Finanziare un’idea, parte 3: il microcredito

Mai sentito parlare di microcredito per startup? Se ti suona “originale” non sei il solo, perché  fino a ieri eravamo abituati ad associare questo termine ai Paesi in via di sviluppo. È stato in Bangladesh, alla fine degli anni ’70, che Muhammad Yulnus ha avuto l’intuizione di creare un sistema di microprestiti per i contadini, troppo poveri per avere credito presso le banche tradizionali.

Tempo di lettura: 6 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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L’idea, che è valsa al banchiere Muhammad Yulnus il Nobel per la Pace nel 2006, è stata esportata in tutto il mondo, Italia compresa, e oggi anche nel Belpaese il microcredito guarda alle piccole nuove imprese che hanno difficoltà di accesso al credito. È quindi una possibilità in più per tutti coloro che avviano un’impresa e cercano risorse per la propria idea. Ne parliamo qui, nella terza puntata della nostra guida sui finanziamenti e neoimprese. Ecco le puntate precedenti: i contributi a fondo perduto e il colloquio con il finanziatore.

Che differenza c’è con il prestito bancario?

Chiunque abbia solo provato a chiedere un mutuo lo sa. Quando ti rivolgi alla banca per ottenere un prestito, devi dare solide garanzie di rimborso. A chi compra un appartamento è sufficiente il più delle volte un reddito stabile e un’ipoteca sull’immobile, ma con le imprese è più complicato. Specie se l’attività deve ancora partire, non sempre i neoimprenditori sono in grado di fornire agli istituti le garanzie e le assicurazioni necessarie.

È qui che entra in gioco il microcredito, che poi non è altro che un piccolo prestito a garanzia statale, con qualcosa in più. Lo strumento è stato regolamentato in Italia nel 2010, e oggi passa attraverso alcune banche e altri soggetti finanziari iscritti in un’apposita lista di Banca d’Italia. Chi si rivolge a loro per i microprestiti ha decisamente più chance di avere l’ok, perché lo Stato garantisce per lui per l’80% della somma prestata, attraverso il Fondo di garanzia per le Piccole e medie imprese.

Come funziona?

Il microcredito è un finanziamento a tutti gli effetti, dunque andrà restituito fino all’ultimo centesimo. Parliamo di piccoli importi: il prestito può arrivare a un massimo di 40.000 euro (50.000 in alcune condizioni), da restituire in 5-7 anni.

Non ci sono vincoli di destinazione: le somme possono essere utilizzate per l’acquisto di beni o servizi, per pagare le spese, per merci o retribuzioni, per sostenere corsi di formazione eccetera.

La richiesta è gratuita e chi eroga non può richiedere al neoimprenditore garanzie, se non per il 20% dell’importo che non risulta coperto appunto da garanzia statale.

Chi può accedere al microcredito?

Può richiederlo chi ha un’attività già costituita ma anche chi deve ancora sviluppare un’idea: piccole e medie imprese e ditte individuali di qualsiasi settore, con qualche paletto. Le imprese e le società, per esempio, devono avere dimensioni limitate e non più di 5 anni di vita. Il volume d’affari non deve superare i 200mila euro, l’attivo patrimoniale i 300mila, l’indebitamento i 100mila, e non devono esserci più di 5 dipendenti, 10 se si tratta di cooperative o società.

«Anche sulle formule societarie ci sono limitazioni, per esempio sono escluse le Srl, mentre rientrano i lavoratori autonomi, società di persone e di professionisti, e cooperative, di qualsiasi natura, senza eccezioni. Si va dal piccolo commerciante allo startupper all’artigiano», spiega Emilio Quattrocchi, amministratore delegato della Cassa del Microcredito in Confesercenti, tra gli operatori autorizzati a erogare microprestiti. Qui trovi una sintesi con l’elenco dei requisiti richiesti e i dettagli su come si svolge la procedura.

«A differenza di un prestito tradizionale, il microcredito si rivolge esplicitamente a chi non avrebbe i mezzi per ottenere un prestito da una banca, ma anche a chi non sa da dove cominciare e non riesce a trovare gli interlocutori necessari. È la formula pensata per i piccoli, gli autonomi e le microimprese».

Come fare per ottenerlo?

