È giusto lasciare la mancia a chi svolge il proprio lavoro?
È la domanda che ci poniamo in tanti davanti al conto del ristorante. Ogni Paese ha la sua cultura in merito. Ma, guidati da un’antropologa, abbiamo scoperto che non esiste un unico tipo di mancia, bensì almeno cinque. E ciascuno di noi può scegliere quale ha senso pagare.
Tempo di lettura: 7 minuti
di Annie Francisca
Autrice specializzata sui temi di sostenibilità, esteri e diseguaglianze sociali.
Lasciare o no la mancia a chi ti sta servendo? Ne Le Iene, film cult di Quentin Tarantino, nel momento in cui arriva il conto da pagare e a tutti i commensali viene chiesto di elargire 1$ a testa come mancia per la cameriera, Mr. Pink si rifiuta, non accettando lo schema morale impostogli dalla società. Perché mai si dovrebbe lasciare una mancia per il semplice motivo per cui lo fanno tutti?, chiede. E soprattutto, perché dovrei lasciare la mancia a qualcuno che sta semplicemente svolgendo il proprio lavoro?
Queste domande di Mr. Pink sono in molti a farsele in Italia. Secondo una classifica del 2023 di Yahoo Finance, l’Italia compare al decimo posto dei paesi dove è usanza lasciare la mancia, e non essendo obbligatoria, si configura come una pratica profondamente etica e morale che dipende dalla generosità del singolo. Allo stesso tempo però, è una transazione economica a tutti gli effetti. «La mancia ci mette di fronte a quella che viene considerata una dicotomia, ma che in realtà non lo è, perché la parte relazionale e quella economica sono profondamente legate, in quanto senza le relazioni il denaro non esisterebbe. Analizzare questo gesto ci permette di capire che il denaro non è solamente quell’oggetto impersonale della società capitalista, completamente alienato e razionale. Bensì è qualcosa che integra in sé dinamiche sentimentali e sociali che vanno oltre gli interessi del mercato», spiega Camilla Carabini, antropologa dottoranda all’Università Bicocca di Milano.
Paese che vai… mancia che trovi
Cominciamo dal nome. Secondo alcune teorie, mancia proviene dal francese manche, cioè manica, per un’usanza diffusa molti secoli fa. Nei tempi in cui la servitù non riceveva uno stipendio ma solo vitto e alloggio, le maniche erano la prima parte del vestito a rovinarsi, e perciò il padrone elargiva una sorta di “mancia” per sostituirle. Oggi le tips, da cui deriva il tipping sistem rappresentano una parte integrante dell’economia dei paesi anglosassoni, e in molti casi, vanno a costituire gran parte dei guadagni di certe categorie di lavoratori. Negli States infatti, le entrate fisse di alcune categorie sono talmente basse da aver toccato picchi negativi di 2,13$ l’ora per i camerieri – la media italiana è di 10,70€. Inoltre, in America il datore di lavoro non è nemmeno tenuto a pagare per intero il salario minimo dei propri impiegati, a patto che questi percepiscano mance dai clienti. Un sistema che, da tempo, è stato criticato da più parti. In Italia, invece, secondo il principio di onnicomprensività del reddito da lavoro indipendente, le mance fanno parte a tutti gli effetti del reddito, e in quanto tale sono soggette a tassazione. Eppure, non risultano nello scontrino e, come fa notare Gambero Rosso, non si è mai sentito di qualcuno che inserisse nella dichiarazione dei redditi le mance ricevute. Finora, questo non ha mai dato fastidio a nessuno: i dipendenti si dividevano i contanti ricevuti e ritornavano a casa con qualche soldo in più. La novità introdotta dalla Legge di Bilancio del 2023, però, impone che le mance siano sottoposte a un regime specifico nel caso di esercizi ricettivi e di somministrazione di alimenti, e perciò soggette a un’imposta sostitutiva dell’IRPEF nella misura ridotta del 5%. Per farla breve: il cliente dovrebbe versare la mancia al datore di lavoro, che versa il 5% allo stato e il resto lo lascia al lavoratore. Ma nella logica della mancia, cosa c’entra il datore di lavoro? Come scrive Janique Weder in un articolo su Internazione,
“la mancia è un rapporto tra cameriere e cliente all’’interno del quale il datore di lavoro non dovrebbe interferire, perché le mance non contribuiscono al fatturato. Le mance compensano gli orari di lavoro irregolari, lo stipendio base piuttosto basso, la fatica fisica e talvolta il comportamento sgarbato dei clienti. Nel momento in cui le mance vengono dichiarate, le imprese devono affrontare costi aggiuntivi in forma di ritenute salariali, mentre i dipendenti guadagnano meno”.
Quel pop-up di troppo
In uno studio etnografico, l’antropologo Daniel Suarez ha intervistato clienti e camerieri canadesi e ha individuato cinque tipologie di mance, che in questo articolo ci permetteranno di fare un po’ il punto della situazione su ciò che ruota attorno a questo gesto complesso.
