Il giorno in cui mi arrivarono 29mila euro di tasse da pagare

Nastasia Felici è una libera professionista che si occupa di comunicazione digitale per artisti e influencer. Cresciuta senza una chiara percezione delle finanze familiari, per molti anni non si è interessata di risparmio, spendendo tutto ciò che guadagnava. Fino a quando un giorno, un incidente in gravidanza, e il successivo arrivo della figlia le fanno trasformare la sua visione, aprendola a una gestione più consapevole e strategica delle sue risorse economiche.

Tempo di lettura: 10 minuti

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Nastasia Felici

Ascolta il podcast della puntata:

«A un certo punto scoprii che dovevo pagare 29mila euro di tasse, e ricordo che in quel momento noi avevamo sul nostro conto 15.000 euro, pensando che fossero risparmi. Da lì, sono partite mail e telefonate alla mia commercialista piangendo, e io ho avuto un attacco di panico tale per cui sono finita in pronto soccorso».

Nastasia Felici è una libera professionista che si occupa di comunicazione digitale per artisti e influencer. Fino a quella dichiarazione dei redditi, il risparmio non era mai stato nei suoi pensieri. 

La volontà di esaudire ogni desiderio

Nastasia vive a Cagliari da tre anni, ma è nata e cresciuta a Bergamo da genitori siciliani. Suo padre è un insegnante di educazione fisica, mentre sua madre fa la contabile. 

«Però i soldi c’erano sempre in misura scarsa e i miei ne parlavano come se fossero un grande segreto tra di loro, a cui io e mio fratello non avevamo accesso. Perciò, per me erano un po’ una materia oscura e non capivo mai se c’erano o non c’erano perché mi sembrava che ci potessimo permettere delle cose, anche le vacanze, tutte le estati… però poi nel momento in cui chiedevo qualcosa in più, non c’erano. Quindi ero sempre un po’ perplessa».

Quando Nastasia inizia a disporre di una sua paghetta settimanale, non ha dubbi sul suo utilizzo. 

«Tutto quello che ottenevo, spendevo. Mi ricordo che a Bergamo aprì Orio Center e con le amiche andavamo a comprarci gli orecchini di H&M, che costavano tipo 2€. Mia madre si lagnava molto del fatto che spendessi i miei soldi in questa maniera e che non risparmiassi niente, ma a me non interessava proprio il risparmio».

Le cose non cambiano anche quando comincia a lavorare, a 17 anni, in un bar.  

«Guadagnavo cinque euro l’ora in nero. Una miseria. Con quei soldi, visto che ormai avevo 17 anni, comincio a pagarmi le serate fuori, quando magari uscivamo a bere qualcosa. Oppure li spendevo in libri. Risparmio mai comunque…».

A posteriori, Nastasia si rende conto che il suo lasciar andare tutto ciò che entra è un modo come un altro per segnare una cesura tra lei e sua madre.  

«La causa scatenante è sempre stato l’essere ipercontrollante da parte di mia mamma; Sono sempre stata una studentessa modello, anche fin troppo tranquilla, ma da qualche parte un po’ di follia doveva fuoriuscire… e forse, la gestione del denaro è stato uno dei primi sintomi di ribellione che ho avuto».

Quando arriva il momento di scegliere l’Università, i genitori cercano di indirizzarla verso un percorso orientato a garantirle un futuro stabile, grazie a un lavoro fisso.

«I miei genitori hanno sempre visto lo studio in ottica funzionale a trovare lavoro. Io all’epoca la pensavo come loro, oggi ho una visione più ampia: penso che lo studio serva a formare una persona, non un lavoratore. All’università mio padre avrebbe voluto che scegliessi qualcosa che mi portasse ad avere la possibilità di subentrare all’interno di lavori di natura pubblica o statale, e quindi mi controllava quali classi di concorso avrei potuto fare con le lauree che volevo intraprendere».

Quando i genitori vanno con lei all’open day dello Iulm, un’università privata a Milano, pur non capendo il contenuto del percorso di studi, ovvero le professioni legate alla comunicazione, rimangono affascinati dalla forte connessione col mondo del lavoro e decidono di investire in quella scuola.  