Il primo passo per capire se si può accedere allo strumento, è contattare uno sportello per il microcredito. I punti di accesso informativi sono in tutta Italia, presso i Comuni, centri per l’impiego, Camere di commercio, università, comunità montane, Province, Regioni ed enti privati: qui la mappa.

Chi decide di presentare la richiesta può scegliere tra una banca e un ente erogatore, e viene subito affiancato da un tutor convenzionato che lo assiste gratuitamente nella stesura del progetto e nella pratica. Il passo successivo è la presentazione della richiesta con la documentazione necessaria.

«Una volta inoltrata la pratica, in 15-20 giorni, se tutto è in regola è già possibile erogare il prestito. Sono tempi rapidi rispetto al finanziamento tradizionale, che può richiedere anche un mese e mezzo. Questo rende il microcredito anche una possibile soluzione integrativa per chi per esempio accede a un bando pubblico, in attesa che arrivino le somme», spiega l’ad.

Qui trovi spiegati bene i passi da fare, step by step.

In cosa consiste la figura del tutor?

«La vera novità del microcredito è la presenza di un tutor», sottolinea Quattrocchi. «Per chi chiede il finanziamento è obbligatorio essere affiancati da un professionista che ha competenze tali da poter valutare la praticabilità del progetto e il suo percorso. Questa figura non solo accompagna l’imprenditore nella redazione del progetto e del business plan, ma resta un punto di riferimento per tutta la durata dell’ammortamento. Periodicamente chiama l’impresa per verificare se il percorso che sta seguendo è ancora in linea con quanto progettato».

Il microcredito diventa quindi una sorta di credito “assistito”, dove c’è un consulente che segue l’operazione (in questo articolo si spiega chi è e cosa fa). Una garanzia per chi eroga, ma anche per lo startupper, che ha a disposizione qualcuno che lo supporta nella fase iniziale per definire le strategie, e poi per risolvere eventuali problemi finanziari, amministrativi o di altro tipo.

Si pagano interessi?

L’operazione, va detto, non è a costo zero. I prestiti concessi con il microcredito hanno tassi più o meno in linea con quelli del mercato. In Confesercenti, per esempio, il tasso globale di un prestito di microcredito (parliamo di Taeg, che include tutti i costi del finanziamento) si aggira in media intorno al 6-7%. «Va considerato che alcune Fintech arrivano a chiedere il 10-11%, e che comunque i tassi medi bancari per i prestiti alle imprese vanno dal 5 a 10%», dice Quattrocchi.

Una volta ottenuta la somma, l’impresa si impegna a restituirla in rate mensili, che possono arrivare fino a 84.

Ma quindi viene erogato a tutti?

Il fatto che il credito sia garantito dallo Stato per l’80% non significa che il prestito sia assicurato. Alla base deve esserci un progetto solido e soggetti che abbiano un minino di credibilità. Insomma, l’improvvisazione non paga.

«Per arrivare a deliberare si tiene conto di diversi fattori che vanno al di là del profilo finanziario del progetto», spiega Quattrocchi. I finanziatori, prosegue l’esperto, guardano anche il profilo personale dell’imprenditore. «Il successo di un’impresa si gioca sull’operato delle persone. Di conseguenza, nella valutazione della richiesta si cerca di capire quale esperienza e competenze ha maturato il richiedente. Questo aspetto è fondamentale per decidere se concedere o no il finanziamento».

Non solo. A essere sotto esame sono anche aspetti come l’affidabilità. «Chi eroga microcredito non chiede generalmente ipoteche e fidejussioni, ma valuta anche l’equilibrio e la solidità finanziaria di un’impresa. In un modo o nell’altro è sempre preferibile che gli imprenditori abbiano risorse proprie da destinare all’attività, per poter far fronte a eventuali imprevisti. Gli eventi degli ultimi anni ci hanno insegnato che lo scenario in cui si muove un’impresa può cambiare da un momento all’altro, il futuro è carico di incognite. Chi non ha una certa solidità finanziaria rischia di non reggere gli scossoni del mercato. Ecco perché l’imprenditore che mette nella sua start-up qualcosa di suo per dare maggiore stabilità alla sua attività ha sicuramente più chance di ottenere un prestito, oltre che affrontare meglio le sfide del mercato».

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