Come uso il Tfr, ora che ho dato le dimissioni?

Una buonuscita a metà carriera è preziosa perché può diventare la ciambella di salvataggio nel caso in cui le cose vadano male. Ma può essere anche il trampolino di lancio per crescere. Ne abbiamo parlato con due esperte.

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Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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Sono in tanti a farsi questa domanda: solo ad agosto 2022 l’Osservatorio sul precariato Inps ha registrato un aumento annuale delle cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato del 24%, il valore più elevato degli ultimi dieci anni. Una buonuscita a metà carriera è preziosa perché può diventare la ciambella di salvataggio nel caso in cui le cose vadano male. Ma può essere anche il trampolino di lancio per crescere. Ne abbiamo parlato con due esperte. Ecco i loro consigli.

Parola d’ordine: diversificazione

È una delle regole principali della finanza: non tenere tutto il gruzzolo in un cassetto, ma suddividere gli investimenti in tanti capitoletti. Questo principio non vale solo in finanza: può essere applicato tutte le volte che dobbiamo impiegare il nostro denaro in un’attività. Anche quando si tratta di Tfr, qualunque sia la nostra preferenza, partiamo dall’idea di non commettere lo sbaglio di destinare tutto il nostro tesoretto a un unico obiettivo. Non ci sono quote stabilite a priori, ciascuno avrà le proprie a seconda della sua situazione, l’importante è ricordarsi di diversificare.

Se ti metti in proprio: la quota “fondo di emergenza”…

Se il tuo desiderio è iniziare una carriera da free lance o avviare una startup, i tuoi risparmi dovranno essere impiegati essenzialmente in due direzioni. «Da una parte dovrai costruirti un fondo di emergenza, dall’altra utilizzare il denaro per avviare o per far funzionare meglio la tua attività», spiega la business coach Micaela Terzi. «Comincia facendoti una serie di domande per capire quanto devi accantonare. Parti dal presupposto che all’inizio potresti non fatturare per mesi, o che comunque per il primo anno i tuoi guadagni potrebbero non bastarti. Esamina la lista delle tue spese, almeno quelle irrinunciabili, come affitto o bollette, e metti via da parte la somma che ti servirà a vivere dignitosamente nello scenario peggiore: quello in cui non entrerà un euro per almeno sei mesi». Il lavoro, naturalmente, è facilitato se hai già delle somme da parte, ma più riesci a ridurre la cifra che ti occorrerà, dividendo per esempio l’affitto con qualcuno, o rinunciando per un po’ alle spese superflue, più ti resteranno soldi da destinare alla tua attività. Se vuoi approfondire, qui c’è la nostra guida su come costruire un fondo di emergenza.

… e la quota “investimento”

Lo abbiamo già scritto in altre guide, se avvii un’attività tutta tua devi anche rischiare soldi tuoi: è un atto di coraggio che ti dà più credibilità all’esterno e che serve anche ad accrescere la tua motivazione. Per fortuna, se non si tratta di un’attività produttiva vera e propria, non hai bisogno di grandi capitali. «Ad ogni modo, il primo consiglio è di investire sulle basi, perché ogni impresa deve avere fondamenta solide. Quindi costruisci un modello di business e un business plan fatto bene, e se non hai un consulente o una struttura che già ti affianca in questo, usa una prima parte di quei soldi per farti supportare da un professionista. Una volta costruita l’impalcatura sarà più semplice stabilire dove destinare le altre risorse, e i soldi non rischieranno di finire in un buco nero. Se le risorse a disposizione sono poche, niente paura, puoi programmare gli investimenti nel tempo, e stabilire per esempio che, mano mano che entra liquidità, ti concederai il software che ti fa lavorare meglio, un social media manager, o un sito fatto bene, il corso di formazione o l’affitto di uno studio. L’importante è partire e programmare, cominciando da qualcosa», consiglia Terzi.

Occhio alle altre opportunità

Non c’è solo il Tfr. Se hai in programma di iniziare un lavoro autonomo, considera che puoi sfruttare altre opportunità. Oltre ai classici finanziamenti pubblici per le startup (ne parliamo qui), c’è un’occasione proprio per chi apre la partita Iva, finanziata dall’Inps.  «Chi viene licenziato ha la possibilità di farsi liquidare l’intera Naspi in un’unica soluzione, al momento della registrazione della partita Iva», rivela l’esperta. «Il denaro non arriva subito, ma può essere usato per programmare altri investimenti poco per volta». Qui le info sul sito dell’Inps.

