Mi conviene rinegoziare il mutuo?
In questo momento i prestiti a tasso fisso sono più convenienti rispetto a quelli con indice variabile. Ma allora, cosa deve fare chi ha ancora un vecchio mutuo a tasso variabile? Conviene ancora rinegoziare il prestito con la propria banca e cambiarlo con un fisso, o è meglio stringere i denti e pazientare un altro po’?
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di Giorgia Nardelli
Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.
- Per quanto risaliranno ancora i tassi dei prestiti?
- Quando conviene rinegoziare il mutuo?
- Per chi non può aspettare: cosa comporta rinegoziare il mutuo?
- Che documenti ci vogliono e quanto costa rinegoziare il mutuo?
- Che differenza c’è tra surroga e rinegoziazione del mutuo?
- Che cos’è la norma “salva mutui”?
- Si possono sospendere i pagamenti?
La prima notizia: secondo la Federazione autonoma bancari italiani al Sud i tassi fissi dei mutui hanno superato il 6%, un record da far rizzare i capelli, e a vincere la maglia nera è il Molise con 6,25%, seguito da Calabria (6,23%), Sicilia (6,14%) e Campania (6,02%). Siamo due punti in più rispetto alla regione più virtuosa, l’Emilia-Romagna, dove invece la media dei tassi dei prestiti immobiliari si ferma al 4,03%. C’è poi una seconda notizia, che certamente sorprenderà i non addetti ai lavori, e cioè che in questo momento i prestiti a tasso fisso sono più convenienti rispetto a quelli con indice variabile. La ragione? I mercati si aspettano che il livello del costo del denaro sia vicino ai massimi, ragione per cui le banche preferiscono rendere più appetibile il tasso fisso, convinte che presto il variabile calerà. Il che – attenzione – non signifca che potrebbe succedere tra qualche mese, ma nel giro di uno o due anni. Ma allora, ci chiedono tanti lettori e lettrici di Rame, cosa deve fare chi ha ancora un vecchio mutuo a tasso variabile? Conviene ancora rinegoziare il prestito con la propria banca e cambiarlo con un fisso, o è meglio stringere i denti e pazientare un altro po’? Ecco i consigli di un’esperta di un’associazione dei consumatori.
Per quanto risaliranno ancora i tassi dei prestiti?
È la domanda che tutti si pongono. Non c’è una risposta, ma si può delineare un probabile scenario, ripetendo le parole della numero uno della Banca centrale europea Christine Lagarde. In un’intervista a La Tribune, la presidente ha spiegato che i tassi d’interesse della Bce «hanno raggiunto un livello che, se mantenuto per un periodo sufficientemente lungo, contribuirà in maniera decisiva a riportare al più presto l’inflazione verso il nostro obiettivo». Traducendo, vuol dire che il costo del denaro potrebbe avere raggiunto il suo picco, e con esso, a cascata, anche i costi dei prestiti, e che dopo un periodo di stop, non appena raggiunto l’effetto sperato, potrebbero iniziare a scendere. È questa la ragione che spinge diverse banche a proporre oggi tassi fissi più bassi dei variabili, per tamponare il rischio di perdite future.
Quando conviene rinegoziare il mutuo?
Dunque, cosa deve fare chi ha un mutuo a tasso variabile, e da due anni subisce continue stangate? La soluzione più consigliata fino a ieri era appunto la rinegoziazione, ossia quella di chiedere al proprio istituto di rivedere le condizioni del proprio contratto di mutuo, magari allungando il prestito per abbassare la rata. «Il consiglio era anche di orientarsi sul tasso fisso, proprio per evitare nuovi rincari», spiega Antonella Nanna, avvocata ed esperta di materie finanziarie per Federconsumatori. «Nella situazione attuale, si rischia però di passare al fisso proprio nel momento di massimo storico, quando non si può che scendere. Se si può aspettare, meglio stare alla finestra ancora per qualche altro mese, guardando l’andamento dell’inflazione. L’obiettivo della Banca centrale è abbassarla, e se il costo della vita tornerà a valori accettabili, potremmo avere una tregua. Tendenzialmente dovremmo essere verso la fine della corsa».
Per chi non può aspettare: cosa comporta rinegoziare il mutuo?
