con il fatto che il corso non piace, perché si tratta di un fattore soggettivo. Se invece il corso è manifestamente scadente, si entra in un altro ambito, che è quello della conformità del servizio. Il consumatore può inviare un reclamo contestando appunto il vizio di non conformità, ma è un’altra procedura».
L’obbligo di informazione: cosa deve dirmi il venditore
A proposito di informazione, è bene sapere che ogni sito di e-commerce deve per legge informare i suoi clienti del diritto di recesso. «Questa e tutte le informazioni utili sono presenti generalmente nella sezione “termini condizioni”, che è sempre bene andare a cercare. Se mancano queste indicazioni, il termine per esercitare il diritto si estende a 12 mesi», dice Pisanò.
Come funziona il reso e chi paga le spese di spedizione
In linea di massima, per esercitare il diritto di ripensamento il consumatore compila un form messo a disposizione dallo stesso venditore oppure invia una comunicazione scritta, una email, in cui dichiara di voler recedere dal contratto, e segue poi le procedure indicate per inviare il prodotto al mittente.
Spiega l’esperta: «A volte è lo stesso venditore a fornire l’etichetta per la spedizione e a farsi carico delle spese, ma per legge è il consumatore a dover sostenere i costi del reso. In questa seconda ipotesi, il venditore deve informare i consumatori nella sezione termini e condizioni, spiegando anche dove va inviato il reso. È importante per chi ha intenzione di comprare online non trascurare questo aspetto: meglio sapere a cosa va incontro in caso di restituzione, specie se magari l’oggetto va rimandato dall’altra parte del mondo. In ogni caso, chi vende ha il dovere di restituire il denaro una volta ricevuto il prodotto, ma in caso di ritardi, al consumatore basta dimostrare di avere spedito la merce per pretendere il suo denaro», spiega Pisanò.
Quando l’azienda non restituisce i soldi
Occhio però, avverte la direttrice del Centro consumatori: «Per gli acquisti online la merce deve tornare indietro come se fosse stata vista e toccata in negozio. Mi spiego meglio: un capo di abbigliamento in negozio viene misurato, ma non viene tagliata l’etichetta, né viene modificato in alcun modo. Come associazione che tutela i consumatori sugli acquisti transfrontalieri, ci siamo trovati spesso a discutere con aziende che si sono opposte al reso quando hanno ricevuto capi con l’etichetta tagliata. Succede qualcosa di analogo per i prodotti elettronici: lo smartphone non può essere restituito se si è già impostato il proprio account, e così con il pc, se è stato acceso e usato».
Se la merce è non conforme
C’è infine un’ultima avvertenza. «Occhio a non confondere il diritto di ripensamento con il diritto a rimandare indietro un prodotto danneggiato o non conforme. In questa secondo caso, l’azienda deve farsi carico anche del costo di spedizione, ma il rimborso non è automatico. Se un prodotto “difettato” torna indietro, le prime opzioni che chi lo ha venduto deve valutare sono la riparazione e la sostituzione. Solo se queste due strade non sono percorribili si procede con la risoluzione del contratto e con la restituzione del denaro versato».