Ma il Bitcoin possiamo considerarlo davvero denaro?
Partiamo dalla nuova stagione di rilancio che sta vivendo Bitcoin, la moneta digitale più celebre, per fare una riflessione più ampia sulle criptovalute e su cosa noi definiamo “soldi”.
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di Luciano Canova
Economista e divulgatore scientifico, insegna Economia Comportamentale presso la Scuola Enrico Mattei.
Immagina che un amicə ti chieda la ricetta di quella pizza con cui hai stupito tuttə a cena. Per comodità, ragioneremo con unità di misura spicce: quindi, niente kg ma pacchetti di farina. Ora, continuiamo nell’esercizio: la ricetta chiede grosso modo l’uso di un pacco di farina. E tuttavia, pensa se, nel giro di soli 6 mesi, tra gli scaffali del supermercato, un pacco di farina, che prima conteneva 1 kg, ora ne contiene 2,69 kg. Il tuo amicə di turno tornerà da te un po’ arrabbiatə: “Ma che dosi mi hai consigliato?” Proprio non ti capaciti della domanda: un pacco di farina è un pacco di farina. Fuori di introduzione, entriamo nel mondo lievitato dei bitcoin, la più famosa tra le criptovalute al mondo, di cui in questa piattaforma si è già scritto tanto e bene. Bitcoin sta vivendo una nuova stagione di rilancio e non è mio scopo metterne in discussione i motivi, che sono anche abbastanza limpidi.
Come mai il Bitcoin subisce oscillazioni così forti?
La Securities and Exchange Commission (Sec), l’autorità di vigilanza sui mercati finanziari degli Stati Uniti, ha autorizzato a gennaio 2024 la quotazione di un nuovo prodotto di investimento in bitcoin, un Etf (Exchange-traded fund), un fondo indicizzato che consente agli investitori di trarre profitto dagli sviluppi dell’oggetto sotteso senza investire direttamente il proprio denaro nella valuta. Si tratta di una svolta piuttosto importante che, molto probabilmente, sarà seguita da altre autorità nel mondo e che apre le danze verso una riduzione del rischio in questo tipo di investimenti.
Sebbene Bitcoin sia una moneta digitale, non può essere creata all’infinito e la sua scarsità è una caratteristica intrinseca legata a due aspetti. Il primo è l’offerta limitata di Bitcoin. Il protocollo stabilisce infatti che il numero massimo di bitcoin in circolazione non dovrà mai essere superiore a 21 milioni. Pertanto è impossibile che possano esisterne di più. Nel caso delle valute fiat (quelle che usiamo tutti i giorni), invece, le autorità statali o le banche centrali possono, a loro discrezione, far stampare moneta, per intervenire sul sistema economico quando si vuole generare un impatto di rilancio (o di freno) sulla domanda e, però, determinando pure una pressione sull’inflazione.
Il secondo aspetto chiave è l’halving (dimezzamento). Approssimativamente ogni quattro anni, la quantità di nuovi bitcoin creati per ogni blocco è dimezzata. In sostanza, le ricompense per il mining, che è il processo attraverso cui vengono creati i Bitcoin, vengono dimezzate e la prossima scadenza è il 16 aprile 2024. Quando l’halving accade, il meccanismo delle aspettative economiche genera quello cui stiamo assistendo. Le aspettative nel contesto delle criptovalute sono particolarmente rilevanti: se da un lato la disponibilità di un bene viene ridotta (offerta limitata) e dall’altro un investitore suppone che chi fa acquisti con Bitcoin aumenti la sua domanda, il nuovo equilibrio tra domanda e offerta determinerà un aumento del prezzo. Ed è bene dirlo subito: ciò accade per un effetto di interazione tra i comportamenti che non necessariamente è legato al valore intrinseco del bene.
Ma veniamo al punto di questo articolo: se e quando si parla di educazione economico – finanziaria, un concetto fondamentale riguarda la natura e le caratteristiche del denaro.
Che cosa sono i soldi?
È rispetto a questa domanda che proponiamo alcune riflessioni sui bitcoin e sulle criptovalute. Il denaro è un bene molto particolare: tutti lo desideriamo e tuttavia esso libera la sua utilità per noi quando ce ne disfiamo. Due caratteristiche spiccano: velocità delle transazioni crescente e disintermediazione degli scambi.
