Farmaci: i consigli per risparmiare in farmacia

Sapevi che nel 2023 gli italiani hanno speso più di un miliardo di euro in farmacia, per acquistare medicinali che avrebbero avuto completamente gratis o al solo costo del ticket? E sai qual è la ragione? Non conosciamo abbastanza o non ci fidiamo dei farmaci equivalenti. Secondo una ricerca Swg solo il 49% degli italiani ritiene con certezza che siano sovrapponibili a quelli “di marca”, e anche i medici, in un caso su cinque, preferiscono prescrivere i griffati. Ci siamo fatti spiegare cos’è un equivalente e cosa dobbiamo sapere quando andiamo dal medico o in farmacia.

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Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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Nel 2023 gli italiani hanno speso più di un miliardo di euro in farmacia, per acquistare medicinali che avrebbero avuto completamente gratis o al costo del ticket (per ricetta o confezione). La ragione? Hanno comprato prodotti “di marca” preferendoli agli equivalenti. Come ormai la maggior parte di noi sa, gli equivalenti sono “copie” di farmaci già in commercio, hanno lo stesso principio attivo, la stessa forma farmaceutica, e lo stesso dosaggio e via di somministrazione dei loro medicinali di riferimento, ma possono costare anche il 50% in meno. Per intenderci, si stima che grazie all’uso di farmaci equivalenti in classe A il Servizio sanitario nazionale abbia risparmiato dal 2012 al 2023 più di 6,2 miliardi euro. Se ogni famiglia scegliesse solo equivalenti, laddove presenti, potrebbe tagliare i costi anche di qualche centinaio di euro all’anno, come dimostrano le simulazioni inserite in questo articolo. Scopriamo allora perché e come utilizzarli.

Perché i farmaci equivalenti costano meno 

Gli equivalenti devono avere per legge un prezzo inferiore di almeno il 20% rispetto al farmaco di riferimento, ma spesso la percentuale è intorno al 30%, e in alcuni casi può superare persino il 50%. Succede perché, una volta scaduto il brevetto di proprietà dell’azienda che per prima ha lanciato il prodotto, questa perde l’esclusiva della produzione, e altre possono produrre e vendere farmaci con la stessa composizione del farmaco originatore di riferimento, senza dover ripetere gli studi clinici. I minori costi complessivi, uniti agli effetti della concorrenza, spiegano il perché molti equivalenti abbiano un prezzo pari anche alla metà. 

Equivalenti o generici? Un problema di diffidenza

In realtà i due termini non differiscono: la parola generico è la traduzione di “generic name”, espressione inglese con cui vengono contraddistinti questi farmaci. «Con il tempo le istituzioni hanno notato che generico non esprimeva a pieno il concetto di equivalenza terapeutica che sta alla base dei farmaci equivalenti e anzi poteva conferire un’accezione negativa. Da qui la decisione di sostituire ufficialmente la parola», spiega Michele Uda, direttore generale di Egualia, l’associazione che rappresenta le industrie italiane produttrici di equivalenti. Uda aggiunge: «Purtroppo, in Italia ci sono ancora diverse resistenze su questi prodotti. In Paesi come Inghilterra, Germania o Stati Uniti, l’80% dei pazienti usa solo farmaci equivalenti. Qui in Italia, in particolare da Roma in giù, i tassi di utilizzo sono di circa 4-5 volte inferiori alla media europea». Nel 2023, nel canale delle farmacie aperte al pubblico, gli equivalenti hanno rappresentato il 22,7% delle confezioni vendute. La maggior parte di questi era in fascia A, la categoria di quelli dispensati dal Servizio sanitario nazionale, mentre le quote di mercato per la fascia C e l’automedicazione restano rasoterra. «Una ricerca Swg commissionata da Egualia lo scorso aprile mostra che quasi il 30% degli intervistati continua ad avere dubbi sul fatto che gli equivalenti abbiano la stessa efficacia degli originatori», aggiunge il manager.

Cosa cambia tra farmaco equivalente e originatore

La differenza di prezzo tra i diversi prodotti non ha nulla a che vedere con la qualità delle materie prime o l’efficacia del farmaco, spiega Michele Uda: «Gli equivalenti non differiscono sotto il profilo chimico, né quello dell’efficacia, della sicurezza e della qualità. Ogni prodotto, prima di essere immesso sul mercato deve superare uno studio cosiddetto di bioequivalenza, uno studio clinico, cioè, effettuato su volontari nel quale vengono messi a confronto gli effetti terapeutici di due medicinali contenenti la stessa formulazione. In questi studi si verifica se i medicinali, dal momento in cui vengono assunti dal paziente, e fino a quando non vengono escreti, assumono lo stesso comportamento, o se questo comportamento è sovrapponibile a quello del farmaco di cui sono “copia”. In altre parole ci si accerta che vengano assorbiti nello stesso modo, nello stesso intervallo di tempo, che abbiano gli stessi effetti, ecc». 

