In arrivo una pioggia di bonus per i genitori: basteranno ad alzare la natalità?

Il disegno di legge di bilancio recentemente inviato dal Governo a Bruxelles prevede misure di sostegno alle famiglie, come il bonus bebè, il bonus asilo nido e i congedi parentali estesi. Tuttavia, l’efficacia di questi provvedimenti per contrastare la denatalità è incerta. Studi internazionali dimostrano che incentivi economici non bastano a invertire il trend demografico, poiché la decisione di avere figli è influenzata anche da fattori culturali e socio-economici, come la precarietà lavorativa e le incertezze del futuro.

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Foto di Ethan Hu

Qualche giorno fa, a ridosso della scadenza, il Governo ha inviato a Bruxelles il disegno di legge di bilancio. Tra le misure previste, una particolare attenzione – e clamore mediatico – è stata dedicata al tema delle famiglie. Che in Italia si nasca sempre meno non fa certamente notizia dal momento che il trend negativo si prolunga dal 2008 e anche quest’anno è stato confermato dall’Istat. In effetti, a guardare alcune delle proposte contenute nel testo – dal bonus asilo nido al bonus bebè passando per i congedi parentali a disposizione di entrambi i genitori – il Governo sembra aver chiara la linea da seguire. Ma davvero i provvedimenti annunciati potranno tramutarsi in soluzioni risolutive?

Cosa contiene la manovra?

A catturare l’attenzione è stato certamente il ritorno del cosiddetto “bonus bebè”, il cui nome ufficiale è “Carta per i nuovi nati” che destinerà 1.000 € per figlio a famiglie con Isee sotto i 40.000 euro. Previste anche detrazioni fiscali, che saranno parametrate non solo in base al reddito ma anche in base al numero di figli. Sarà esteso anche il “Bonus mamme”, con il quale anche le donne lavoratrici autonome con almeno due figli saranno esonerate dalla contribuzione previdenziale. Inoltre, dovrebbero essere aumentati da due a tre mesi i congedi parentali all’80% dello stipendio. Rafforzato sarà poi anche il “bonus asilo”. 

La moda dei bonus nel mondo

Se le preoccupazioni demografiche non sono certamente un’esclusiva del nostro paese, nemmeno le soluzioni contenute nella manovra sono particolarmente originali. Né efficaci. Lo racconta, ad esempio, il giornalista John Burn-Murdoch sul Financial Times. Stando alle sue analisi, dal 1980 al 2019 i paesi ricchi si sono sbizzarriti nel cercare di trovare gli incentivi economici giusti per far aumentare le nascite. Dagli assegni familiari, a generosi permessi di maternità e paternità, fino ad asili nido gratuiti niente sembra aver funzionato. Una dinamica che si ripete inalterata in paesi molto diversi come l’Ungheria, la Finlandia e la Corea del Sud. In quest’ultima, si sta valutando l’ipotesi conferire un maxi bonus bebè da circa 70.000$. Una misura ben più consistente della nostra ma il cui esito non è affatto certo. 

Perché i soldi non fanno la natalità

Il punto è che, come dimostrano i trend demografici degli ultimi anni, nei paesi ad alto sviluppo la questione della denatalità non è legata soltanto ad un fattore economico, ma anche ad uno culturale. Innanzitutto, i desideri delle persone – e delle donne – non sono più esclusivamente focalizzati sulla creazione di un nucleo familiare. E non sarà certamente la promessa di un incentivo a far cambiare loro idea. Per quanto riguarda invece chi dei figli vorrebbe averli, sarebbe forse il caso di considerare in modo più ampio il contesto socio-economico in cui viviamo. Stando ai dati contenuti in un report Inps del 2023, ad esempio, i lavoratori dipendenti del settore privato tra i 20 e i 24 anni percepiscono in media poco meno di 11.000 euro l’anno mentre chi è tra i 25 e i 30 arriva a quasi 17.000. Mettere al mondo dei figli è una decisione che coinvolge in maniera profonda la sfera emotiva. Ma che, alla stessa maniera, richiede ponderazione. A fronte delle incertezze del nostro tempo – su tutte quelle legate ai risvolti dei cambiamenti climatici e dei conflitti in diverse aree del mondo – non può stupire se anche chi vorrebbe, finisce per esitare. Una considerazione a cui fa eco quella del presidente del Censis Giuseppe De Rita, il quale chiama in causa la situazione specifica del nostro Paese: «Per riempire le culle non bastano asili nido gratis. Bisogna lavorare sul tessuto sociale e ricostruire un’idea di comunità. Le culle sempre più vuote sono il risultato di un Paese impaurito, ripiegato sul presente, incapace di pensare al futuro».

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