«Il costo era veramente proibitivo. Per i miei, all’epoca, fu una seconda rata del mutuo da pagare. E per questo, mi chiesero solo di riuscire a concluderlo in tre anni e di sostenere le spese extra che mi sarebbero riguardate».

Le prime responsabilità economiche

Così Nastasia inizia a pensare maggiormente alla parte economica e si trova un lavoro per coprire le sue spese a Milano: prima fa la commessa in alcuni negozi di abbigliamento, poi fa la guardiana di in un museo. 

«Non erano mai grandi soldi però vivendo ancora con i miei genitori e avendo gli studi pagati, avere quei 400/500€ al mese mi permetteva di pagare l’abbonamento dei mezzi per andare a Milano tutti i giorni da Bergamo, o simili…».

Nastasia non fa in tempo a discutere la tesi, che a 21 anni si ritrova apprendista in un’agenzia di comunicazione a Milano. La routine da pendolare inizia a pesare, così decide di trasferirsi a Milano. Ma perché spendere in affitto quando c’è da parte un piccolo capitale da investire nel mattone?

«Io non ero una risparmiatrice, ma mia madre sì: io da bambina facevo la modella e mia madre, tutti i soldi che io presi in queste attività, li investì in buoni fruttiferi. Quindi, io mi ritrovai con questo gruzzoletto da parte che utilizzai per comprare una casa a Milano».

I soldi che guadagna le bastano a malapena per pagare il mutuo e sopravvivere. 

«Spendevo 600 euro di mutuo a fronte di 900 euro di guadagno. Sono stati anni veramente tragici: mia madre mi comprava la pasta e io arrivavo verso il 20 del mese che ne mangiavo solo 50 grammi, senz’olio, perché costava troppo e mi vergognavo a chiederlo in casa. Quelli furono anni veramente difficili».

Nastasia rimane in quell’agenzia per cinque anni. Lavora una quantità di ore infinite, anche 13-14 al giorno sotto evento, ma nonostante l’esperienza maturata, le opportunità di crescita professionale, vengono sistematicamente riservate ai colleghi uomini, lasciandola in una posizione di svantaggio e frustrazione.

«Sono sempre stata considerata la stagista, nonostante cinque anni di carriera in cui ho fatto veramente di tutto. Alcuni dei miei colleghi facevano il lavoro commerciale, oltre ad avere la parte operativa, e sistemavano i loro stipendi grazie alle provvigioni degli accordi commerciali che chiudevano. E io non ho mai neanche avuto accesso alla possibilità di provare questa cosa. Probabilmente non l’avrei fatto lo stesso, però sarebbe stato mio diritto guadagnare sicuramente di più a fronte già di quello che facevo».

In quel contesto, persino negoziare un aumento di stipendio diventa motivo di disagio per Nastasia.

«Ho sempre pensato di meritare di più ma venivo sempre trattata come la ragazzina e quindi in tante occasioni mi sono anche vergognata di chiedergli soldi in più. E poi ero femmina, aggiungiamolo, perché è giusto dirlo: ero sia giovane che donna».

Nastasia arriva al termine di quei 5 anni con uno stipendio di 1300 euro al mese. Trova un nuovo lavoro che gliene offre 1.600 euro. Anche questa volta, l’idea di risparmiare non le passa nemmeno per la mente.

«Io prendevo 13esima e 14esima e mai che me ne fossi tenuta una. Appena arrivava la 14esima io mi prenotavo un viaggio».

«Cercavo in qualche modo sempre di farmeli bastare. L’errore più importante in cui mi sono imbattuta in termini economici è stato quando, dopo un tot di anni che avevo sia un mutuo che uno stipendio regolare, la mia banca ha deciso di omaggiarmi di una carta di credito. E mai lo avesse fatto, perché quando non arrivavo a fine mese, attingevo un po’ da lì, e perciò ero sempre un po’ con l’acqua alla gola».

Qualche piccolo segnale del rischio che corre a vivere senza un fondo di emergenza, Nastasia lo coglie.

«L‘occasione che fu un po’ tragica fu quando il mio gattino adorato stette male e io non avevo i soldi per prendermene cura e ho dovuto chiedere aiuto ai miei genitori».

Il passaggio alla partita Iva

Dopo due anni nella nuova agenzia, tornata da un viaggio in Nepal, Nastasia decide che non vuole più stare sotto padrone, così si licenzia e si mette in proprio. 