Chi fa domanda di rinegoziazione al proprio istituto non deve necessariamente chiedere di passare al tasso fisso, ma può anche limitarsi ad allungare la durata del prestito, o chiedere di modificare lo spread. «La rinegoziazione è una formula che prevede che il cliente riveda una o più condizioni contrattuali del mutuo», spiega la rappresentante dell’associazione di consumatori. «Purtroppo, ed è bene saperlo subito, la banca non è obbligata ad accettare. In teoria dovrebbe convenire abbassare la rata per assicurarsi che il mutuatario possa sostenere la spesa, ma la nostra esperienza di associazione ci dice che molti istituti negano questa possibilità, anche solo perché semplicemente non la trovano economicamente vantaggiosa per loro», spiega l’avvocata.
Che documenti ci vogliono e quanto costa rinegoziare il mutuo?
Intanto va detto che per la rinegoziazione non serve un atto notarile, perché non consiste in altro che in una scrittura privata tra le parti. L’operazione è inoltre a costo zero perché non prevede né istruttoria, né l’intervento di un notaio. «Va però considerato che la Banca procederà comunque con una richiesta di fattibilità e quindi una valutazione del merito creditizio del richiedente», aggiunge Nanna. «Trattandosi di un cliente, l’istituto ha già nella maggior parte dei casi tutte le informazioni di cui ha bisogno, per esempio conosce i flussi di denaro in entrata e in uscita, sa se ha delle riserve, può verificare l’ammontare del suo stipendio, se questi è un dipendente e se ha l’accredito su quel conto. Non si può escludere che vengano chiesti altri documenti perché la banca deve avere la certezza che la rata sia sostenibile e che le condizioni di partenza, che risalgono a quando il mutuo è stato chiesto e concesso, non siano cambiate in negativo. In pratica, se i miei redditi si sono contratti, può chiedermi un aggiornamento della mia situazione».
Che differenza c’è tra surroga e rinegoziazione del mutuo?
Per evitare di scontrarsi con il no della propria banca, e trovare soluzioni più vantaggiose, molti consigliano a questo punto la surroga, e cioè la chiusura del mutuo e la contestuale accensione di un altro finanziamento presso un altro istituto, ovviamente a condizioni migliori. «Si tratta però di un’operazione più complicata, benché spesso vantaggiosa. Tutte le condizioni del prestito vanno riscritte, dagli intestatari all’importo, dalla rata allo spread, e il cliente deve ripagare costi per l’atto notarile, la perizia e l’istruttoria. «Fino a ieri la surroga ha sempre funzionato, perché pur di conquistare un nuovo cliente ogni banca era disposta a proporre prestiti a condizioni più vantaggiose rispetto al finanziamento già acceso. Ma torniamo sempre lì: in questo momento di grande incertezza le banche si muovono con molta cautela e verificano scrupolosamente i requisiti del richiedente».
Che cos’è la norma “salva mutui”?
Una via di uscita, ma solo per alcuni, è la norma “salva mutui” varata dal governo, che riprende una pratica già sperimentata nel 2011, e che offre un’ulteriore possibilità fino a fine anno, ma solo a una fascia più ristretta di mutuatari. La norma impone alle banche di convertire i mutui casa a tasso variabile in prestiti a tasso fisso, se richiesto dal cliente, a costo zero. Devono però sussistere 3 condizioni: l’Isee del cliente non deve superare i 35.000 euro, questi deve essere sempre stato puntuale nei pagamenti, e il prestito deve essere fino a 200.000 euro. Chi ha i requisiti deve però prima verificare la convenienza dell’operazione chiedendo eventualmente una simulazione. Il tasso dei nuovi mutui viene calcolato con una formula molto complessa, e potrebbe essere più alto del previsto, specie alla luce degli scenari futuri.
Si possono sospendere i pagamenti?
Nel frattempo, le associazioni dei consumatori lavorano sui possibili salvagente. «Puntiamo a raggiungere un accordo con l’Abi, l’associazione bancaria italiana per chiedere una moral suasion sugli istituti affinché concedano a chi è in difficoltà una sospensione del pagamento delle rate, come è già successo durante il covid. Oggi esiste già un Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, riservato a chi ha acceso prestiti fino a 250.000 euro, e che permette di sospendere il pagamento fino 18 mesi in caso di difficoltà, ma riguarda solo situazioni particolari, come la perdita del lavoro», spiega l’avvocata, che avverte: «In ogni caso, anche la sospensione delle rate comporta dei costi, perché prevede che il consumatore continui a versare mensilmente gli interessi del mutuo, e che gli interessi restanti vengano ricalcolati sulla durata del piano, che di fatto si allunga».