- La mancia per il servizio
Ossia la mancia che si lascia per garantire un buon servizio e scoraggiare una prestazione scadente. «Questa è la più paradossale, perché la mancia non è retroattiva, e se io volessi fare un discorso da homo oeconomicus allora dovrei lasciarla prima, per dare un incentivo al cameriere a comportarsi bene – spiega l’antropologa Carabini – Questa tipologia di mancia però è interessante perché ci fa capire quanto diverse siano le nostre percezioni rispetto ad altre culture: in Giappone, per esempio, lasciare una regalia, un dono extra per qualcosa che è nel mio dovere fare, è inconcepibile e rappresenta un’offesa. I giapponesi hanno un’etica del lavoro così insita nelle loro tradizioni che l’idea di dare un buon servizio è intrinseca a ciò che stanno facendo». E qui ritorniamo al dilemma di Mr. Pink: è giusto lasciare la mancia a qualcuno che sta svolgendo semplicemente il proprio lavoro?
- La mancia per le aspettative sociali
La mancia deriva da norme sociali molto antiche, perciò esistono anche delle aspettative che ruotano intorno ad essa, soprattutto da parte di chi la riceve. Riprendiamo il caso Usa, dove la mancia è obbligatoria e non è mai inferiore al 15/20% del conto. In un articolo di The Guardian, il giornalista Jon Henley, durante un viaggio in America, racconta di essersi trovato più volte in situazioni di profondo disagio. Una mattina ha preso un caffè d’asporto nel suo albergo a Las Vegas e poco dopo averlo pagato la cameriera che glielo ha servito ha girato il dispositivo di pagamento del punto vendita per fargli lasciare la mancia. Quella minima visualizzata era del 20%, oppure c’era l’opzione “no tip”. Cosa credete che abbia fatto? Ha lasciato una mancia del 20% sul suo caffè d’asporto. Henley parla di “ribaltamento del senso di colpa”: la situazione si è intensificata durante la pandemia, quando volevamo congratularci con noi stessi per aver sostenuto quegli operatori dei servizi nello svolgimento del loro lavoro in tempi così terribili. Ma da quel momento, la pratica si è intensificata e che si tratti di un cameriere, un tassista o un parrucchiere, è inevitabile: in America la mancia bisogna lasciarla. L’anno scorso, una cameriera di New York ha pubblicato un post sui social in cui scriveva che gli europei avrebbero dovuto smettere di viaggiare fino a che non avrebbero imparato a comportarsi bene. Questo dopo che un gruppo di amici aveva lasciato una mancia del 10% su un conto di 700 dollari, e non del 20%. Dunque, le aspettative ci sono, e sono pure alte.
- La mancia per simpatia
«Si può tradurre più come empatia, e fa riferimento a quel tipo di mance elargite a causa della compassione che scaturisce dalle condizioni di lavoro difficili di chi presta un determinato servizio, – spiega l’antropologa – e si ritorna al discorso iniziale del nesso tra la dinamica economica e la relazione sociale e sentimentale che si crea, dove la mancia prende le sembianze di un dono. Possiamo far rientrare in questo caso la mancia che si lascia al ristorante di fiducia, dove si torna spesso o per ricorrenze particolari: cosí la mancia crea una relazione duratura nel tempo».
- La mancia per ostentazione di status
E cioè la mancia per dimostrare la propria posizione sociale e impressionare gli altri con la propria ricchezza. «Questo mi ha fatto pensare a ciò che gli antropologi chiamano il dono competitivo. Pensiamo al Potlach, che è una cerimonia rituale tipica delle popolazioni native americane del Nord America e del Canada, dove gli uomini gareggiavano a chi bruciava nel fuoco la maggior parte delle ricchezze che possedeva. E più ne bruciavano, più guadagnavano status e rispetto da parte della comunità», spiega Carabini. Nell’ottica della mancia, dunque, è un modo per far vedere che chi la lascia è in una posizione privilegiata rispetto a chi la riceve.
- La mancia per corruzione
La mancia che si lascia per ottenere una preferenza specifica, che sia un tavolo migliore, un piatto fuori menù o per assicurarsi un trattamento speciale. «È la mancia relazionale per eccellenza, perché a quel punto si lascia una mancia cospicua volta a creare una relazione duratura nel tempo nell’ottica dell’economia del dono, dove io oggi lascio qualcosa a te, sapendo che nel tempo tu me lo restituirai in altre forme – conclude Carabini – È interessante come nell’etnografia di Suarez nessuno degli intervistati abbia ammesso di usare la mancia in questo modo e la maggior parte ha affermato di essere riluttante a farlo in futuro, ritenendo che specificare troppo esplicitamente cosa ci si aspetta in cambio di una mancia comprometta il carattere volontario e la spontaneità dell’atto».
Dunque, come abbiamo visto, la mancia trae le sue origini da tradizioni molto antiche e viene regolata da complesse economie che vanno ben oltre quelle del mercato.