Il privilegio con cui sono nato mi ha reso una calamita per la fortuna - Rame

Il privilegio con cui sono nato mi ha reso una calamita per la fortuna

Luca Sartoni, ha 43 anni, vive a Udine, ma è nato a Ravenna. Ha da poco lasciato una brillante carriera internazionale, per iniziare un’attività da libero professionista. In questa puntata farà con noi un’operazione preziosa quanto insolita: svelare il privilegio da cui ha preso il volo la sua esistenza e analizzare il modo in cui esso ha determinato lo svolgersi dei fatti.

Tempo di lettura: 13 minuti

Luca Sartoni

Ascolta il podcast della puntata:

“Dal punto di vista professionale sono cresciuto in un ecosistema dove si prova a raccontare la narrativa delle persone che si sono fatte da sole; coloro che hanno utilizzato il loro intelletto per raggiungere grandi fortune. Però quando le andiamo a guardare veramente, ci rendiamo conto che sono tutte persone che hanno vissuto un’intera vita nel privilegio. Io per primo, chiaramente non a un livello di chi fonda società multimilionarie nella Silicon Valley, non posso sottrarmi a questa condizione.”

Luca Sartoni, ha 43 anni, vive a Udine, ma è nato a Ravenna. Ha da poco lasciato una brillante carriera internazionale, per iniziare un’attività da libero professionista. Oggi farà con noi un’operazione preziosa quanto insolita: svelare il privilegio da cui ha preso il volo la sua esistenza e analizzare il modo in cui esso ha determinato lo svolgersi dei fatti.

«L’estrema condizione di privilegio mi ha reso praticamente una calamita per le opportunità basate sulla fortuna. Io penso che la fortuna non sia completamente cieca: ritengo che ricerchi questa piattaforma di privilegio per potersi esprimere al massimo».

La possibilità di non avere preoccupazioni economiche

L’infanzia senza preoccupazioni di Luca è profondamente legata all’esperienza di scarsità da cui i genitori si erano faticosamente emancipati.

«A casa mia i soldi c’erano. I miei genitori erano entrambi dipendenti statali: mia madre lavorava alle Poste mentre mio padre era infermiere. Le generazioni precedenti, da parte di entrambi, venivano dalla terra. I genitori di mia madre sono venuti dalla Sicilia verso l’Emilia Romagna probabilmente solo con i vestiti che avevano addosso; dalla parte dio mio padre, invece, erano contadini che vivevano sulle colline. Così, i miei genitori hanno vissuto la loro infanzia in ristrettezza economica, ed erano la prima generazione che, tutto sommato, stava bene».

Proprio per questo, il primo obiettivo dei suoi genitori, era che Luca crescesse senza doversi mai preoccupare dei soldi.

«Quando avevo 15 anni c’era questa idea di trovarsi un lavoretto d’estate, e ricordo che mia madre mi diceva: “non hai l’età per lavorare, ci sarà il tempo”. Questo perché avendo vissuto un altro tipo di esperienza, era stata costretta a lavorare e cercava di schermare me dalla stessa condizione».

Lo stesso vale per gli studi: nessuna decisione doveva essere dettata da considerazioni economiche sul futuro.

“Quando ho scelto di fare l’Istituto Tecnico Industriale era per puro interesse. Le mie scelte di studio e di carriera non furono mai dettate esclusivamente dal denaro.”

All’università Luca si iscrive a Ingegneria informatica. Ma a quel punto, il lavoro, una novità mai praticata prima, comincia ad assorbire il suo interesse.

«Nel 2000, per chi aveva le mani in pasta in computer e programmazione arrivavano interessanti distrazioni allo studio. La gente iniziava a pagare per realizzare i primi siti web. Io ci sono caduto in quella tentazione, ma non tanto per i soldi, piuttosto per il piacere di fare cose che poi, portavano soldi».

La prima gestione del denaro

Luca vive in provincia, lontano dalle tentazioni di consumo della città. E soprattutto vive a casa di due genitori che non hanno intenzione di fargli venire nessuna forma di ansia finanziaria. I soldi sono fuori dai suoi pensieri, forse anche troppo…

«Ero molto al di sotto della linea di galleggiamento, cioè fatturavo e guadagnavo molto meno di quello che mi serviva per vivere. Il grande vantaggio era vivere a casa dei miei genitori perché ogni volta che c’era una piccola emergenza di tipo finanziario arrivavano loro a tamponare. Per esempio, una volta sono arrivato alla fine dell’anno e mi sono accorto che, lavorando da indipendente, dovevo anche pagare le tasse. E subito loro mi avevano aiutato perché io non avevo accantonato».

