Ho disegnato la mia vita sui principi di consapevolezza finanziaria e adesso?

A dispetto di ogni statistica, Cinzia Facchi sviluppa fin da bambina una buona competenza in materia economica. Ben presto, diventa il punto di riferimento familiare per ogni scelta che abbia a che fare con i soldi. Questa consapevolezza finanziaria si traduce in un carico mentale che si interfaccia continuamente con le sue giornate di donna lavoratrice e madre di tre figlie. E nell’impossibilità di compiere scelte senza calcolarne il costo.

Tempo di lettura: 9 minuti

Cinzia Facchi

Ascolta il podcast della puntata:

“Nella mia testa c’era l’idea che l’economia serve all’uomo. I soldi servono alla vita. Per cui se io fossi riuscita a scoprirne i meccanismi, sarei stata in grado di tutelarmi maggiormente e di tutelare le persone più fragili, la mia famiglia in primis”.

Cinzia Facchi ha quasi 50 anni e vive a Cusano Milano. Contro ogni statistica e contro ogni stereotipo, fin da bambina sviluppa e coltiva una consapevolezza finanziaria straordinaria, che la porta a centrare numerosi obiettivi, ma anche a sentirsene intrappolata.

«Nella testa dei miei genitori io era la perfetta dipendente bancaria», racconta. «Tutti si erano accorti che ero sveglia nella gestione della parte economica della vita. Per cui, quando si è trattato di scegliere le scuole superiori, mi hanno spinto verso l’istituto tecnico commerciale che ai tempi si chiamava ragioneria».

Finite le superiori, la prof le suggerisce un indirizzo umanistico. Ma lei sceglie Economia e commercio, perché le sembra più coerente con il suo percorso. Dopo la laurea, cerca finalmente un po’ di coerenza con se stessa. Per cui invece di lavorare in banca, prova la strada del no profit, in una grande associazione nazionale, dove inizia una via crucis di contratti a progetto e retribuzioni relativamente basse. La precarietà però non si addice alla concretezza con cui è cresciuta. L’esigenza di divenire indipendente vince su tutto.

«E quindi ho deciso di lasciare l’associazione. Ho lavorato un anno e mezzo in una multinazionale, poi sono arrivata in questa casa editrice dove mi sembrava di aver trovato la quadra tra la mia formazione e le mie passioni. Il mondo però non è perfetto come uno se lo immagina e quindi i limiti di questo lavoro adesso li sento».

Ma torniamo un attimo indietro. Al momento esatto in cui quella che era una innata attenzione a ciò che muove il mondo, i soldi,  diviene una sorta di investitura.

“Quando mi sono diplomata, mio papà mi ha detto: ‘Ti ho fatto studiare. Adesso ti occupi tu dal mio 730’. E io lì per lì, a 19 anni, sono rimasta abbastanza basita”.

Anche suo fratello ben presto capisce che può esimersi dalla consapevolezza finanziaria e affidarsi a lei. «Non si è mai occupato in prima persona di tutti questi aspetti. Devo ancora capire se per furbizia o per indole, fatto sta che si è dedicato a un’altra professione e adesso che ha un’attività in proprio fa fatica, e ogni tanto mi chiede».

L’amore per il volontariato porta Cinzia a spendere molte delle sue ore libere in attività sociali, ma anche lì l’investitura ricevuta da bambina la insegue. «Quando nelle associazioni bisogna gestire la cassa e i rapporti con la banca, aprire il conto, seguire lo statuto, tocca sempre a me: ho avuto in mano la cassa di tutte le associazioni dove sono stata».

Oggi Cinzia gestisce la vita economica dell’anziana madre. «Da quando mio papà è morto, mi occupo della sua pensione, dei suoi 730, delle sue spese condominiali, del suo conto corrente. Il suo bancomat è a casa mia. Lei non ne vuole saperne di banche e tecnologia».

Persino suo marito che è un imprenditore, quando due anni fa si è trovato a gestire una liquidità aziendale e a relazionarsi con grosse banche d’investimento, ha finito presto per affidarsi a lei. «Al secondo appuntamento è tornato e mi ha detto: “Vorrei coinvolgerti perché io da solo non ho gli strumenti”. Mio marito è un ingegnere. Quindi ho fatto qualche appuntamento con lui, poi mi ha dedicato un ruolo in azienda, mi ha fatto entrare in consiglio di amministrazione, mi ha dato un indirizzo di posta elettronica e da allora una buona parte di questi rapporti li gestisco io».

L’analfabetismo finanziario diffuso fa sì che mosche bianche come Cinzia soccombano al peso di questa responsabilità collettiva di cui si fanno carico all’interno della famiglia.

“In alcuni momenti vivo questa eccessiva consapevolezza come un carico mentale che fa parte della mia quotidianità. Il fatto che devo controllare l’home banking di mia mamma, devo controllare come vanno gli investimenti dell’azienda del marito, devo controllare come vanno gli investimenti dei miei risparmi… messi insieme a una quotidianità di lavoro e gestione di tre bambine, è comunque un elemento in più”.

D’altra parte, però, questa conoscenza appresa non tanto sui banchi di scuola quanto nella pratica quotidiana, per Cinzia è divenuta la condizione base per una vita serena. «Io cerco di usare la mia consapevolezza finanziaria per risolvere a monte certi problemi e poi non pensarci più».

Ma cosa significa disegnare la propria vita sui principi di consapevolezza finanziaria? Fino a oggi a Rame abbiamo incontrato di rado persone in grado di farlo. Per cui, val la pena seguire Cinzia passo dopo passo nelle sue scelte.

