Come funzionano i prestiti per gli studenti

Le case: poche e a prezzi da incubo. Le rette: in media 1.000 o 2.000 euro all’anno, ma superano facilmente i 10.000 negli atenei privati. Le borse di studio? Riservate a chi ha redditi più bassi e voti massimi, e nemmeno sempre. Per finanziarsi gli studi esistono però anche altri strumenti, come i prestiti d’onore. Poco conosciuti, offrono tassi e condizioni agevolate. Ci siamo fatti spiegare di cosa si tratta.

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Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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Andare all’Università in Italia non è mai stato così costoso, specie per chi si deve trasferire lontano da casa. Le borse di studio? Riservate a chi ha redditi più bassi e voti massimi, e nemmeno sempre. Secondo l’Unione degli universitari, solo l’85% degli idonei riceve quanto dovuto, e spesso le erogazioni arrivano con mesi di ritardo. Per finanziarsi gli studi esistono però anche altri strumenti, come i prestiti d’onore per chi frequenta l’Università o corsi post laurea. Poco conosciuti, offrono tassi e condizioni agevolate (o a tasso zero, in alcuni casi), e la possibilità di cominciare a restituire il debito dopo la laurea. Ci siamo fatti spiegare di cosa si tratta.

Cos’è il prestito d’onore per gli studenti universitari

È una forma di sostegno pensata per gli studenti universitari, ma non va confusa con le borse di studio, che sono erogazioni a fondo perduto, cioè denaro pubblico destinato a finanziare in tutto o in parte il corso di studi degli studenti più meritevoli e in condizioni economiche più disagiate.

Il prestito d’onore è un prestito, e come tale andrà restituito. È una formula usata in tutto il mondo, in particolare negli Stati Uniti, ma anche in Nord Europa. «Forme di finanziamento agli universitari ci sono in tutta Europa, anche se in forme differenti: in Olanda e in Uk, per esempio, sono interamente finanziati dallo Stato, mentre in altri Stati come l’Italia, vengono erogati attraverso istituti bancari, ma lo Stato garantisce per il richiedente», spiega Irene Rizzoli, ricercatrice del think tank Tortuga, per il quale è stata coautrice di un report sui prestiti universitari. L’Italia – si legge nel documento – è tra quei Paesi dove lo strumento è praticamente inutilizzato: mentre in Uk più del 90% degli studenti vi fa ricorso, qui siamo sotto l’1%.

Come ottenere un prestito da studente

La differenza tra un prestito per studenti e un finanziamento tradizionale sta nel fatto che nel primo caso lo Stato fa da garante per il giovane che richiede il prestito, per tutta o per una quota dell’importo. «Per ottenere quanto serve non è quindi necessaria la garanzia dei genitori, le condizioni di accesso sono più semplici. Inoltre, questi prodotti hanno tassi di interesse bassi o nulli, poche o zero spese, e, soprattutto, il pagamento delle rate parte dopo il conseguimento della laurea o del master: sono poi previste condizioni agevolate, come per esempio la possibilità di interrompere le rate per un periodo se non si ha la possibilità di tenere fede ai patti», spiega la ricercatrice.

Come funzionano i prestiti per studenti

Non esiste una sola forma di prestito d’onore, ma ci sono diversi tipi di accesso:

  • il Fondo per il credito ai giovani, una garanzia statale che facilita la richiesta di finanziamento da parte dei giovani presso le banche che hanno aderito l’iniziativa;
  • altre forme di finanziamento da parte di istituti bancari, spesso in convenzione con le università;
  • il Fondo Studiosì, dedicato agli studenti del Sud o iscritti agli atenei del Sud.

Quali sono i requisiti per ottenere il prestito d’onore

Non sono richiesti requisiti di reddito, ma generalmente bisogna essere in regola con gli esami e avere una determinata media. Nemmeno la facoltà di provenienza conta e non viene valutato il merito creditizio. «Si dà per scontato che lo studente non abbia reddito proprio, il prestito viene concesso sulla promessa che il titolo di studi lo aiuterà in futuro ad accedere a un’occupazione che gli permetterà di ripagare il debito», spiega Donato Todisco, economista di Altroconsumo. «Neanche la facoltà conta: non è detto che uno studente di ingegneria abbia più chance di uno in lettere e filosofia: lo sbarramento viene fatto sulla base del merito».

Il Fondo per il credito ai giovani: come funziona

Il Fondo per il credito ai giovani, detto anche Fondo Studio, funziona come il Fondo prima casa, è in sostanza un prestito garantito dallo Stato per pagarsi l’iscrizione all’università, a un corso di specializzazione, anche all’estero.

Parliamo di una garanzia del 70% sulla somma richiesta, che può arrivare a 25.000 euro. Si può richiedere con una media di almeno 75/100 (qui altri dettagli). La durata del prestito va dai 3 ai 15 anni, si comincia a pagare le rate dopo 30 mesi. «Per avere accesso bisogna scaricare il modulo di domanda e poi recarsi presso la filiale di una banca che aderisce all’iniziativa. Il prestito è erogato in virtù di una convenzione stilata dalle banche con lo Stato, pensata ad hoc per fare accedere al credito chi in condizioni normali non avrebbe un prestito. I tassi di interesse li stabilisce la banca, ma sono più convenienti di quelli dei prestiti personali».

