Cosa lega una cerniera rotta a Genova ai ribelli Houthi sul Mar Rosso
I ribelli Houthi con droni e missili hanno preso di mira le navi cargo che transitano dal canale di Suez. Lo fanno per supportare, a loro dire, la causa palestinese e spingere i paesi occidentali a fare pressione su Israele perché sospenda l’invasione militare di Gaza. Qui spieghiamo le conseguenze
Tempo di lettura: 8 minuti
di Luciano Canova
Economista e divulgatore scientifico, insegna Economia Comportamentale presso la Scuola Enrico Mattei.
Certi articoli, soprattutto quelli più lunghi, nascono dai titoli. E questo senz’altro appartiene alla schiera: il fatto è che mi serve un filo rosso che, mentre addento il mio toast all’avocado e trota salmonata, colleghi la rottura di una cerniera a Genova con i ribelli Houthi sul Mar Rosso, la globalizzazione e, perché no, un pizzico di sano illuminismo digestivo.
Chi sono i ribelli Houthi e cosa succede nel Mar Rosso
Prima di tutto, i fatti. L’ennesima crisi geopolitica di un mondo sempre in tensione da un capo all’altro riempie le pagine di tutti i giornali perché minaccia un ritorno di fiamma dell’inflazione.
E il problema è legato agli attacchi dei ribelli Houthi che, con droni e missili, hanno preso di mira le navi cargo che transitano dal canale di Suez. I ribelli vogliono supportare, a loro dire, la causa palestinese e spingere i paesi occidentali a fare pressione su Israele perché sospenda l’invasione militare di Gaza.
Intanto, una giovane donna prova a chiudere senza successo la cerniera del suo giaccone invernale e, tra un rimbrotto e l’altro, mentre cambia giaccone, dovrà ricorrere alla sostituzione della medesima zip. Questa donna è probabilmente ignara che una componente così insignificante sia legata ai fatti di cui stiamo parlando. Da quando ci svegliamo al mattino a quando andiamo a dormire, spesso non ci rendiamo conto nemmeno dell’integrazione dei mercati globali né dell’interconnessione di un mondo in cui pure tensioni geopolitiche altrimenti lontane provocano un impatto sulle nostre vite.
Quali sono le conseguenze della crisi del Mar Rosso
Le navi cargo che trasportano merci attraverso il canale di Suez rappresentano il 12% del commercio mondiale, per un valore di 1,2 trilioni di dollari ogni anno. Che per intenderci è più della metà del PIL italiano.
L’aumento del rischio di attacchi dei ribelli ha indotto le compagnie di navigazione a riconsiderare il transito del Canale di Suez attraverso il Mar Rosso. Tra il 15 e il 19 dicembre scorsi, 13 operatori marittimi hanno annunciato la sospensione dei loro viaggi da e per Israele o dei loro viaggi attraverso il Mar Rosso. Per i viaggi Europa-Asia, il dirottamento verso il Capo di Buona Speranza aumenta i tempi di navigazione del 30-50% e questo non solo ha un impatto economico immediato, ma crea problemi logistici a medio termine per le singole compagnie di navigazione.
Va detto che la crisi del Mar Rosso non ha bloccato del tutto il commercio attraverso la regione. Presumibilmente, le navi con un basso valore di carico e una maggiore tolleranza al rischio hanno ritenuto che il viaggio valesse la pena di essere comunque effettuato.
Nel frattempo, il mio toast è verso la metà e la donna ha portato a una sartoria di ragazzi pakistani il giaccone per la sostituzione della cerniera.
La crisi del Mar Rosso è direttamente responsabile dei ritardi nel trasporto merci e degli aumenti dei prezzi nel breve periodo. Sebbene gli attacchi alle navi siano legati al conflitto in continua evoluzione in Medio Oriente – e quindi difficili da prevedere nel medio-lungo termine – è altamente probabile che i ritardi e gli aumenti dei costi continuino nei prossimi mesi, poiché le compagnie di navigazione iniziano a pianificare un conflitto prolungato.
Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale al 22 gennaio 2024, la media mobile su sette giorni dei passaggi a Bab al-Mandab è scesa al 46% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. I passaggi del Canale di Suez sono al 63% rispetto all’anno precedente, mentre quelli del Capo di Buona Speranza sono aumentati del 70%. L’aumento delle deviazioni delle navi fa lievitare i costi del carburante e della manodopera, mentre diminuisce la quantità media di traffico merci che raggiunge la destinazione.
Ora, però, qualche buona notizia.
Sebbene questi numeri suggeriscano un possibile aumento dei prezzi e lo spauracchio dell’inflazione, altri elementi economici incideranno sul costo del trasporto marittimo nel lungo periodo. Secondo il Financial Times, le compagnie di navigazione hanno aumentato l’acquisto di navi. Tra il 2022 e il 2025, la capacità globale di trasporto di container dovrebbe aumentare di circa il 25%, contribuendo a controllare il livello dei prezzi. In un mondo interconnesso le merci transitano attraverso il canale di Suez per raggiungere l’Europa ma anche dall’Europa per andare verso oriente.