Fascia A, perché i farmaci “generici” non si pagano e cosa chiedere al medico

Soffermiamoci adesso sui medicinali di fascia A, quelli, cioè, che vengono rimborsati dal Servizio sanitario nazionale, e per i quali è previsto al massimo il pagamento di un ticket. Per questa categoria la normativa in vigore tende a favorire l’utilizzo degli equivalenti. «Il medico è tenuto indicare nella ricetta (la cosiddetta rossa, ndr.), il solo nome del principio attivo del farmaco. Inoltre, il Servizio sanitario nazionale rimborsa al cittadino solo il prezzo del farmaco più basso in commercio, tra quelli a base dello stesso principio attivo» spiega Uda. In altre parole, se ho bisogno di un determinato antibiotico, posso scegliere se prendere l’equivalente “a costo zero”, o quello griffato pagando la differenza. La scelta, però, non dipende solo da me. «Se lo ritiene opportuno, il medico prescrittore può indicare accanto al nome del principio attivo quello del farmaco di marca, o addirittura solo quello di marca, utilizzando la clausola di non sostituibilità, fenomeno che è sempre più raro. Ed è qui il nodo, perché dall’indagine Swg è emerso che il 20% del campione dichiara di trovare in ricetta la sola indicazione del farmaco griffato, mentre il 36% trova sia quella del principio attivo, sia il nome del prodotto di marca». Che fare allora? «Bisogna ricordare che è sempre facoltà del paziente chiedere al momento della prescrizione se esistono equivalenti di quella specialità indicata, a maggior ragione per chi assume più medicinali durante il giorno o deve prenderli per tutto il resto della sua vita. Anche i medici dovrebbero dedicare più tempo per spiegare questi concetti».

Cosa fare in farmacia

Anche in farmacia, spiega il direttore di Egualia, anche a fronte di una prescrizione che indica il nome della specialità di marca, il farmacista dovrebbe informare il paziente dell’esistenza dell’equivalente corrispondente, e, in ogni caso, è sempre possibile per il cittadino chiederlo. «Purtroppo, anche quando si viene dimessi dopo un ricovero in ospedale, ci risulta che in tantissimi casi i pazienti escano con una lista che indica spesso solo farmaci di marca. Anche in questo caso, per tagliare i costi, a parità di efficacia, è bene informarsi dal medico o in farmacia».

Come trovare un farmaco equivalente

Non è casuale che tra le domande più frequenti su Google in tema di equivalenti, emergano quesiti come “Come si chiama il generico di Fluimucil”, oppure “Come si chiama il generico del Lexotan”, o di altri medicinali molto noti. In realtà, sapere se di una specialità esiste il corrispondente equivalente è abbastanza semplice, grazie alle liste di trasparenza dell’Agenzia italiana del farmaco e delle banche dati pubbliche e private che sono online. Una di queste è quella di Federfarma dove, digitando il nome del principio attivo prescritto compare l’elenco di tutti i prodotti che lo contengono, con tutte le informazioni necessarie, dalla formulazione al prezzo. Ancor più immediata e di facile consultazione è la App ioequivalgo, nata da un progetto tra Egualia e l’associazione di consumatori Cittadinanzattiva. In questo caso è sufficiente digitare anche solo il nome del farmaco originario, per risalire all’elenco degli equivalenti.

Quanto si risparmia, il simulatore online

Già, ma quanto si risparmia comprando solo medicinali equivalenti che siano in Fascia A, fascia C o automedicazione? Non esistono stime in proposito, anche perché la situazione varia da persona a persona, in base alle condizioni di salute, ma su questo può venirci in aiuto il sito equivalente.it, dove si trova un simulatore che consente di misurare l’impatto economico sulla famiglia, a seconda delle patologie o dei disturbi di cui soffrono i componenti. Per esempio, una coppia di anziani in cui lui ha problemi di diabete e colesterolo alto, mentre lei soffre di ipertensione e osteoporosi, arriva a risparmiare più di 324 euro all’anno. In una ipotetica famiglia di quattro persone, in cui la madre soffre di reflusso, e uno dei due figli è affetto da asma e allergie, il risparmio rispetto alla scelta dei soli griffati è di circa 160 euro all’anno.

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