Ma al netto dello sviluppo tecnologico, che funzioni deve avere qualcosa perché possa essere considerato denaro? Di fatto, già Adam Smith nella Ricchezza delle nazioni ne aveva fatto un’efficace disamina: il denaro, perché sia tale, deve esercitare tre funzioni: fare da mezzo di scambio, costituire riserva di valore ed essere una valida unità di conto. Ciò significa che il denaro è un tramite – ecco perché libera il suo valore quando ci si disfa di esso – per qualcos’altro. Che, possibilmente, la stabilità del suo valore ci consente di accumularne per far fronte all’incertezza.
E lascio da ultimo l’unità di conto perché è una funzione che ci dimentichiamo spesso e che pure è fondamentale: se dobbiamo misurare il valore di qualcosa, il denaro è l’unità di misura che fa al caso nostro. Questo è un servizio formidabile perché, anche se non siamo minimamente esperti di vino, possiamo ragionevolmente supporre che una bottiglia da 100 euro contenga vino di migliore qualità di una da 2,99 euro: non è sempre così, ma è così nella maggior parte dei casi. Quindi, il denaro è un segnale che ci dà informazioni utili attraverso i prezzi e ci aiuta a prendere decisioni. Ecco perché l’inflazione, quando aumenta troppo, diventa un grosso problema: perché fa scricchiolare le 3 funzioni del denaro e toglie valore ai segnali informativi dei prezzi.
E i bitcoin?
Sono un mezzo di scambio? Sì, anche se non così diffuso e non così semplice da usare. Ci sono app che ci permettono di pagare al supermercato (sempre, tuttavia, con una conversione in euro) ma sarebbe molto difficile, che so, in un paesino isolato della provincia molisana con una connessione internet instabile, trovare un meccanico che accetti le nostre cripto per il cambio gomme. Sono unità di conto? Provate a rispondere alla domanda: quanto costa un’utilitaria? O un Suv? O una station wagon? Naturalmente dipenderà dai modelli, dal brand e dalle prestazioni ma, se doveste fare delle stime, rispondereste sicuramente con un prezzo in euro. E se ve lo chiedessi in Bitcoin? Sento che il vuoto desolato di un terreno incolto sta facendo capolino tra i vostri pensieri.
L’ultima funzione è quella della riserva di valore, ed ecco tornare utile la farina dell’inizio: noi utilizziamo il denaro con l’idea che mantenga il suo valore e mostri una certa stabilità nel tempo. Ma il pacco di farina che, nel giro di 6 mesi, passa da un contenuto di 1 kg a quasi il triplo, è lo specchio dell’andamento di Bitcoin nello stesso lasso di tempo (da 26 k di ottobre a sopra i 70k). Bitcoin mostra una volatilità decine di volte superiore a qualsiasi valuta in circolazione. Ed ecco il punto: non è un giudizio su chi decide di investire del denaro nel mercato delle criptovalute, ma attualmente esse non sono né possono essere denaro. Sono un asset speculativo come tanti altri: ci si può investire, basta che si sia consapevoli della cosa.
A rinforzare il concetto, è appena stato pubblicato sul Journal of Economic Psychology uno studio empirico condotto dal bravo economista Alessandro Cascavilla (eccezionale divulgatore social sul profilo @ale.economista) che dovrebbe essere utilizzato come invito alla prudenza. I dati raccolti nello studio a partire da una survey condotta su 700 giovani mostrano un fatto molto interessante: chi è appassionato e informato sui bitcoin tende a considerarli come moneta, ma se si guarda all’associazione statistica tra percezione delle criptovalute e competenze di educazione economico finanziaria, si osserva che al crescere di queste ultime aumenta la percentuale di persone che considera Bitcoin come un asset. Per l’ennesima volta, educazione finanziaria come strumento di protezione (anche) dei propri investimenti e di cittadinanza attiva. Anche perché un detto abbastanza diffuso nel contesto dell’economia monetaria dice che creare una moneta è molto semplice: il problema è farla riconoscere dal maggior numero di persone possibile.