Come funzionano i controlli del Fisco
Lo stop al “Grande fratello fiscale”, ideato per stanare grandi e piccoli evasori, non ferma infatti i controlli incrociati che tutt’ora vengono praticati dall’Agenzia delle entrate, e si basano sul confronto di informazioni che ci riguardano da vicino, come i saldi di conti correnti o le auto possedute. Ma quali verifiche interessano il “contribuente medio”, e come fare per non finire nel mirino del Fisco?
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di Giorgia Nardelli
Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.
Chi è “nel mirino”
«Chiariamolo subito: i controlli scaturiscono quando ci sono divergenze marcate tra quanto dichiarato e quanto si possiede o si acquista. Se sul tuo 730 risulta un reddito di 20.000 euro all’anno, ma possiedi auto di grossa cilindrata e immobili, è chiaro che non c’è coerenza tra il tuo patrimonio e le risultanze delle tue dichiarazioni, e questo potrebbe innescare appunto una verifica. L’Agenzia delle entrate e la guardia di Finanza andranno a verificare quei dati sulla base di alcuni parametri, e in caso di scostamento notevole potranno chiederti di giustificare le divergenze», spiega Michele Tomasi, dottore commercialista dello studio Prassi di Vicenza.
Come funzionano i controlli: l’accesso alle banche dati
Altro mito da sfatare: i controlli non sono a campione, non vengono estratti nomi a caso da un database. «Sono azioni per lo più mirate, che partono dall’incrocio dei dati contenuti in più banche dati», spiega Tomasi. «Per esempio, l’Agenzia potrebbe decidere di partire da coloro che dichiarano 10.000 euro all’anno, e da qui verificare chi tra questi possiede di più un immobile con valori catastali di un certo rilievo. Partendo da semplici interrogazioni come queste si riescono a intercettare situazioni ambigue o che vanno chiarite. Non dimentichiamo che il Fisco può accedere anche a tutti i saldi di conto corrente che risalgono al 31 dicembre dell’anno precedente. Se non c’è congruità tra saldo e quanto dichiarato, l’Agenzia può chiedere al contribuente di giustificare quel dato. Certo, non sempre dati dissonanti sono prova di evasione o di proventi non dichiarati. L’esempio da manuale è la somma di denaro ricevuta in successione, o l’immobile di famiglia ereditato. Se agli atti risultano donazioni o successioni, la verifica dell’Agenzia viene archiviata e non si procede con l’accertamento». In caso contrario, è il contribuente a dover giustificare lo scostamento con l’aiuto di un buon commercialista o tributarista.
Donazioni, come evitare i controlli del Fisco
Torniamo al caso “di scuola”, e cioè quello della donazione da genitori a figli, o della donazione indiretta, come l’acquisto di una casa. «Nel caso in cui siano i genitori a pagare l’immobile che sarà intestato al proprio figlio, sarà il notaio a riportare nell’atto di compravendita l’informazione relativa alla provenienza del denaro», dice Tomasi. Quanto alle donazioni di liquidi, se riguarda somme ingenti, andranno registrate, sempre dal notaio. Su tutto vale il principio della tracciabilità, continua il commercialista. «È bene conservare tutta la documentazione che attesti la provenienza dei soldi, che sia un’eredità o una vincita al lotto, una donazione anche di media entità o il frutto di una partecipazione a una società».
Prestiti “tracciabili”
«In casi di prestito tra parenti o amici, poi, meglio lasciare traccia scritta di quanto avviene, con uno scambio di corrispondenza via pec o raccomandata, in cui si mette per iscritto che in una certa data Tizio ha prestato a Caio una determinata somma di denaro, e che questa verrà restituita entro una certa scadenza. La causale del bonifico non basta, lo scambio di informazioni scritto e certificato costituisce invece una prova», continua il commercialista.
Versamenti e spese in contanti, le regole
In Italia c’è da tempo un tetto all’uso del contante, che il governo Meloni ha portato a 3.000 euro. A partire da questa cifra in poi non è possibile pagare alcuna merce cash, almeno sulla carta. «Anche se, per ipotesi, un commerciante dovesse accettare il pagamento, esiste un obbligo di segnalazione da parte dei commercialisti: se realizzano che un cliente ha ricevuto un importo cash sopra quella soglia, devono per legge comunicare la movimentazione “sospetta” all’Uif, l’Ufficio indagini finanziarie gestito da ministero dell’Economia e delle Finanze. Se non agiscono, l’eventuale sanzione potrebbe ricadere su di loro», spiega ancora Tomasi. In banca, invece, il limite fissato è di 10.000 euro, in caso di prelievi o versamenti sopra questa soglia l’istituto è tenuto a inviare la segnalazione all’Uif entro il 15 del secondo mese successivo a quello di riferimento. Ma non è necessario arrivare tanto per finire “nell’occhio del ciclone, avverte l’esperto: «Anche una serie di versamenti ricorrenti, sebbene di importi inferiori, potrebbero insospettire i funzionari e far scattare una segnalazione».