Queste piccole dafaillance del Luca ventenne saranno la chiave della solida disciplina nella gestione del denaro del Luca trentenne, ma ci torneremo dopo. Adesso c’è una piccola deviazione dalla traiettoria prevista per lui che merita di essere raccontata.

«Era previsto che io diventassi il primo laureato della mia famiglia, cosa che poi non è avvenuta. Questo perché arrivavano le prime notizie dalla Silicon Valley di queste aziende, tipo Facebook, che erano guidate da qualcuno che non aveva mai terminato gli studi».

“E anche per me, in quel momento, studiare non era la mia forza primaria. Lavorare sui primi progetti era molto più allettante perché davano risultati in tempi più brevi. Forse l’unica persona che ci è rimasta veramente male di questa cosa è stato mio nonno. Tutti gli altri mi hanno sempre assecondato. ”

Luca continua a fare siti internet fino al 2005, quando mette tutto in pausa per andare in Nuova Zelanda con la sua fidanzata. Al ritorno capisce che è stufo di fare siti internet. Così, ormai 27enne, mentre fa un secondo tentativo con l’università, apre un blog che parla di informatica e tecnologia e inizia a frequentare quella che all’epoca si chiamava la blogosfera italiana.

«Da lì, iniziarono a organizzare degli eventi dove invitavano i blogger ad andare nei BarCamp. Io iniziai ad andarci durante i weekend, un po’ a tempo perso. E all’epoca, per guadagnare qualcosa, lavoravo in discoteca. Facevo molti lavori contemporaneamente per permettermi i viaggi che mi portavano in giro per l’Italia e per l’Europa a conoscere altra gente che viveva su Internet. E poi, hanno iniziato ad arrivare i giornalisti: mi ricordo che entravano ai BarCamp e ti intervistavano e poi uscivano con degli articoli tipo: “Le dieci stelle nascenti dei blog italiani”. Io sono finito dentro ad uno di questi pezzi, perché ero nel posto giusto al momento giusto».

I primi passi nella blogsfera

A un certo punto, assieme a una amica della blogosfera, Luca viene contattato da un’azienda che propone di loro di fare una web tv italiana sul mondo delle startup. Avrebbero dovuto farla gratis in cambio dei pass a tutti gli eventi tech più importanti a livello nazionale e mondiale. Luca può permettersi di accettare. E per un paio di anni gira per tutti gli eventi tech d’Europa, intervistando startupper e conoscendo una marea di gente.

«Da questa serie di contatti sono nati altri contatti. A un certo punto è arrivata una società viennese che mi ha offerto di diventare il loro Country Manager».

Luca accetta. Fattura 3000 euro al mese con Partita Iva e vive ancora a casa dei suoi. Fino al giorno in cui la startup gli propone andare a Vienna a fare il responsabile di espansione globale di questa società.

“Sono passato da fare il Country Manager dalla cameretta a casa a fare il Manager di dodici Paesi dal mio ufficio a Vienna.”

Luca ha 30 anni ed è lì che colloca la sua prima vera indipendenza finanziaria dalla famiglia di origine. Guadagna 40-45mila euro all’anno. Qualche anno dopo lascerà la startup viennese per fondare una sua startup, dandosi uno stipendio di 60mila euro all’anno. E poi nel 2014 viene assunto come direttore di produzione in una grande azienda americana e il suo stipendio sale ancora.

«Io adesso in Italia vedo sviluppatori di software che fanno 50K, 60K di RAL. Io all’epoca facevo due, tre volte tanto. E lo facevo con molta flessibilità e con un sacco di benefit aggiuntivi».

Il privilegio come calamita della fortuna

Quando ricostruiamo le storie a posteriori, specie quelle con esiti positivi, siamo tentate di attribuire un intento strategico a scelte, come quella di lasciare gli studi o di tenere pulite le spiagge mentre si scrive un blog, o di lavorare gratis per una web tv… Quasi fossero un investimento sul futuro. Luca sfugge a questa tentazione.

«Io, tra i miei 20 e 30 anni, non ho investito proprio su niente, neanche su me stesso. Non era un percorso che facevo con una coscienza del tipo “ok, questo un giorno mi servirà per…”, semplicemente mi succedevano cose interessanti e io le rincorrevo in ordine di interesse».

Se Luca in quegli anni non solo cade sempre in piedi, ma anche più avanti del punto di partenza, è per una serie di colpi di fortuna che mettono radici in una condizione di privilegio estremo di cui ha preso consapevolezza col tempo.