Se cerchi un nuovo lavoro

In questo caso forse ti occorreranno meno soldi come cuscinetto. «Tutto dipende da quanto ci metti a trovare una nuova occupazione. Se hai lasciato tu il vecchio posto, vuol dire che probabilmente sai già in che direzione guardare, e in questo caso potresti prevedere un fondo di emergenza anche di soli  3-4 mesi», suggerisce la coach. Il resto? «Il denaro a disposizione va investito per la tua crescita personale e professionale. La scelta va però preceduta da un’attenta analisi: chiediti subito cosa vuoi da quello che sarà il tuo nuovo impiego, non solo in termini economici, ma anche sul piano umano. «Da questo dovrà dipendere il modo in cui spendere quei soldi. Per esempio, se punti a ricollocarti nel tuo stesso settore, non concentrarti solo sulle competenze tecniche, ma cerca di migliorare le soft skill che ti permetteranno di fare il salto di qualità. Se devi cambiare ambito, occhio invece a cosa ti serve per diventare competitivo. E se riparti da zero perché sei stato licenziato, studia come intervenire sui motivi che hanno causato quell’evento. L’importante è non spendere la risorsa a caso, nel primo corso di formazione che ti sembra interessante: i tuoi risparmi devono essere un mezzo per raggiungere un obiettivo che hai già definito».

Occhio alla pensione

Se parliamo di Tfr, non possiamo dimenticare che questo strumento nasce per dare al lavoratore una risorsa in più al momento dell’uscita definitiva dal mondo del lavoro, quando cioè andrà in pensione. Il fatto che abbiamo necessità di quella somma quando siamo solo a metà percorso non deve farci dimenticare questo tema, né il fatto che domani, a differenza di quanto accade ai pensionati di oggi, avere liquidità o entrate supplementari sarà di vitale importanza per mantenere uno stile di vita che si avvicini a quello attuale. Il consiglio, quindi, una volta tamponate le emergenze e le urgenze, è di destinare subito le somme che restano alla pensione. Qui, a proposito, spieghiamo quanto è importante pensare alla pensione. È un tema che va affrontato anche dopo, quando si sarà avviata la nuova attività o trovato un nuovo lavoro, spiega Terzi. «Io per esempio consiglio ai miei clienti imprenditori o free lance di prevedere nel loro business plan una quota da accantonare ogni mese a questo scopo».

Per convenzione andrebbe destinato a questo capitolo tra il 10 e il 20% delle proprie entrate, in base all’età (più si è giovani meno si può versare), ma la percentuale va modulata di volta in volta in relazione alle proprie necessità e alla situazione. Quanto al come, cioè a cosa farne di quei soldi, la soluzione naturale sarebbe investire mensilmente i risparmi in un fondo pensione, ma si possono valutare altre possibili soluzioni, dagli investimenti immobiliari a quelli finanziari.

Se non hai bisogno di soldi, la mossa strategica

Se il denaro del Tfr non ti occorre, o te ne serve solo una parte, perché magari hai già il tuo fondo di emergenza o hai già trovato un nuovo lavoro, c’è anche una mossa intelligente che puoi fare prima di lasciare il lavoro, e cioè investire tutta o parte della somma accantonata in azienda in un fondo pensione negoziale, e cioè un fondo specifico per la tua categoria di lavoratori o la tua azienda, evitando così la “batosta” della tassa sul Tfr (è prevista una tassazione separata con un’aliquota che parte dal 23%). «Considera che puoi destinare il tuo Tfr alla previdenza complementare fino a un mese prima della cessazione del contratto di lavoro. Io consiglio di fare questa scelta prima di lasciare, stabilendo subito quanto del Tfr intendi trasferire alla previdenza complementare. Non ha molto senso sottoporre Tfr a tassazione in sede di liquidazione e se poi l’idea è di destinarlo alla previdenza complementare», spiega Elisa Lupo consulente del lavoro e autrice di Previdenti, il podcast sulle pensioni.

Se avevi già investito il Tfr in un fondo pensione

Quella di destinare le quote mensili della propria buonuscita a un fondo pensione, per assicurarsi a fine carriera una pensione integrativa, è una scelta che diversi dipendenti già compiono al momento dell’assunzione. Se sei tra questi, prima di lasciare il lavoro devi considerare alcuni aspetti, e il primo è che il riscatto totale o parziale del capitale maturato non è sempre possibile (per esemio non lo è in caso di dimissioni volontarie) e non è sempre conveniente. «In caso di perdita involontaria di lavoro gli iscritti a un fondo pensione possono riscattare subito tutta la somma accumulata nel fondo, ma al riscatto totale immediato viene applicata una tassazione del 23%. Se si attende almeno un anno di inoccupazione, si può richiedere il riscatto parziale del 50% della posizione individuale, a cui viene applicata un’aliquota del 15%. Sul restante 50%, si può chiedere un secondo riscatto totale per perdita dei requisiti, a cui verrà però applicata la tassazione del 23%. Per poter riscattare totalmente con una tassazione più bassa sono necessari 4 anni di inoccupazione». In altre parole, è meglio lasciare lì il denaro il più a lungo possibile, a meno che non ci sia una vera urgenza.

Trasferire i soldi da un fondo all’altro

E se si passa da un contratto da dipendente all’altro, cosa si fa del Tfr investito nel fondo pensione? «Se vieni assunto con lo stesso contratto collettivo nazionale, potrai continuare a versare la quota dal nuovo datore di lavoro sempre nello stesso fondo», spiega ancora Elisa Lupo. «Se invece la nuova occupazione prevede un altro contratto, puoi decidere di trasportare gratuitamente la posizione dal primo al secondo fondo, oppure lasciare la vecchia posizione sul primo fondo e tenere 2 posizioni aperte».

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