La Cina, per dire, fonda il 95% del suo export sull’efficienza dei trasporti marittimi e ha tutto l’interesse a che la crisi dei ribelli Houthi non esploda con maggiore forza.
Sì, ma cosa c’entra tutto ciò con la cerniera rotta e il toast all’avocado?
La Banca d’Italia ha stimato nei giorni scorsi che il trasporto navale nella regione riguarda quasi il 16% delle importazioni italiane di beni in valore. Tra i settori più colpiti c’è la moda. Sempre secondo Banca d’Italia, un terzo dell’import del comparto passa abitualmente dal Mar Rosso per arrivare in Europa. Le navi cargo trasportano fibre, tessuti, componenti che arrivano da Giappone, India e Cina e semilavorati o capi confezionati spesso del Sud est asiatico. Si parla di un valore, per il 2023, di 50 miliardi di euro di merce.
E tra questi prodotti, ci sono le zip che arrivano in massima parte dal Giappone. Ecco dunque che la nostra amica potrebbe non stupirsi di fronte a un aumento dei prezzi per la riparazione.
Ci sono beni che importiamo e beni che esportiamo e, tra quelli che passano attraverso il canale, i più a rischio sono gli alimentari: mele, olio d’oliva (i kiwi sono passati in tempo) che, però, riguardano appunto beni destinati all’estero. Da economista, mi aspetterei che un’abbondanza di questi prodotti sul mercato locale possa tradursi in una riduzione dei prezzi, checché ne dica Coldiretti.
A essere interessati dagli aumenti potrebbero invece essere tè e caffè (ma va bene così, perché non servono eccitanti in una situazione in cui mantenere la calma) e il riso. Il valore stimato dell’import interessato da questa crisi è di circa 5 miliardi di euro.
Per ora i dati sull’inflazione core (l’aumento dei prezzi depurato proprio dalla componente volatile di beni alimentari ed energia) mostrano in Europa una costante diminuzione e l’attività dei porti in Italia rimane sui livelli di sempre.
L’importanza di coltivare il proprio giardino
Con l’ultimo pezzo di avocado in bocca, semmai, rifletto sul grandioso mosaico di una globalizzazione inevitabilmente incasinata. Penso a come gli ingredienti che ho in bocca siano arrivati sugli scaffali del supermercato. Qualcuno avrà dovuto piantare da qualche parte il grano che serve per fare il pane. Poi quel grano sarà stato trasportato (chissà con che mezzo) in uno stabilimento industriale, dove operai e altri lavoratori hanno lavorato la materia prima. Io nel pane ci metto la trota salmonata del Trentino per rispettare la filiera corta, ma anche quell’ingrediente avrà dovuto fare un viaggio di qualche tipo.
E ora sono qui che mastico senza pensare troppo a un’evidenza: e cioè che centinaia, forse migliaia, di decisioni individuali e di interazioni sono state necessarie per dare vita al mio panino. Ed è estremamente improbabile che qualcuna delle persone coinvolte abbia preso una di queste decisioni necessarie per assicurarsi di farmi avere il panino che mangio a colazione. Questo è il potere dei mercati e di quella che Smith chiamava con una metafora efficace la “mano invisibile”. Un mercato coordina milioni di decisioni individuali per raggiungere un risultato che, almeno in teoria, vada bene al maggior numero di persone.
E quel risultato può essere un panino che entra nelle mie disponibilità esattamente quando lo desidero (e lo domando). O una cerniera da riparare. Di fronte all’abisso delle interconnessioni a volte rimango spiazzato ma mi chiedo sempre: quale sarebbe l’alternativa?
Tornare indietro a un mondo meno globale o provare a navigare dentro la connessione delle nostre miliardi di vite, con le decisioni più o meno consapevoli di acquisto che prendiamo ogni giorno?
Descrivendo un moto centripeto di rimbalzo dopo il salto verso il globale che abbiamo raccontato in questo lungo articolo, Candido si risolveva alla fine di mille peripezie a seguire un consiglio banale e ancora validissimo: “coltiva con cura il tuo giardino”.
Che in fin dei conti può tradursi anche nell’integrazione sempre più complessa delle nostre vite su scala globale, uno straordinario vantaggio che porta con sé difficoltà inevitabili, onde da superare, stretti da attraversare, paradossi.
Come quello dell’avocado del mio panino che è stato coltivato in Sicilia da una piccola azienda agricola ed è meno inquinante di quelli che arrivano in aereo, ma lo è perché l’inquinamento prodotto in passato sta cambiando il clima delle nostre regioni irreversibilmente, rendendo possibile far crescere in Italia frutti che sono per tradizione il simbolo dell’immaginario tropicale.
La cerniera è stata riparata e chiude la giacca come prima, collegando parti inconsapevoli di una trama intricata: sipario.