«Innanzi tutto, la banalità di essere un uomo bianco, sano, e di non essere portatore di disabilità, mi scherma da una quantità enorme di problemi che altre persone invece vivono quotidianamente. Ora, nel momento in cui io parto da un’assenza di problemi, è chiaro che posso permettermi di avere questi colpi di fortuna, perché questi colpi di fortuna richiedono una piattaforma di privilegio per poter avvenire. Il secondo punto è che i miei genitori sono sempre stati estremamente progressisti da questo punto di vista, non mi hanno mai dato pressioni del tipo: “quand’è che ti sposi? Quand’è che fai figli?”. Addirittura, a parte aver espresso interesse perché io raggiungessi il successo accademico, non c’è stato neanche un dramma nel momento in cui ho deciso di fare altro».

Quando Luca raggiunge uno stipendio che non aveva eguali nel mondo da cui proveniva, resiste a una tentazione molto comune, quella di adeguare il suo stile di vita a esso.

“Quando ho iniziato a lavorare seriamente per aziende che mi pagavano tanto ho preso questa abitudine di mettere da parte il 50% del fatturato. Ho imparato che, in linea di massima, se usi metà di quello che guadagni come stipendio personale non sei a rischio di spendere più di quello che dovresti.”

La seconda gestione del denaro

«Il grande passaggio di status per me è stato: andare a Londra e alloggiare in ostello e andare a Londra e alloggiare in hotel. Quello fu il passo che mi fece la differenza. L’altro erano le vacanze. Le mie vacanze iniziarono a diventare più grandi quando ho firmato il contratto a Vienna: nelle condizioni del contratto c’erano 30 giorni di ferie da fare subito. E quel mese andai a fare il Coast to Coast negli Stati Uniti insieme a quella che poi, dieci anni dopo, è diventata mia moglie. Il tenore di vita di quel viaggio era identico a quando viaggiavo per ostelli, perché andavamo per motel. Però anziché star via tre giorni siamo stati via un mese».

Luca ha un sistema ben rodato per non commettere stupidaggini nell’acquisto di cose di cui un giorno potrebbe pentirsi.

«Nel momento in cui tu hai un controllo totale delle tue finanze e tracci tutto quello che entra ed esce, sia a livello personale che professionale, ti togli dalla testa un problema, perché sapendo quanti soldi hai e quanti puoi spenderne, puoi tranquillamente soddisfare i tuoi desideri. La risposta non è più una decisione che devi prendere, ma è un’osservazione che devi fare. Per esempio, se dici: “Bella quella borsa di Louis Vuitton. Costa 6.000€, me la compro?” Nel momento in cui tu hai un controllo totale delle tue finanze, sai già se te la puoi comprare o no. Non è un dubbio che ti viene. Quindi, per esempio, io non metto da parte, io so se posso comprare o no. Se la risposta è no, non ci penso più di 1 minuto a quella cosa. Se me la posso comprare, probabilmente l’ho già comprata».

Benché seduto su un ottimo stipendio, e benedetto da un invidiabile equilibrio vita-lavoro, Luca decide a un certo punto di dare un’ulteriore svolta alla sua vita.

«Nel momento in cui la mia traiettoria in quell’azienda aveva smesso di essere la traiettoria della mia vita, mi sono preso qualche mese di pausa in cui ho cercato di capire se c‘erano altre aziende in fase di crescita che potevano permettermi un’altra scalata. Ma non l’ho trovata. Un paio di colloqui su cinque non sono andati bene, perché sì, c’era fascino nella mia esperienza ma non c’era la capacità di pagarmi quello che volevo. A quel punto, allora, mi sono detto: “visto che la mia capacità di essere troppo costoso funziona bene, la faccio diventare uno dei miei leitmotiv come libero professionista”. E così ho fatto. Ed effettivamente, come professionista, sono più costoso degli altri. E la mia chiave è appunto quella».

La scelta di lasciare il posto fisso per intraprendere una carriera da freelance, però, ha richiesto un importante compromesso dal punto di vista finanziario.

«Io sono sicuro che c’è qualcuno in Amazon che un giorno, guardando un foglio di calcolo, ha detto: “secondo me Sartoni è morto”; perché nel giro di una settimana la mia spesa compulsiva di stupidaggini su Amazon si è praticamente azzerata. In realtà il grande salto dal comprare ogni volta che mi passava per la mente a darci un freno è stato quando è nato il mio primo figlio, durante il lockdown. Quando diventi padre a 40 anni c’è qualcosa che ti cambia nel cervello. Io, prima della pandemia, spendevo 600€ al mese di pranzi e cene fuori. Poi, il lockdown mi ha portato ad accorgermi che ci sono spese di cui puoi fare benissimo a meno».

“Questo è stato uno degli elementi che mi ha fatto pensare di fare il grande salto professionale. Anziché dire: “prima mi trovo un altro lavoro e poi mollo questo”, ho semplicemente scelto e fatto. Ovviamente, bisogna adattarsi alle circostanze. Il tizio che su Amazon aspetta che io ritorni, probabilmente un giorno lo farò. Però, al momento non ho grandi rimpianti o problemi.”

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