La prima riguarda l’acquisto di una casa, a cui ha iniziato a pensare con grande anticipo. «Ho cominciato a risparmiare per tempo perché non volevo chiedere soldi a nessuno per la primissima parte che è necessario avere. Sapevo che minor mutuo si chiede e meno costi si hanno in termini di interessi». Per cui Cinzia inizia un vero e proprio piano di accumulo che guida il suo stile di vita. Viaggi in tenda invece che in hotel per esempio. Senza rinunciare a nulla ma tenendo chiaro in testa l’obiettivo.

Una volta trovata la casa giusta, Cinzia ha tutti gli strumenti per valutare i mutui. Contatta varie banche, litiga con quella che offriva le condizioni migliori, accetta infine un buon compromesso con un’altra.

“Quando, qualche mese dopo la stipula del mio mutuo, è arrivata la legge sulla portabilità, io ho fatto immediatamente richiesta. Il bancario, sbiancato, mi ha chiesto di ritornare l’indomani per parlare col direttore. Io il giorno dopo, alle 08:30, ero di nuovo in banca. E seduta stante mi hanno abbassato lo spread applicato sul mio mutuo, offrendomi le stesse condizioni della banca in cui io volevo approdare”.

Quando sceglie di chiedere il part-time per occuparsi meglio delle tre figlie, Cinzia sa benissimo che questo si tradurrà in una pensione più bassa. «Fortunatamente avevo già aderito a un fondo pensione che ho deciso di incrementare anche personalmente, in modo da arrivare alla vecchiaia avendo un contributo extra e cercando di non pesare sulla vita delle mie figlie quando sarà il momento».

A un certo punto, le manovre del governo agevolano il riscatto della laurea. Conti alla mano, però, Cinzia fa una scelta diversa. «La quota che avrei dovuto investire per riscattare i miei anni di laurea ho deciso di utilizzarla per incrementare il mio fondo pensione. Perché ogni anno, se si versa nel limite dei 5100 euro circa, questi soldi vengono dedotti dalle tasse: nella busta paga di agosto ti ritrovi già il rimborso fiscale».

Non c’è nulla che non si possa arrivare a capire, applicandosi. Così, quando muore suo padre, invece di andare da un notaio per fare la successione, Cinzia si studia la procedura, va al Catasto e all’Agenzia delle entrate finché non viene a capo di tutto. «Certo, ho dedicato qualche settimana, ma era un periodo in cui non avevo altro per la testa e quindi la gestione del lutto io l’ho fatta occupandomi di cose molto pratiche».

Eppure, come dicevamo all’inizio, questa consapevolezza può essere anche una gabbia da cui si fatica a uscire.

“Il lato oscuro di questa consapevolezza finanziaria è il non riuscire a fare delle scelte senza pensare al costo che hanno. Io credo che nella vita sia necessario fare anche errori, ma senza pensare al loro costo. Io vorrei avere questa leggerezza. Che vuol dire per esempio lasciare un lavoro per provare a fare un’attività completamente autonoma, il famoso passaggio all’imprenditorialità”.

Cinzia, nel progettare il suo salto verso la libera professione, è partita da una considerazione sotto gli occhi di tutti. Nella società in cui viviamo c’è un grande problema di accesso alle informazioni e ai servizi finanziari.

«Non è facile, per chi nella vita fa altro, doversi occupare anche di questi aspetti. Se sei un piccolo risparmiatore o una piccola azienda con una liquidità, riuscire a instaurare un rapporto e ad avere informazioni periodiche è difficilissimo. Devi essere sempre tu a chiedere. Poi si legge sui giornali che la liquidità rimane nelle aziende o sui conti correnti. Ma se non c’è un canale di comunicazione che spieghi alle aziende o ai consumatori che cosa fare di quella liquidità o che cosa vuol dire investire in un certo modo e avere certi rischi, continuerà a esistere questa situazione assolutamente asimmetrica».

Alla luce di queste considerazioni, Cinzia ha studiato per divenire consulente finanziaria indipendente facendo un ragionamento molto lucido.

“Se tutti si fidano dei miei consigli non professionali, magari posso farli diventare una professione. L’idea di un’economia al servizio delle persone, per me, significa riuscire a seguire chi non tratta sul mutuo, chi compra polizze molto costose o chi decide di tenere i soldi fermi sul conto corrente”.

C’è un vecchio vocabolario a casa di Cinzia. Risale a quando aveva 8 anni. Serve a ricordarle quel Natale in cui chiese, come regalo, una cosa che avrebbero dovuto comprarle ugualmente, il vocabolario appunto. Cinzia lo ha conservato per ricordarsi il momento esatto in cui la spensieratezza dell’infanzia è terminata. Mamma sarta e papà operaio in fonderia, poi impiegato grazie alle 150 ore serali con cui aveva preso la licenza media, Cinzia aveva capito di appartenere a una famiglia modesta e non voleva pesare su di loro.

Alle sue figlie, però, vuole regalare leggerezza e risparmiare loro l’ansia del controllo con cui è cresciuta.

«E io davvero cerco di non far passare quest’ansia perché noi, avendo due redditi, non abbiamo necessità di controllare eccessivamente, per cui io alle mie figlie non ho mai negato niente di ragionevole che mi abbiano chiesto».

La leggerezza che Cinzia vuole regalare alle sue figlie però presuppone la sicurezza economica che le dà il posto fisso. Ed è il principale freno che oggi la trattiene dall’osare un nuovo percorso professionale.

“Vorrei provare a fare qualcosa di diverso, ma ho la responsabilità di tre figlie e di una mamma vedova. Con il mio lavoro contribuisco a far crescere le mie figlie in una maniera più leggera rispetto a come sono cresciuta io. E ad assicurare a mia mamma un’anzianità senza problemi. Non è facile rinunciare a tutto ciò”.

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