Di fronte alla bolletta che sale, pensa al “margine”

Proviamo tutti ostilità verso i piccoli gesti finalizzati a risolvere problemi grandi. Ma gli interventi marginali possono essere efficaci.

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Luciano Canova
Luciano Canova

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Economista e divulgatore scientifico, insegna Economia Comportamentale presso la Scuola Enrico Mattei.

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Foto di Dominik Kuhn

Winter is coming! E chi lo avrebbe detto che lo slogan che riassumeva l’attesa di tutti, pochi anni fa, per l’ennesima stagione di Game of Thrones, si sarebbe presto materializzato nelle nostre case come il timore per l’arrivo della prossima bolletta?

Il breve intervento di oggi non è una spiegazione dei meccanismi di funzionamento dei mercati dell’energia o del perché il prezzo del gas sia salito alle stelle. Per quello ci sono svariate testate in grado di soddisfare la curiosità del lettore indipendentemente dal suo background e dalle sue competenze (segnalo l’autorevole rivista Energia). Visto che, tuttavia, l’inverno sta arrivando, lo spunto di riflessione riguarda un’altra trappola mentale che non ci aiuta a prendere decisioni razionali quando è il caso.

Gli economisti lo chiamerebbero: pensare al margine.

Che cos’è il beneficio o costo marginale?

Tecnicamente, è il vantaggio (beneficio) o lo svantaggio (costo) che deriva dal consumare o produrre l’ultima unità di un dato bene (l’ultima molecola di gas per il riscaldamento, per esempio).

Per un economista il margine, cosa succede cioè ai confini della produzione per restare in metaforaTrono di spade, è fondamentale.

Perché è proprio su quel crinale che l’analisi del processo decisionale può dirci qualcosa di prezioso.

Il preambolo vagamente tecnico che abbandono subito lascia spazio alla trappola mentale di cui sopra: Sapiens tende a trascurare ciò che avviene al margine, per concentrarsi su valori assoluti o quantità che vengono immediatamente digerite dalla nostra comprensione, come la media aritmetica. E dunque a sottovalutare spesso il ruolo di un intervento che ottiene per l’appunto risultati marginali.

Quali sono gli interventi marginali?

Da mesi, praticamente subito dopo l’inizio della crisi ucraina con l’invasione russa, l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha diramato brevi vademecum con consigli sia per ridurre il consumo di petrolio sia la dipendenza da quello di gas. E lo stesso ha fatto l’Enea, come raccontavamo qui. Alcuni di questi consigli sono, per l’appunto, interventi marginali:

  • Ridurre di un grado la temperatura del termostato (a livello europeo si stima di poter risparmiare con solo questa misura 10 mld di metri cubi di gas).
  • Incentivare dove possibile il ricorso al lavoro da casa (smartworking, working from home, lavoro agile, chiamatelo come vi pare) per ridurre il consumo di carburante e di energia in ufficio.
  • Incentivare l’uso del trasporto pubblico e della micro-mobilità (spostamenti a piedi o in bicicletta).
  • Stimolare car sharing o car pooling tra colleghi.
  • Ridurre i limiti di velocità in autostrada.
  • Limitare i viaggi di lavoro al minimo indispensabile e prediligere il treno all’aereo.

Tutti questi sono interventi “piccoli” o, per l’appunto, marginali.

E tutti questi si scontrano con l’ostilità pre-confezionata del Night Watch che dice: “ma il problema è troppo grande per affrontarlo con piccoli gesti”.

Se vogliamo cogliere l’opportunità di un cambiamento verso un modo più sostenibile di generare e utilizzare energia, non possiamo farlo da soli o sperando nell’intervento miracoloso di un deus ex machina: tocca muoverci insieme, coordinarci, cooperare.

In fin dei conti è quanto è già successo con Covid quando abbiamo finito di parlare di trasformazione digitale e cominciato a utilizzare l’espressione “accelerazione”. Ci siamo dentro, cerchiamo per come possiamo di danzare insieme.

Qual sarebbe, invece, un intervento più focalizzato?

Qui tornano utili i concetti (differenti) di energy conservation e energy efficiency.

L’efficienza energetica (energy efficiency) è un concetto più previdente e lungimirante e, dunque, interventi di efficientamento richiedono chiaramente più tempo per essere messi in piedi: installare pannelli solari sul tetto di casa per produrre energia pulita e contenere i costi, acquistare elettrodomestici o appartamenti con classi di efficienza energetica più elevata; utilizzare mezzi di trasporto più sostenibili a partire dalle auto ibride o a motore elettrico.

Per anni si è parlato di un futuro lontano come la minaccia degli Estranei alle porte del Nord che non dimentica. Ecco, ora è il momento di vivere il cambiamento. Fuori dalle sigle più o meno astruse A4, A3, A2, A1 (e giù con l’alfabeto), investire in efficienza significa ridurre a monte il problema dei costi dell’approvvigionamento energetico e, banalmente, chiudere il rubinetto che porta le nostre bollette a esplodere.

Per chi, invece, questi investimenti non li avesse fatti completamente proprio perché costano e, tuttavia, si trovasse ai nastri di partenza dell’autunno con la minaccia incombente dello “tsunami”, della “tempesta globale”, del “redde rationem” (ndr: la situazione è seria e lo è da diversi mesi ma la drammatizzazione delle parole, lo penso da sempre, non aiuta ad affrontare razionalmente un problema), è legittimo pensare, per una volta, al margine.

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