Come si sceglie un fondo pensione etico?

Il nostro denaro fa lunghi giri: viene usato per finanziare aziende, organizzazioni e attività, che a loro volta genereranno servizi o profitti, daranno posti di lavoro e avranno un impatto su persone e territori. Non è quindi secondario assicurarsi che queste realtà operino in modo responsabile, producano benessere o contribuiscano a una crescita sostenibile. Ma come scegliere? E soprattutto, quanto è vasta l’offerta di prodotti davvero etici?

Tempo di lettura: 6 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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Questa guida è realizzata in collaborazione con Banca Etica, una banca libera, indipendente e cooperativa, che finanzia solo progetti che producono impatti sociali ed ambientali positivi.

Iscriversi a un fondo pensione è diventata, per molti di noi, una scelta obbligata, se vogliamo assicurarci un assegno più dignitoso una volta fuori dal mondo del lavoro. Quando parliamo di fondi pensione, però, siamo abituati a guardarli solo con gli occhi di chi investe. Ci concentriamo giustamente su costi, rendimenti, rischi e agevolazioni fiscali, tralasciando un aspetto altrettanto essenziale: non ci chiediamo quasi mai dove finiscono i soldi che versiamo, come se i nostri risparmi restassero accantonati e crescessero dentro a un cassetto.

A chi serve il fondo pensione

Secondo i dati della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), sono 8,8 milioni gli italiani iscritti alla previdenza complementare, quelli cioè che hanno sottoscritto un fondo pensione, con l’obiettivo di avere un’integrazione sulla pensione pubblica. Parliamo del 34,7% della forza lavoro, un lavoratore su tre. Gli uomini sono il 61,8% e solo il 18% ha meno di 35 anni. Dati, questi, che ci raccontano un doppio gap.

«Meno disponibilità economiche si hanno, meno si aderisce a un fondo pensione. Paradossalmente, però, la pensione integrativa serve proprio a coloro che un domani avranno un assegno pensionistico più contenuto. E giovani e donne rientrano tra questi. Già oggi le donne, per via dei versamenti intermittenti dovuti alle interruzioni della carriera, percepiscono in media pensioni di circa la metà rispetto a quelle dei colleghi uomini», spiega Alessandro Dosi, responsabile dell’Ufficio consulenza, investimenti e Bancassicurazione di Banca Etica. Non si esagera, fa capire l’esperto, se si afferma che debbano correre ai ripari.

In futuro non andrà meglio neanche ai giovani. Per una serie di ragioni, tra cui retribuzioni medie più basse e sistema di calcolo contributivo, è ragionevole ipotizzare che i loro assegni saranno davvero magri. «Nei prossimi decenni l’importo medio di una pensione pubblica ammonterà intorno al 50% della retribuzione», dice l’esperto.

Quando bisognerebbe cominciare

La risposta a questa domanda è: prima possibile. «Il solo modo per colmare il gap tra la pensione e la retribuzione è attivare un piano di previdenza complementare, il prima possibile. L’ideale sarebbe cominciare ad aderire a un fondo pensione già a conclusione del percorso universitario. È sufficiente iniziare con piccoli versamenti mensili, e potrebbero essere i genitori a farlo. Prima si comincia, prima si accumulano somme ragionevoli per ottenere un’integrazione adeguata ai propri bisogni».

Come si sceglie il fondo pensione

Per i dipendenti la scelta è quasi naturale. Generalmente le singole categorie di lavoratori hanno già un fondo pensione negoziale, riservato alla loro categoria e istituito attraverso una contrattazione tra sindacati e aziende. Si può aderire in azienda, versando nel fondo le somme destinate al Tfr, o anche aggiungendo un’ulteriore quota mensile che sarà prelevata direttamente dalla busta paga. Esistono però anche i fondi cosiddetti territoriali, istituiti sulla base ad accordi tra datori di lavoro e lavoratori appartenenti a un determinata area geografica. E, ancora, i fondi aperti, chiamati così perché aperti a tutti i risparmiatori, non solo a chi ha un determinato contratto di lavoro (qui spieghiamo come orientarsi e cosa è meglio scegliere).