Il problema, aggiunge Todisco, è che spesso nemmeno le banche conoscono lo strumento: «Da una nostra inchiesta di un anno e mezzo fa è emerso che le informazioni, per chi si reca in banca, non sono quasi mai accessibili, spesso i funzionari non sanno nemmeno di cosa si stia parlando, non hanno idea di come funzioni il Fondo o non ne conoscono l’esistenza».

Le convenzioni con le università

Il consiglio, per chi vuole saperne di più, è rivolgersi direttamente al proprio ateneo. «Molti stringono accordi diretti con gli istituti bancari per permettere ai propri iscritti di accendere un finanziamento a condizioni agevolate. Spesso per il richiedente è più semplice, perché ottiene velocemente le informazioni che gli occorrono, non deve produrre documenti, perché l’ateneo possiede già tutto quello che serve per valutare se si rientra nei requisiti: crediti maturati, voto di diploma e tutto il resto, anche l’istruttoria è più veloce. Abbiamo constatato che i tempi sono più brevi, le informazioni più accessibili, i costi più bassi», dice l’esperto di Altroconsumo. «Non c’è garanzia statale, è vero, ma in qualche caso le università hanno negoziato con le banche la possibilità di non chiederne. Tra l’altro, il tasso di insolvenza è molto basso e questo fa scendere i costi del finanziamento». A differenza dei prestiti ottenuti attraverso il Fondo statale, inoltre, quelli in convenzione con ateneo possono arrivare anche a 50.000 euro.

Il Fondo Studiosì, per chi vive o va studiare al Sud

C’è poi il Fondo Studiosì, istituito da qualche anno dal Ministero dell’Università e della Ricerca e sostenuto dal Fondo Sociale Europeo, che accetta richieste entro il 30 novembre 2023. È cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo (Fse), ed è gestito dalla Banca Europea per gli Investimenti (Bei). «Nasce con l’obiettivo di favorire gli studenti residenti nel Mezzogiorno, o chi si iscrive agli atenei di questa area del Paese», dice Irene Rizzoli. «Si tratta questa volta di un finanziamento a tasso zero, che può arrivare fino a 50.000 euro, che può iniziare a essere restituito fino a due anni dopo il termine degli studi e diluito per un periodo di 20 anni, a tasso 0 e a zero spese». L’importo da erogare viene calcolato sommando il valore delle spese vive con quello della retta annuale.

Studiosì è però rivolto a chi già è avanti nel percorso universitario. Può richiederlo infatti solo chi si iscrive o è iscritto alle lauree magistrali, agli ultimi due anni delle lauree a ciclo unico, ai master e alle scuole di specializzazione biennali. Sono escluse insomma le lauree triennali e le scuole post diploma. Sono due gli istituti partner dell’iniziativa, Intesa San Paolo e Gruppo Bancario Cooperativo ICCREA: chi desidera chiedere il finanziamento deve rivolgersi direttamente a uno dei due gruppi bancari.

A chi conviene il prestito d’onore

Resta una domanda: a chi è davvero utile indebitarsi con il prestito d’onore? «La platea è ampia», spiega Irene Rizzoli. «L’Italia è tra i Paesi europei in cui la spesa per l’università è tra le più alte, secondo una rielaborazione Tortuga di dati Istat, la percentuale di studenti che paga oltre 2.000 euro di tasse annue è circa il 28%, di questi il 5% paga più di 5000 euro». È alle famiglie di molti di questi ragazzi, che il prestito darebbe una mano, ma anche a quelli che restano tagliati fuori dagli aiuti statali, e non riescono a proseguire gli studi. Acquisire un titolo, di per sé, dà già buone chance di poter onorare il debito. «Secondo una ricerca condotta dal centro Local Opportunities Lab, chi ha una laurea e ha tra i 25 e i 34 anni, tende ad avere uno stipendio medio di circa 3 mila euro più alto di chi non ne ha. Le probabilità di guadagnare di più salgono per chi ottiene un master o un corso di specializzazione. Usare il prestito per finanziare un percorso di questo tipo, può quindi essere conveniente. Quanto alla facoltà di appartenenza, non è un discrimine», continua Rizzoli. Resta il problema della reale capacità di restituire le somme ricevute già poco tempo dopo la laurea. «Le tempistiche richieste non combaciano spesso con quelle relative al ritorno economico della laurea, che sono più lunghe, a causa del mercato del lavoro. Manca un meccanismo che preveda una soglia minima di reddito annuo lordo al di sotto della quale il piano di pagamento del debito si congela, proprio come accade nel Regno Unito, e maggiore flessibilità sulla restituzione. Questo sì, potrebbe aiutare a rilanciare i prestiti d’onore».

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