«Ovviamente la mia unica fonte di risparmio fu il Tfr: non avevo nient’altro in tasca e non avevo accordi contrattuali con nessuno. Non sapevo che cosa avrei fatto ma sapevo che non potevo più fare quella vita. E così, ho fatto il grande passo di aprirmi la partita Iva. E ad oggi, posso dire che è la scelta più felice che io abbia mai fatto a livello lavorativo, perché è proprio la mia dimensione».

Nel frattempo, sceglie di vendere il suo monolocale in favore di un bilocale nuovo. La scelta si rivela salvifica perché la nuova casa le permette notevoli risparmi energetici. Oltre a un benefit ancora più importante in termini fiscali

«Praticamente non pagavo le tasse, perché ero sempre a a credito con lo Stato. Entrava il lordo di 4.000€, io ne spendevo 4.500 senza problemi. E sapendo che avevo un credito con lo Stato abbastanza importante, la questione tasse non mi allarmava minimamente».

Per un lungo periodo, tutto sembra andare per il meglio: il nome di Nastasia inizia a circolare, trovare clienti è piuttosto semplice. Ma poi arriva il 2020.

«Non ho avuto problemi fino al Covid, quando le entrate praticamente si sono azzerate e ho dovuto dar fondo a quello che mi era avanzato. Mi ricordo che per me i 600€ di Conte furono una manna dal cielo perché non avevo più niente».

Quando l’emergenza covid finalmente passa, il volume di lavoro riprende a crescere. Nastasia ha bisogno di un aiuto e chiede al suo compagno di lavorare con lei. Invece di offrirgli uno stipendio fisso, decidono di condividere tutto, mettendo in comune guadagni e responsabilità.

«Per me nel momento in cui ho conosciuto Stefano era già la mia famiglia e perciò non c’erano sono soldi miei o soldi suoi. All’epoca anche che il corso di Karate che voleva fare era stato pagato con quei soldi. Quello c’era e quello si usava per vivere bene insieme. Quindi abbiamo avuto per un po’ questa gestione del denaro un po’ spensierata».

In questo periodo si colloca la scelta di lasciare Milano alla volta di Cagliari, città dove il compagno di Nastasia ha studiato e che ama tantissimo. Ed è qui che scoprono di aspettare un bambino.

 «Con la vendita del bilocale a Milano ci siamo comprati in Sardegna un quadrilocale di 120 metri quadri, con tre verande, posto auto e rimessa, aggiungendo solo 20.000€ di differenza».

Il momento del cambiamento

Proprio mentre è incinta, la visione spensierata del denaro che Nastasia ha sempre avuto le presenta il conto… 

«Noi abbiamo avuto un problema piuttosto grave dal punto di vista economico mentre io ero incinta. Un problema talmente importante che io ricordo che finì in ospedale per un distacco uterino per l’ansia che mi sono presa. Come dicevo prima, per molti anni io ho avuto delle situazioni che mi fungevano da sostituto d’imposta e che quindi mi hanno permesso di non pagare le tasse. E ricordo che a un certo punto arrivò questo CU con 29.000€ di tasse da pagare: 20.000€ di tasse e 9000€ di anticipo. Erano le sette e mezza di mattina e io feci questo errore gigantesco di aprire la mail mentre ancora ero nel letto. Iniziai a iperventilare e ho avuto un attacco di panico importantissimo».

Dopo quello spavento, Nastasia inizia a vedere il risparmio solo come uno strumento funzionale a pagare le tasse. Sarà la nascita della figlia ad aprirle una dimensione nuova nella gestione dei soldi.

«Ora con mia figlia ho fatto dei ragionamenti diversi, più lungimiranti. Con Stefano abbiamo deciso di mettere da parte il suo assegno unico per intero, quindi quello che ci arriva va in un conto che è solo suo e funge da libretto di risparmio».

«Mia madre aveva messo da parte molto di più per me. Al momento noi non abbiamo la possibilità di farlo, ma il percorso con Rame mi serve anche a quello, a mettere un po’ di ordine in questo caos che ho creato negli anni, per poi dare un po’ più di respiro ai risparmi che stiamo mettendo da parte per nostra figlia».

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