I fondi comuni di investimento, spiegati una volta per tutte

È uno dei prodotti che più di frequente i consulenti finanziari propongono ai piccoli risparmiatori. Ma non tutti sanno esattamente cosa sia e perché stia divenendo così popolare. La risposta sta in due parole, diversificazione e possibilità di investire piccoli capitali. Ma cosa bisogna aspettarsi? Quali sono i rischi, e cosa vuol dire “fondo etico”? Abbiamo provato a capirlo con l’aiuto di un esperto. 

Tempo di lettura: 8 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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Foto di Daniel Funes Fuentes

Questa storia è realizzata in collaborazione con Etica Sgr, una società di gestione del risparmio che propone solo fondi comuni di investimento sostenibili e responsabili.

È uno dei prodotti che più di frequente i consulenti finanziari propongono ai piccoli risparmiatori. Ma non tutti sanno esattamente cosa sia un fondo comune di investimento e perché stia divenendo così popolare. La risposta sta in due parole, diversificazione e possibilità di investire piccoli capitali. Ma cosa bisogna aspettarsi? Quali sono i rischi, e cosa vuol dire “fondo etico”? Abbiamo provato a capirlo con l’aiuto di un esperto.

Cos’è un fondo comune d’investimento?

Si tratta di uno strumento finanziario come possono essere le azioni e le obbligazioni. Ma la differenza rispetto a esse è che chi aderisce a un fondo comune di investimento affida i propri soldi a una società di gestione del risparmio che li investe in una molteplicità di strumenti finanziari. Il risparmiatore sottoscrive delle quote che rappresentano parti del patrimonio complessivo del fondo.

«Un fondo comune di investimento potrebbe essere assimilato a un grande salvadanaio all’interno del quale i professionisti esperti in gestione finanziaria investono il risparmio raccolto in una pluralità di titoli, cercando di ottimizzare rischi, costi e rendimenti», spiega Roberto Grossi, vicedirettore generale di Etica Sgr, società di gestione specializzata in investimenti etici e responsabili. A seconda di ciò che c’è nel paniere e in particolare della percentuale massima e minima di investimento in azioni, un fondo può essere a prevalenza azionaria, obbligazionaria, oppure bilanciato (con differenti percentuali di investimento azionario e obbligazionario).

A chi è consigliabile un fondo di investimento?

Non esiste un profilo di investitore “tipo”: «I fondi comuni di investimento ben si adattano alle esigenze di diversi tipi di risparmiatori, quindi anche a coloro che hanno poca esperienza e che vogliono investire affidandosi alla competenza di esperti» spiega Roberto Grossi. Se proprio vogliamo fare un distinguo, «come tipo di strumento finanziario è adatto al risparmiatore con obiettivi di investimento di lungo termine in ottica di pianificazione, come l’istruzione per i figli o la pensione».

Perché scegliere un fondo come forma di investimento?

«Perché sono strumenti accessibili a tutti», dice Grossi. «Esistono infatti diverse modalità per poter investire in fondi comuni, anche per piccoli risparmiatori. Molto apprezzato è il Pac, vale a dire il piano di accumulo di capitale, che consente di effettuare versamenti periodici e scaglionati nel tempo, anche di piccoli importi nel caso in cui non si possa o non si voglia investire un certo capitale tutto in una volta. In questo modo, anche chi detiene somme non rilevanti, può beneficiare di tutti i vantaggi di un investimento professionale e diversificato». C’è poi un altro vantaggio, legato al fatto di versare piccole somme dilazionate nel tempo: a ogni versamento il risparmiatore compra nuove piccole quote. «Questo permette di mediare le oscillazioni di mercato sfruttando i cicli positivi e minimizzando quelli negativi, così da “spalmare” il rischio. Si riduce, in sostanza, la probabilità di acquistare nei momenti meno favorevoli».

Che differenza c’è tra Pac e Pic?

Oltre al Pac, c’è il Pic, il Piano di investimento di capitale, che consiste nell’investire in un’unica soluzione una certa somma, anziché versare, come nei Pac, piccole quote mensili che si accumulano. «È ideale per chi ha molta liquidità da investire nell’immediato, come ad esempio chi eredita una certa somma e desidera investirla in un’ottica di medio-lungo termine. È la modalità più semplice: una volta effettuato l’investimento, non resta che monitorarne l’andamento nel tempo», aggiunge l’esperto.

Che vantaggio dà investire in un fondo?

L’elemento principe che caratterizza un fondo comune di investimento è senz’altro la diversificazione: il nostro capitale non va su un unico prodotto, ma viene frazionato e destinato in una molteplicità di strumenti, che sono stati selezionati dalla società di gestione. «Investendo anche piccole somme è possibile accedere a differenti asset class (azioni, obbligazioni, valute), a loro volta diversificate, ad esempio, per area geografica o settore, mitigando il rischio finanziario. Il fondo comune di investimento è di per sé uno strumento che offre un ampio grado di diversificazione, soprattutto se ad esempio si opta per strumenti bilanciati, che approcciano globalmente e trasversalmente diversi temi e settori».

