Bollette alle stelle: perché la luce costa il 44% in più
Le famiglie italiane spenderanno in media 201 euro in più nel 2025 solo per l’elettricità, più altri 309 euro per il gas. Le tensioni internazionali e un sistema energetico troppo dipendente dal gas hanno creato una tempesta perfetta sui prezzi, mentre il passaggio al mercato libero non ha portato i risparmi sperati.
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Controllare la bolletta della luce è diventato un momento di ansia per molti italiani. A gennaio 2025, l’energia elettrica è arrivata a costare il 44 percento in più rispetto a un anno fa, passando da 99 a 143 euro per megawattora. Per una famiglia che consuma 2.700 kilowattora all’anno – l’equivalente di un appartamento con lavatrice, lavastoviglie, condizionatore e scaldabagno elettrico – questo significa pagare 852 euro nel 2025, ben 201 euro in più rispetto all’anno scorso. E non è finita qui: per il gas, si prevede una spesa aggiuntiva di 309 euro all’anno per una famiglia media.
Le cause degli aumenti: dalla guerra alle temperature rigide
Per capire perché stiamo pagando così tanto, dobbiamo guardare a una serie di fattori che si sono combinati creando una tempesta perfetta sui prezzi dell’energia. Il primo problema è strutturale: l’Italia dipende troppo dal gas naturale per produrre elettricità. Anche se il gas rappresenta solo il 40 percento della nostra produzione di energia elettrica, finisce per determinare il prezzo finale nel 90 percento delle ore. È una situazione particolare in Europa, dovuta alle scelte energetiche fatte nei decenni passati: mentre la Francia ha puntato sul nucleare, la Germania mantiene ancora centrali a carbone e può sfruttare l’eolico del Mare del Nord, e la Spagna ha investito massicciamente in grandi impianti rinnovabili (i cosiddetti “utility scale”), l’Italia ha scelto di basare il suo sistema elettrico principalmente sul gas, considerato all’epoca più pulito del carbone e più sicuro del nucleare.
A questa situazione strutturale si sono aggiunte negli ultimi mesi diverse criticità. L’inverno particolarmente rigido in Europa ha fatto aumentare i consumi per il riscaldamento, riducendo le scorte di gas. Gli stoccaggi europei sono scesi al livello più basso degli ultimi due anni: solo il 47,24 percento dei depositi è pieno. L’Italia sta un po’ meglio con il 57,83 percento, ma è comunque un livello preoccupante. Le tensioni geopolitiche non aiutano: la guerra in Ucraina continua a creare incertezza sulle forniture dalla Russia, mentre il conflitto in Medio Oriente rischia di complicare le rotte del gas naturale liquefatto. Si aggiunge poi il timore di nuovi dazi commerciali da parte degli Stati Uniti, che potrebbero rendere più costose le importazioni di energia.
Gli effetti a catena sull’economia e la vita quotidiana
Gli aumenti dell’energia hanno un effetto domino su tutta l’economia. Un negozio di alimentari deve tenere accesi frigoriferi e congelatori 24 ore su 24: con i nuovi prezzi, questo significa una spesa extra di migliaia di euro al mese. Lo stesso vale per ristoranti, panetterie, parrucchieri, dentisti e ogni attività che usa macchinari elettrici. Per un’impresa che consuma un milione di kilowattora all’anno – come potrebbe essere una piccola fabbrica o un grande supermercato – l’aumento previsto è di 65.605 euro, arrivando a una spesa totale di 298.480 euro nel 2025.
Questi costi extra finiscono inevitabilmente per riflettersi sui prezzi al consumo. Quando produrre un chilo di pane costa di più per l’energia usata dal forno, il prezzo finale aumenta. Lo stesso vale per ogni prodotto e servizio. Secondo Confindustria, l’impatto complessivo di questi aumenti potrebbe superare i 10 miliardi di euro per famiglie e industria italiana. La situazione è resa ancora più complessa dal recente passaggio obbligatorio al mercato libero dell’energia. Dal 10 gennaio 2024, infatti, è terminato il regime di maggior tutela per l’elettricità, che garantiva prezzi calmierati stabiliti ogni tre mesi dall’autorità pubblica Arera. I consumatori che non hanno scelto autonomamente un fornitore nel mercato libero sono stati trasferiti automaticamente al “Servizio a tutele graduali”, che durerà fino al 2027, con tariffe determinate tramite aste territoriali. Chi invece è passato al mercato libero si trova ora a navigare tra centinaia di offerte diverse, spesso poco confrontabili tra loro: alcune promettono prezzi fissi che sembrano convenienti ma nascondono costi fissi elevati, altre propongono sconti iniziali che poi svaniscono dopo qualche mese.
Come difendersi dagli aumenti
Il governo sta preparando alcune misure per contenere i rincari. La più importante è l’anticipo delle aste per il gas: nei prossimi mesi verranno messi a disposizione 5 miliardi di metri cubi con contratti di lunga durata, nel tentativo di stabilizzare i prezzi. Per le famiglie con redditi bassi dovrebbero tornare i bonus energia, mentre per le imprese si stanno studiando agevolazioni specifiche per quelle che consumano molta energia. Nel frattempo, il Ministero dell’Ambiente sta spingendo per accelerare l’installazione di impianti da energie rinnovabili, che potrebbero aiutare a ridurre la dipendenza dal gas.
In attesa di queste misure, ci sono alcuni modi per ridurre l’impatto degli aumenti. I prezzi dell’energia sono più bassi durante le ore in cui c’è maggiore produzione da fonti rinnovabili, tipicamente tra le 10 e le 16 quando i pannelli solari sono più produttivi. Spostare i consumi maggiori in queste fasce orarie – per esempio programmando lavatrice, lavastoviglie e altri elettrodomestici energivori durante il giorno invece che di sera – può portare a risparmi significativi. Per chi può permetterselo, l’installazione di pannelli solari è diventata più conveniente: con gli attuali prezzi dell’energia, il tempo di recupero dell’investimento si è ridotto notevolmente.
L’unica nota positiva viene dai mercati internazionali: negli ultimi giorni il prezzo del gas ha iniziato a scendere, arrivando a 47,4 euro per megawattora il 18 febbraio. È la sesta diminuzione consecutiva, un segnale che potrebbe preannunciare un alleggerimento delle bollette nei prossimi mesi. Gli esperti però invitano alla cautela: le tensioni internazionali potrebbero causare nuovi aumenti, e l’arrivo del prossimo inverno metterà di nuovo alla prova la tenuta del sistema energetico europeo.