Dipendenza economica, «condividiamo tutto… tranne le finanze».
Laura ha 55 anni, è madre di due figli adulti e vive da vent’anni con Mario, imprenditore. Nonostante la lunga relazione e una vita quotidiana condivisa, Laura si scontra con un muro di silenzio quando si parla di denaro. Non conosce le finanze del compagno, non sa quanto guadagni né se abbia risparmi o assicurazioni. Generoso nelle spese quotidiane, Mario contribuisce a uno stile di vita che Laura da sola non potrebbe permettersi, ma l’assenza di trasparenza finanziaria lascia aperti interrogativi profondi sull’equilibrio di potere che il denaro impone.
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di Elena Carbone
Psicologa e psicoterapeuta esperta in traumi. Con l’account Instagram La psicologa volante fa divulgazione sul rapporto tra psiche e soldi.

La dipendenza economica è una forma di squilibrio relazionale che si manifesta quando una persona fa affidamento quasi totale sul reddito o sulle risorse finanziarie dell’altra. Spesso invisibile e normalizzata, può limitare la libertà di scelta, ridurre l’autonomia e influenzare profondamente il modo in cui si vive e si prendono decisioni, anche in ambito affettivo. Non riguarda solo chi non ha un reddito proprio, ma anche chi, pur lavorando, non ha accesso diretto o paritario alle risorse economiche condivise o vive una relazione in cui il partner esercita un potere attraverso il controllo del denaro. Riconoscerla è il primo passo per uscirne.
«Siamo insieme da vent’anni, ma lui non vuole comprare casa con me. Non so quanto guadagna, se ha dei risparmi, se ha un’assicurazione o qualsiasi cosa che riguardi le sue finanze».
Laura ha 55 anni, è un’infermiera e da vent’anni convive con Mario, un imprenditore. Ha due figli, Jonathan di 26 anni e Lukas di 28, avuti da un matrimonio precedente, e vorrebbe comprare una casa con Mario, che nonostante si reputi il suo compagno, non ha nessuna intenzione di farlo.
«Lui mi dice di comprarla e poi mi darà una mano come ha fatto con l’Università dei miei figli, è molto generoso, ma non capisco perché non voglia comprarla con me. Grazie a lui vivo al di sopra delle mie possibilità: viaggi, vestiti, cene… sono tutte cose che lui vuol fare e che a me vanno benissimo però sono cose che non potrei mai fare da sola…».
L’incapacità di investire insieme
La confusione che prova Laura è dettata dal fatto che sembra che Mario sia sempre con un piede fuori dalla porta: l’aiuta con i ragazzi che lo chiamano papà, ma non vuole investire con Laura per un futuro insieme. Ha aiutato a pagare gli studi di Jonathan e di Lukas, ma ha già detto che non li aiuterà ad acquistare casa. Sogna un nipotino, ma gli sembra un passo troppo azzardato comprare casa con la sua compagna. Mi sembra evidente che Mario abbia paura di “perdere” la propria indipendenza o di essere vincolato in modo irrevocabile. Sebbene la relazione sia lunga e stabile, sembra che voglia mantenere una distanza emotiva che pratica anche attraverso il controllo delle proprie finanze.
Infatti, Laura lo definisce generoso, ma in questo modo lui mantiene una posizione di potere attraverso il denaro. Il fatto che decida cosa è finanziato e cosa no, che investa in ciò che considera importante – come l’educazione dei ragazzi – ma non in altro – la casa -, gli consente di mantenere una sorta di controllo sulla direzione della relazione, senza esporsi a rischi che lui probabilmente reputa eccessivi. Anche comprare una casa insieme sembra sia per lui un passo emotivamente e finanziariamente “rischioso”. Evitando questo passo, Mario potrebbe cercare di proteggersi dal rischio di un fallimento, da un legame troppo stretto che potrebbe far emergere una paura di dipendenza o di perdita di controllo.
