Cristina, e quella paura di diventare povera

«Dottoressa ho il terrore di diventare povera, vivo nella paura costante che accada qualcosa di tremendo e di perdere tutto. Ho frequenti mal di testa, dolori al costato, nausee. Guardo i senzatetto e ho paura che farò quella fine». A partire da questa richiesta di aiuto da parte di Cristina, Elena Carbone risale alle origini di quella paura che, in una libera professionista, si traduce nell’accettare ogni tipo di lavoro e nel portarlo avanti in maniera vorace e disorganizzata.

Tempo di lettura: 5 minuti

Elena Carbone
Elena Carbone

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Psicologa e psicoterapeuta esperta in traumi. Con l’account Instagram La psicologa volante fa divulgazione sul rapporto tra psiche e soldi.

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Foto di Josefa Ndiaz

Cristina è una ragazza di 33 anni che lavora come freelance. A differenza di altri pazienti in cui la problematicità dell’aspetto economico emerge come conseguenza di altre problematiche, Cristina arriva in consulto proprio per questo motivo.

«Dottoressa ho il terrore di diventare povera, vivo nella paura costante che accada qualcosa di tremendo e di perdere tutto. Ho frequenti mal di testa, dolori al costato, nausee. Guardo i senzatetto e ho paura che farò quella fine».

Un modo di lavorare vorace e disorganizzato

Cristina ha pensieri ricorrenti sulla povertà e per gestirli accetta tutti i lavori che le propongono senza fare distinzioni di contenuto o di compenso. Questo comportamento la porta a lavorare tutti i giorni fino a tarda notte e a perdere di vista la mission della sua attività e i suoi obiettivi professionali. Inoltre, lavora in modo ossessivo senza organizzare i compiti per priorità arrivando a portare a termine attività di poco conto e procrastinando invece attività indispensabili.

Questa disorganizzazione diventa un circolo vizioso di ansia: tralasciare alcune attività vuol dire reclami da parte dei clienti e di conseguenza nuovi pensieri negativi sulla fine della sua attività con un livello di ansia che diventa sempre più elevato.

«Il punto è che non sono mai stata povera, anzi non ho mai avuto problemi economici… da dove può arrivare questa mia paura insensata?»

La perdita della madre e l’assenza del padre

Cristina è figlia di due avvocati che si sono sempre prodigati nel farla sentire una persona di valore, l’hanno profondamente amata, l’hanno sempre sostenuta, le hanno fatto da guida, sono sempre stati presenti nonostante la professione impegnativa, ma quando aveva 11 anni una tragedia le ha cambiato la vita. La sua mamma è morta per una malattia che l’ha strappata in pochissimo tempo dalla sua famiglia e da quel momento le cose sono totalmente cambiate. Il papà straziato dal dolore, non è riuscito a farsi carico della figlia: dalla comunicazione della malattia al rapido decorso fino al decesso è stato tutto demandato ai parenti di turno che, a volte in modo goffo, a volte in modo brutale, hanno informato Cristina.

Il papà non è più riuscito a risollevarsi dalla perdita della moglie e Cristina si è dovuta gestire la perdita della mamma da sola e l’ingresso nell’adolescenza senza più un adulto di riferimento.

Sono stati anni difficili in cui il papà si è buttato sempre di più nel lavoro e lei è stata completamente ignorata nei suoi bisogni. Ha provato a farsi vedere dal genitore come ogni adolescente sa fare, ma ha trovato solo repressione e scarsa comprensione. Tra i due si è creato un divario enorme e, appena ha potuto, è andata in un’altra città per studiare e allontanarsi da quella casa che era diventata più un santuario di ricordo della mamma defunta, che un luogo di vita per una ragazza che iniziava ad affacciarsi al mondo.

Il tenativo estremo di controllare l’incertezza

A me pare evidente che questa sua paura di diventare povera abbia tanto a che fare con il senso di impotenza che può aver sperimentato per la morte improvvisa della mamma e che questa ossessione per il lavoro altro non sia che un goffo tentativo della mente di controllare l’incontrollabile.

Le emozioni di impotenza, solitudine, pericolo che Cristina ha provato dopo la perdita della mamma sono state emozioni normali, umane, ma non sono state mediate da un adulto. Cristina, quindi, ha dovuto trovare un suo modo per farci i conti ed è diventata molto controllante. Controllando aveva la sensazione di tollerare maggiormente l’incertezza, anzi di trovarvi un senso e di poterla gestire. Fino a quando è andata a scuola o era dipendente in un’azienda il controllo è stato un punto di forza portandola a risultati soddisfacenti e vittoriosi. Quando, invece, ha iniziato a lavorare in proprio le variabili si sono moltiplicate e la sua sensazione di tener tutto sotto controllo è venuta meno, ecco quindi, che sono nati i pensieri ricorrenti sulla povertà e il lavoro svolto in modo ossessivo.

Il lavoro con Cristina è stato un lavoro sui traumi tramite terapia EMDR e un lavoro per ricostruire una base sicura interiore che la portasse a non aver più bisogno di un così forte controllo.

La terapia EMDR per andare alla radice del ricordo

La terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) rielabora il ricordo traumatico togliendo la potenza negativa al ricordo e raggiungendo una rielaborazione più adattiva del ricordo stesso in modo tale che non produca più sintomi psicologici.

Cristina ha imparato attraverso la psicoterapia con EMDR ad accettare l’incertezza della vita, a trascurare le norme rigide che si era autoimposta per sopravvivere, a godersi il presente e si è, finalmente, liberata di un passato ancora troppo pesante e ingombrante.

Il suo desiderio di evitare una morte prematura alla madre e di lenire l’anima ferita del padre l’ha portata ad attuare un controllo rigoroso per rimanere in vita, per rimanere integra. Grazie alla psicoterapia Cristina è riuscita a piangere per la propria perdita, ad accettare l’ineluttabile e a consentirsi di avviare il processo del lutto rimasto bloccato per anni.

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