Cosa cambia adesso, con l’abbassamento dei tassi di interesse?

La decisione della BCE di tagliare i tassi di interesse, in risposta al rallentamento dell’inflazione, avrà ripercussioni significative sull’economia europea e sulla vita quotidiana dei cittadini: in particolare, il taglio dei tassi è destinato a ridurre i costi dei mutui e a stimolare i consumi. Tuttavia, gli effetti sui rendimenti dei conti correnti e degli investimenti saranno più contenuti.

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Foto di Kelly Sikkema

In questi ultimi anni gli italiani hanno imparato a conoscerla. Forse anche a temerla. Dopotutto, nonostante il suo gergo astruso, ogni qual volta la sua chioma grigia è apparsa in tv una cosa è stata subito chiara: brutte notizie. Eppure qualche giorno fa, durante una conferenza stampa presso la sede della Banca Centrale Europea a Francoforte, il volto teso di Christine Lagarde si è lasciato andare ad un sorriso. Per la seconda volta durante quest’anno (la prima volta era stata a giugno), ha annunciato agli europei che l’istituzione da lei guidata avrebbe tagliato i tassi di interesse. La ragione? L’inflazione nelle nostre economie è in discesa e si stima che il trend continuerà fino al raggiungimento del target del 2% nei prossimi anni. Ma perché se l’inflazione sale, le banche centrali alzano il costo del denaro, e se l’inflazione scende lo tagliano? E in che modo il successo della politica monetaria della BCE si ripercuote sulla nostra vita quotidiana?

Lo spauracchio dell’inflazione

Tutto inizia dall’inflazione. Ovvero la crescita dei prezzi di beni e servizi. Per noi cittadini questo si traduce in un carrello della spesa più caro. A pagare di più per tutto sono anche le aziende, che si ritrovano a spendere di più per materie prime e trasporti. Sebbene l’inflazione non sia di per sé una cosa negativa (al contrario lo è la deflazione, cioè la riduzione costante dei prezzi di beni e servizi) se questa cresce troppo velocemente e in modo incontrollato le economie capitalistiche smettono di funzionare come dovrebbero. «L’inflazione spaventa perché destabilizza la moneta, il pilastro su cui si regge l’intera economia di mercato», scrive Clara E. Mattei. «L’inflazione crea allarme perché può aprire una breccia che inizia a sgretolare il consenso verso il sistema».

Il ruolo delle Banche centrali

Per contenere l’inflazione, il sistema deve forzare la riduzione della domanda dei beni di consumo. E qui entrano in gioco la BCE e le altre banche centrali, come la Federal Reserve. Il loro ruolo è prestare il denaro alle istituzioni finanziarie dei vari Paesi. Il tasso di interesse di questi prestiti determina quello che le banche praticheranno a noi, nel momento in cui ci rivolgiamo a loro per chiedere un mutuo per la casa o un prestito per acquistare l’auto. Se, come accaduto nel recente passato, chiedere alla banca del denaro per fare un acquisto importante diventa più difficile, allora la reazione più diffusa tra i consumatori sarà quella di temporeggiare e restare in affitto o tenere ancora per qualche anno l’auto vecchia. In altre parole, la domanda inizierà a scendere. Questo effetto, quasi immediato per alcuni settori più sensibili al variare del costo del denaro, si ripercuote a cascata sul resto dell’economia. Se si iniziano a comprare meno auto, ad esempio, i produttori saranno incentivati a produrne di meno e ci saranno conseguenze su assunzioni e stipendi. L’obiettivo per cui si alzano i tassi di interesse, spiegava Jerome Powell nel 2022, è proprio quello di «avere meno pressione al rialzo sui salari».

Cosa cambia adesso?

Questa strategia, messa in atto fino al recente passato, ha funzionato. L’inflazione si è abbassata ed è arrivato il momento di invertire la rotta. Imporre tassi alti ha infatti anche l’effetto di rallentare l’economia e quindi si tratta di un rimedio che non può durare in eterno. Poiché, secondo le stime, nel 2024 l’inflazione dovrebbe assestarsi intorno al 2,3%, la BCE ha deciso di abbassare i tassi, seppur con cautela perché le scelte in fatto di politica monetaria richiedono del tempo prima che i loro effetti sull’economia reale diventino evidenti. Ma quindi, cosa cambierà concretamente per le nostre finanze, nel prossimo futuro?

  • Tassi variabili: Chi ha sottoscritto un mutuo a tasso variabile vedrà sicuramente un alleggerimento delle rate mensili. Questo è dovuto al fatto che l’Euribor, l’indice di riferimento per questi mutui, è direttamente correlato ai tassi decisi dalla BCE. Come riporta Domani «Facile.it ha stimato che, con un taglio di 25 punti base, il calo per un mutuo variabile medio (126mila euro da restituire in 25 anni) potrebbe essere di 18 euro rispetto a maggio. In base ai calcoli di Telemutuo.it, un taglio di questa portata potrà garantire un risparmio sulla rata compreso tra 13,50 euro al mese (per un importo di 100mila euro in 20 anni) e 29 euro al mese (su un mutuo trentennale da 200mila euro)».
  • Tassi fissi: Anche i mutui a tasso fisso ne risentiranno, seppur in modo meno diretto. Le banche, infatti, tendono ad adeguare i loro tassi fissi in base alle aspettative future sui tassi di mercato. Come riporta Il Sole 24 Ore: «Negli ultimi mesi, le banche hanno iniziato una progressiva riduzione dei tassi praticati alle famiglie con il tasso medio fisso che è sceso al 3,69% a marzo scorso». Un trend che sembrerebbe essere confermato nel prossimo futuro.
  • Prestiti personali: come spiegato al Corriere Economia da Aligi Scotti, responsabile della Business Unit prestiti personali di Facile.it «Dai livelli attuali i tassi scenderanno molto lentamente, con una rapidità molto inferiore rispetto a quella dei mutui, che sono più sensibili, per quel che riguarda il tasso variabile, alle decisioni della Banca centrale».

E per i conti correnti e gli investimenti? 

Per quanto concerne i rendimenti di conti correnti, rimarranno probabilmente bassi, offrendo poco guadagno ai risparmiatori più prudenti.

Quanto agli investitori, chi ha già acquistato dei titoli di Stato italiani (Btp) si troverà in portafoglio dei titoli il cui valore probabilmente salirà. Le azioni, invece, potrebbero beneficiare di un clima di maggiore liquidità e di un miglioramento delle prospettive economiche. Tuttavia, è bene ricordare che i mercati azionari sono soggetti a elevata volatilità e richiedono un orizzonte di investimento di lungo termine.

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