Cosa succede ai miei soldi mentre sono in banca?

Fare una spesa “etica”, è diventata per molti di noi una buona abitudine. Ma anche le scelte di tipo finanziario devono essere etiche.

Tempo di lettura: 7 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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Questa guida è realizzata in collaborazione con Banca Etica, una banca libera, indipendente e cooperativa, che finanzia solo progetti che producono impatti sociali ed ambientali positivi.

Fare una spesa “etica”, è diventata per molti di noi una buona abitudine. Lo facciamo al supermercato, online o nei grandi magazzini. Quello a cui finora pochi di noi hanno pensato, è che anche le scelte di tipo finanziario possono essere o non essere etiche. È importante chiederci come vengono usati i nostri soldi una volta versati in banca, o cosa va a finanziare il nostro fondo pensione. Perché anche l’uso che si fa del denaro – anzi, soprattutto quello – può essere etico o responsabile, consapevole o sostenibile. In questa guida, realizzata in collaborazione con Banca Etica, cerchiamo di capire insieme cosa dobbiamo sapere per compiere scelte finanziarie che fanno bene a noi e agli altri.

Finanza etica: di cosa parliamo veramente

Quando sente parlare di finanza etica, la maggior parte di noi è portata a pensare agli investimenti, in particolare agli investimenti sostenibili. Ma non basta destinare i propri risparmi al finanziamento di fonti rinnovabili – per fermarci all’esempio più banale – per poter affermare di avere fatto una scelta di questo tipo. «Certo, esistono prodotti finanziari che hanno elementi di finanza etica, ma il nostro approccio deve guardare all’insieme. Il singolo prodotto è solo uno strumento inserito in un sistema, e se quello strumento nasce in un contesto non etico, è difficile che possa essere considerato tale», spiega Anna Fasano, presidente del Consiglio di amministrazione di Banca Etica. «Sarebbe come comprare un prodotto biologico in un negozio che calpesta i diritti dei suoi dipendenti. Quell’alimento sarà bio, ma non etico, perché certi valori e certi criteri non sono stati rispettati in tutti i passaggi della filiera. Il prodotto non prescinde dalle teste e dalle mani che ce lo propongono».

Le policy della banca: il suo manifesto segreto

Da dove partire, allora? «Per fare scelte consapevoli è necessario conoscere le politiche dell’istituto o dell’ente a cui si affida il proprio denaro, sapere in altre parole come usa i nostri soldi e i soldi degli altri risparmiatori, come finanzia se stesso e cosa va a finanziare», spiega Fasano. Non vale solo per gli investimenti, ma anche quando si va ad aprire un conto corrente o si fa richiesta di un prestito. «Anche i 1.200 euro mensili che arrivano da un piccolo stipendio sono risorse che la banca utilizzerà in qualche modo, e sarebbe bello pretendere che lo facesse per migliorare il mondo in cui viviamo. Dovendo chiedere un finanziamento, poi, non sarebbe meglio scegliere un istituto che applica tassi più vantaggiosi a chi, per esempio, chiede risorse per realizzare interventi di efficientamento energetico?», continua Fasano.

Chiedere informazioni: un gesto che “educa” il sistema bancario

Qualunque sia il prodotto finanziario che ci interessa, è bene arrivare all’appuntamento con le idee chiare. «Chi parte con idee definite più difficilmente si lascia trasportare dalla corrente», dice Fasano. «Dunque, prima ancora di cominciare è necessario porre quesiti a se stessi. Quali? Innanzi tutto, cosa voglio finanziare con i miei soldi, e soprattutto cosa non voglio finanziare. Armi, combustibili fossili? Rispondiamo serenamente a noi stessi», è il consiglio.

Una volta che saremo seduti di fronte al nostro consulente finanziario o al bancario, dovremo avere invece il coraggio di porre domande molto dirette. La prima riguarda la policy di chi ci sta vendendo il prodotto finanziario, su temi come le armi, l’ambiente o i combustibili fossili. «Tutte gli istituti di credito hanno una policy su investimenti e finanziamenti, e benché non sia obbligatorio pubblicarla, possiamo chiedere dove la si può trovare», dice Fasano. «Per quanto riguarda le armi, invece, c’è una lista pubblica governativa con l’elenco, anche se non completo, di chi finanzia la commercializzazione delle armi». Gli elenchi sono pubblicati sul sito della campagna banche armate,  promossa dalle riviste Missione Oggi dei Missionari Saveriani, Nigrizia dei Missionari Comboniani e Mosaico di Pace.