Un passo indietro
Dopo aver cercato di fare ordine nella storia di coppia, cerco di capire con Laura cosa l’ha motivata a stare in questa situazione per vent’anni…
Laura mi racconta che dopo la fine del suo matrimonio precedente, che l’ha lasciata senza nessun aiuto economico e con due figli da crescere, ha trovato in Mario un supporto emotivo e finanziario che l’ha fatta sentire protetta. La sua generosità nell’aiutarla a crescere i figli e nel farle vivere una vita che da sola non avrebbe potuto permettersi, ha creato dipendenza affettiva. Anche se Laura è una donna indipendente e capace, il bisogno di stabilità ha offuscato il suo desiderio di equità nella relazione, rendendola di fatto dipendente.
«Non ci avevo mai pensato. Mi sono sempre sentita forte e autonoma, perché di fatto non ho mai chiesto nulla, però confermo che a volte non mi sento una compagna, ma una a cui lui dà aiuto. Ora che ci penso, mi metto in una posizione di indigenza anche se potrei benissimo fare da sola, facendo però cose normali, non i viaggi che vuole fare lui».
Quando le chiedo cosa avviene, quando discutono della casa, evinco che Laura si lamenta, ma non discute, non chiede, non domanda. Laura è una persona che preferisce evitare i conflitti o le conversazioni scomode. Anche se riconosce che Mario mantiene un certo controllo economico sulla relazione, non riesce ad affrontare il problema con lui direttamente. Ha paura di mettere a rischio l’equilibrio che ha trovato nella coppia e teme di essere lasciata quindi preferisce convivere con il dubbio e la frustrazione piuttosto che rischiare di perdere ciò che ha costruito.
La dipendenza economica
«Sono vent’anni che stiamo insieme, non ce la farei senza di lui. Lo amo tantissimo e tutto ciò che ho lo devo a lui. I miei figli sono grandi, tra poco andranno fuori di casa ed io non voglio rimanere sola».
Laura ha una carriera come infermiera, un lavoro impegnativo e ben retribuito, ma sembra che, in qualche modo, abbia interiorizzato l’idea che il suo contributo alla relazione non sia sufficiente senza l’apporto economico di Mario. Il fatto che viva al di sopra delle sue possibilità grazie a lui ha alimentato in lei un senso di inferiorità, come se la sua indipendenza economica fosse minore e meno importante rispetto al contributo di Mario. Questa dinamica crea un grande squilibrio di potere nella relazione, in cui Laura si sente grata, ma allo stesso tempo insicura del proprio valore sia come persona che come componente della coppia.
Nel nostro percorso di psicoterapia iniziamo a lavorare sulla consapevolezza del suo valore indipendentemente dalla sua relazione, esploriamo il modo in cui la sua autostima è legata alla percezione del riconoscimento esterno, considerando quanto valore abbia il suo ruolo di infermiera, di madre e di donna, separato dal sostegno di Mario.
La cura: riconoscere il proprio valore
Grazie all’aiuto di una consulente finanziaria Laura impara a fare la revisione delle sue entrate, delle spese e delle sue capacità di sostentarsi senza Mario e deduce quanto il suo aiuto sia più idealizzato che reale; infatti, ha tutte le possibilità per farcela da sola, è solo una questione di scelta basata su convinzioni limitanti e non una reale necessità. Una parte fondamentale del lavoro terapeutico si è concentrato sulla paura che Laura ha di essere abbandonata. Abbiamo compreso le radici di questa paura, esplorando la sua storia passata, inclusa la fine del matrimonio precedente e abbiamo elaborato i traumi connessi a questi eventi. Ha capito che il senso di stabilità non deve necessariamente essere legato alla dipendenza emotiva o finanziaria da un partner, ma che può lavorare per sviluppare un senso di sicurezza che proviene da dentro, piuttosto che dall’esterno.
Il lavoro di Laura non è terminato, ma è molto più consapevole di prima e ha spostato con successo l’attenzione dalle motivazioni di Mario alle sue, prendendo in mano la sua vita.