C’è poi un secondo vantaggio: le competenze professionali di chi gestisce attivamente i fondi, e compie scelte tattiche e strategiche.

Infine, il terzo: anche se affidiamo il nostro denaro a terzi, nel caso in cui la società di gestione avesse problemi finanziari, questo non si ripercuoterà sui nostri risparmi. La ragione? «I fondi comuni di investimento rappresentano un patrimonio autonomo e distinto da quello della Società di gestione o di qualsiasi soggetto coinvolto nell’operatività del fondo», spiega l’esperto. In sostanza, eventuali creditori della società di gestione non potranno aggredire il fondo con i nostri risparmi.

Quali rischi presentano i fondi comuni?

Attenzione: nonostante la diversificazione, i fondi comuni sono prodotti di investimento, e come tali non sono immuni da rischi. «Nelle fasi di mercato avverse, esiste sempre il rischio di un rendimento negativo, benché i fondi siano progettati per ridurlo attraverso la diversificazione, non offrono garanzie in questo senso», avverte Grossi.

Non solo. Oltre ai tradizionali rischi finanziari – come per esempio il rischio di tasso o il rischio di cambio – ci sono i cosiddetti rischi di sostenibilità o Esg, dalla sigla che identifica i fattori ambientali, sociali e di governance. Si tratta della possibilità che eventi, scelte o condizioni appunto ambientali, sociali o di governance possano avere un impatto negativo sul valore dell’investimento. È dunque un elemento da considerare quando si sceglie un fondo. «Oggi più che mai, nel monitoraggio e nell’analisi del rischio di un’impresa, può rivelarsi premiante nel lungo periodo studiare e analizzare anche i rischi Esg, soprattutto alla luce dei rilevanti rischi regolamentari, legali e reputazionali. In Etica Sgr, per esempio, abbiamo messo a punto una metrica proprietaria per misurare il rischio legato a questi fattori».

Quanto costano i fondi e come si confrontano i prezzi?

C’è poi il tema costi, in particolare le commissioni e le spese associate ai fondi comuni di investimento. «Prima di tutto esiste la commissione di gestione, che remunera l’attività di gestione professionale svolta, e in parte la distribuzione», spiega il vicedirettore di Etica Sgr. «A questa si aggiungono costi legati all’amministrazione del fondo, come il compenso per la banca depositaria. Ogni casa di gestione può poi scegliere di applicare ulteriori commissioni, come quelle di performance, oppure le commissioni di ingresso e uscita dal fondo. Ogni società ha una sua policy su questo. In Etica Sgr, per esempio, abbiamo scelto di mantenere una struttura dei costi chiara e semplice, evitando tipologie di costi di difficile comprensione, come ad esempio commissioni di performance, commissioni di ingresso o uscita a tunnel, ecc».

Se vuoi confrontare in modo coerente il costo dei vari fondi, è importante che essi siano, innanzitutto, comparabili, appartengano cioè alla medesima categoria. «Possiamo partire dalle categorie di Assogestioni, l’Associazione italiana delle società di gestione del risparmio, che ha raggruppato i fondi comuni di investimento in cinque macro categorie in base alla percentuale minima e massima di investimento azionario, e distinguendo tra monetari, obbligazionari, bilanciati, azionari e flessibili», spiega Grossi. Tra i fondi della stessa categoria, suggerisce l’esperto, si possono prendere come punto di riferimento le commissioni di gestione o i costi correnti, riportati nella documentazione d’offerta. È importante poi confrontare tra loro i KID, i documenti sintetici precontrattuali, che presentano una sezione dettagliata sui costi degli investimenti, e consentono di vedere anche l’impatto sull’investimento.

Cos’ha di diverso un fondo etico?

Volendo semplificare, il fondo etico è un fondo in cui la ricerca di performance finanziarie va di pari passo con quella della sostenibilità. «Gli investimenti etici racchiudono due dimensioni: quella economica, che ha come obiettivo la crescita e la ricerca di opportunità di rendimento, e quella extrafinanziaria, che ricerca il raggiungimento di impatti e risultati positivi da un punto di vista ambientale, sociale e di governance (Esg)», spiega Grossi. Al momento di scegliere un fondo di investimento è possibile chiedere al proprio consulente di orientarsi in questa direzione. «In Etica Sgr, per esempio, al momento della selezione dei titoli azionari e obbligazionari su cui investire si avvia un rigoroso processo di analisi che integra l’analisi Esg e l’analisi finanziaria, escludendo le società coinvolte in attività o settori controversi come armi, tabacco, gioco d’azzardo, energia nucleare, pesticidi, o in gravi episodi riguardanti temi quali il rispetto dei diritti dei lavoratori, il rispetto dell’ambiente e la corruzione. Solo gli emittenti risultanti tra i migliori del proprio settore (approccio “best in class”) entrano a far parte dei fondi. Questo perché riteniamo sia di fondamentale importanza coniugare la promozione della transizione verso modelli di business più orientati all’ambiente con una grande attenzione sull’impatto che queste scelte possono avere sui lavoratori e sulla comunità».

Questa guida è stata realizzata in collaborazione con Etica Sgr.


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