«Se vuoi aprire un conto corrente online, e sul sito non trovi risposte in merito a questi aspetti, prenditi il tempo per chiederle attraverso i canali di assistenza della banca. In qualunque modo lo si faccia, insistere per sapere è un’azione che ha un doppio effetto positivo. Da una parte ci aiuta ad acquisire la consapevolezza di avere un piccolo potere, dall’altra, gesti come questi “educano” il sistema bancario a gestire le relazioni con clienti più attenti e consapevoli».

Trasparenza: il pilastro della finanza partecipata

«Domande come quelle appena elencate rischiano di ricevere risposte deludenti», premette Fasano. «Ma la reazione e l’atteggiamento di chi si ha di fronte è la prima cosa da cui giudicare il soggetto a cui ci stiamo affidando. Se il consulente non sa rispondere sulla policy, se dice cose complicate e non spiega come stanno le cose, o peggio, se dice che le cose sono troppo complicate per essere spiegate, non va nella direzione giusta. La finanza etica è soprattutto finanza partecipata, e premesso che un po’ di impegno e di “studio” serve anche da parte nostra, dall’altra parte dovrebbe esserci massima disponibilità al confronto». Anzi, continua la presidente di Banca Etica, può essere l’occasione per spronare l’interlocutore a una maggiore trasparenza. «Se non sei soddisfatto delle risposte, meglio tornare a casa. Quando arriverà il questionario di gradimento della banca, potrai scrivere senza troppe remore che il funzionario è stato gentilissimo, ma non ha saputo spiegare dove finiscono i tuoi soldi. Non sottovalutiamo il nostro potere: un messaggio del genere costituisce un segnale fortissimo per la banca, gli istituti di credito sono molto sensibili alle opinioni dei clienti».

Informative sui prodotti: un rebus da decifrare

Se abbiamo passato il primo step, e arriva il momento di investire i nostri  risparmi, dovremo capire cosa andremo a finanziare con i prodotti che ci propongono.

«Un tempo, quando acquistavi un prodotto finanziario ti consegnavano un plico di fogli da firmare. Ora c’è un dispositivo mobile dove il funzionario ti segnala direttamente gli spazi dove apporre la firma. Inutile chiedere di leggere gli interi documenti, servirebbero ore e ne capiremmo l’1%. Possiamo però domandargli di mostrarci i passaggi fondamentali», spiega Fasano. La normativa europea sulle informative degli strumenti finanziari prevede che il risparmiatore debba sottoscrivere determinati passaggi,  in cui afferma di essere a conoscenza del prodotto e del mercato in cui si colloca. «Sono questi i punti che bisogna chiedere di evidenziare. E se dall’inizio si è chiesto un prodotto sostenibile, va chiesto al consulente di mostrarci la parte in cui questo è specificato. Questa informazione deve comparire in modo chiaro sul documento, lo prevede la normativa in vigore».

Guadagni: solo sul lungo periodo

Sgomberiamo il campo dagli equivoci. Con i prodotti finanziari etici, si può sì guadagnare, ma non nel breve termine. «Il breve termine non è la prospettiva dell’economia reale, ma è quella della finanza speculativa. Se vuoi mettere via il tuo tesoretto puntando su uno di questi prodotti, devi sapere che il tempo è essenziale. Dovrai guardare al lungo periodo, stai finanziando qualcosa che ha bisogno di tempo per dare i suoi frutti. Chi ti promette rendimenti alti a breve termine, al 99,9% ti sta spingendo a investire in settori a rischio, che difficilmente hanno qualcosa di etico, e ti espongono a grandi perdite», spiega la presidente di banca Etica.

Devoluzioni: non confondiamole con la finanza etica!

Può succedere che un consulente ci presenti un prodotto finanziario, che preveda da parte nostra la devoluzione di una parte dell’interesse a un ente benefico, un ospedale o un’associazione. Occhio: questa non è finanza etica, ma finanza con un aspetto di beneficenza.  «La differenza è che con il tuo investimento non vai ad alimentare un progetto o un’azienda che ha determinati obiettivi o rispetta criteri etici. Stai finanziando qualunque altra cosa, ma devolvendo una parte dei tuoi eventuali guadagni a un altro soggetto», spiega Anna Fasano.

Questa guida è stata realizzata in collaborazione con Banca Etica.


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