Perché è importante che un fondo pensione sia etico

Aderendo a un fondo pensione accettiamo di versare piccole o grandi somme mensili, fino appunto al raggiungimento dell’età pensionabile. Parliamo anche di decenni di versamenti. È per questo che è ancora più importante che la scelta cada su un prodotto di un certo tipo. Proprio perché il comparto tende a guardare per sua natura al lungo periodo, puntare su uno strumento più etico o sostenibile può contribuire in maniera importante a generare processi virtuosi. Per esempio, finanziare a lungo energie alternative, o aziende che favoriscono categorie di lavoratori svantaggiati, è un modo per indirizzare le risorse finanziarie verso la costruzione di un’economia più equa, inclusiva e rispettosa dell’ambiente che abitiamo.

Come si riconosce un prodotto sostenibile

Ci hanno spiegato che i fondi pensione sono strumenti di investimento gestiti da una società di gestione del risparmio, che raccolgono le quote di più risparmiatori e le investono in attività finanziarie (azioni, obbligazioni, titoli di Stato, ecc). «Oggi, per essere dichiarato sostenibile, un prodotto finanziario deve rispondere a determinati requisiti stabiliti nel regolamento europeo 2019/2088, che ha introdotto appunto la definizione di “investimento sostenibile”», spiega Alessandro Dosi. «Va detto che la normativa europea ha un po’ “allargato le maglie” rispetto a quelli che sono comunemente considerati criteri di sostenibilità. Nel perimetro rientrano anche strumenti che finanziano attività come l’energia nucleare e il gas naturale», aggiunge l’esperto. Significa che anche investendo in un prodotto “green”, il risparmiatore potrebbe finanziare aziende attive in quei settori. Una ricerca di Morning Star del 2021, ha mostrato che circa il 30% dei prodotti definiti sostenibili investe nel settore dei combustibili fossili. Non è sufficiente, insomma, il “bollino” di sostenibilità, per darci garanzie in questo senso. Il consiglio è sempre quello di leggere con attenzione l’informativa precontrattuale, e chiedere al proprio consulente un’analisi del portafoglio, verificando quali sono i principali settori e le aziende nei quali il fondo investe.

Che differenza c’è tra un prodotto etico e un prodotto sostenibile

Va anche considerato che la normativa europea si rifà ai concetti di sostenibilità ambientale, sociale e di governance, ma tralascia molti altri ambiti che hanno a che fare con l’etica. «Per dare vita a un fondo davvero etico bisogna fare un passo in più, compiere scelte più nette. Tagliare fuori alcuni settori, come quello delle armi, per esempio, ed essere più rigidi sul piano ambientale, escludendo dal paniere delle società che di fatto non hanno messo in campo una convincente prospettiva di cambiamento», spiega ancora Alessandro Dosi. «Banca Etica, per citare il nostro caso, è approdata a un fondo di questo tipo con 5 linee di investimento, solo dopo avere avuto la certezza che questo ha tutte le caratteristiche per poter essere inquadrato nell’ambito della finanza etica». Cosa significhi finanza etica a tutto tondo lo spieghiamo qui. Attenersi a questi criteri, continua l’esperto, non equivale a creare prodotti con costi maggiori. «Tendenzialmente un fondo etico non costa di più rispetto a uno che non lo è».

Dove si trovano

La domanda di prodotti etici o sostenibili sta crescendo, e anche il mercato sta rispondendo a questo nuovo bisogno. «Sempre più fondi negoziali mettono a disposizione una linea di investimenti sostenibili per i lavoratori, anche se non esistono fondi etici a tutto tondo», dice l’esperto. Nella sua prima indagine conoscitiva  sull’integrazione dei criteri di sostenibilità nelle politiche d’investimento dei fondi pensione, la Covip ha rilevato che circa il 30% delle forme di previdenza complementare valuta i fattori di sostenibilità nei processi di investimento, e il 26% dei risparmi viene gestito da una politica orientata alla sostenibilità.

Se si sta per aderire a un fondo negoziale è già possibile chiedere se tra le linee di investimento ve n’è una di questo tipo. Per i fondi aperti, invece, la domanda va rivolta esplicitamente al consulente finanziario.

Questa guida è stata realizzata in collaborazione con Banca Etica.


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