Carla, che spende tutti i suoi soldi in avvocato, cause e lettere di diffida

Carla è molto aggressiva e ogni pretesto è buono per mettere di mezzo un avvocato. Seduta dopo seduta emerge che sua madre, quando era adolescente, la scherniva sempre davanti ad amici e parenti, lasciandole, una volta cresciuta, un’incontrollabile bisogno di giustizia, che lei sfoga tramite il suo avvocato.

Tempo di lettura: 5 minuti

Elena Carbone
Elena Carbone

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Psicologa e psicoterapeuta esperta in traumi. Con l’account Instagram La psicologa volante fa divulgazione sul rapporto tra psiche e soldi.

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Foto di Christin Hume

Carla ha 34 anni, è in terapia con me da un mese per un problema di controllo degli impulsi. È single, viene dalla Sicilia e lavora in un’azienda del settore finanziario. L’ha mandata da me una sua collega perché il suo livello di tolleranza sul lavoro si è ridotto ai minimi termini: litiga con tutti, non riesce a controllarsi neanche con i clienti e l’evento che l’ha convinta a intraprendere un percorso terapeutico è stato il lancio di una bottiglietta d’acqua (per fortuna vuota) durante un diverbio con un collega.

L’origine della rabbia

Che Carla abbia una rabbia incontenibile è visibile a occhio nudo: arriva in terapia con un sorriso teso, ha sempre da ridire su qualcosa in sala d’aspetto o su chi abbia incontrato in strada per venire da me. Quello che dobbiamo capire insieme è quale sia l’origine di questa rabbia e perché Carla sia diventata una pentola a pressione pronta ad esplodere. Mentre le spiego proprio questo, mi dice che sta adottando delle strategie per non alterarsi e una di queste prevede che non vada lei più alle riunioni di condominio, ma vada il suo avvocato in sua vece. Chiedo maggiori informazioni su quella che lei vede come una strategia funzionale ed emerge che nella sua vita ha speso un patrimonio in avvocato facendo causa ogni volta che aveva una discussione con qualcuno.

«Lo so che può sembrare strano, ma gli avvocati esistono per questo motivo, per difenderci. Purtroppo, le cause costano e non sempre le ho vinte, così ho dovuto anche chiedere un finanziamento per l’ultima causa. Io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno. Dato che non posso picchiarli, cosa che sarebbe più soddisfacente… mi faccio valere grazie a un avvocato. Però nel frattempo sto dilapidando il mio capitale, anzi l’ho già fatto! Praticamente lavoro per pagare l’avvocato».

Carla è figlia di mamma Regina, maestra, e papà Luigi, idraulico.  È la più grande di 3 fratelli: uno è a Milano, uno è a Roma e il più piccolo di 22 anni vive in Sicilia con i suoi genitori. Carla mi racconta di non avere dei ricordi postivi con la mamma che è sempre stata molto severa, e di non averne neanche con il papà, che è sempre stato ai margini della loro educazione delegando tutte le decisioni alla funzione materna. Più chiedo particolari e più emergono ricordi di episodi tra il bullismo e l’abuso emotivo. La mamma di Carla era solita umiliarla davanti a tutti per la sua timidezza: la derideva con i fratelli chiamandola “imbranata” e con le amiche schernendola per la sua predilezione per i libri anziché per il divertimento. Le inveiva contro per la sua lentezza nell’apparecchiare la tavola e la insultava chiamandola “sanguisuga” ogni volta che non faceva qualcosa che rispondesse ai suoi desideri.

Il controllo di ogni ingiustizia

«Lo so che può sembrare impossibile e forse lei non mi crederà, ma mia madre mi odia. Ho in mente i suoi occhi carichi di astio mentre mi guardano».

Ecco che, quella voglia di giustizia a tutti i costi, inizia ad avere un senso.

Carla sembra aver sviluppato un profondo senso di ingiustizia a causa delle esperienze traumatiche vissute durante l’infanzia. La madre, con il suo comportamento umiliante e il bullismo emotivo, ha lasciato un’impronta indelebile sulla percezione di Carla riguardo a sé stessa e al concetto di giustizia.

Da una parte Carla ha interiorizzato l’odio per sé stessa attraverso gli occhi astiosi della madre, dall’altra la ricerca di giustizia è una reazione diretta alle ingiustizie subite. Il ricorso sistematico agli avvocati e alle cause legali diventa un tentativo di ribaltare il potere, di affermare il proprio valore e di ottenere riconoscimento e rispetto, cosa che le mancava profondamente nella relazione con la madre.

Inoltre, il controllo esercitato dalla madre sembra aver privato Carla della capacità di esprimere liberamente sé stessa e di difendere i propri confini. A volte adotta una figura legale come intermediario per proteggersi, trasferendo il peso della lotta e della difesa su qualcun altro, e altre volte marca i confini con una rabbia agita in modo disfunzionale, come quando si arrabbia in modo incontenibile.

«Capisco che non sia funzionale spendere i propri soldi in avvocati…tra l’altro ne ho dovuti cambiare parecchi perché la maggior parte di loro non sanno fare il loro lavoro, cercano un compromesso con la controparte quando io vorrei solo vincere la causa. L’avvocato che ho ora è uno squalo, il migliore, vale tutti i soldi che mi costa».

Il fatto che Carla spenda un considerevole patrimonio in cause legali le crea un circolo vizioso di frustrazione e stress che rischia di compromettere significativamente la sua stabilità finanziaria e, di conseguenza, il suo benessere complessivo.

La cura: trovare la consapevolezza

Un punto fondamentale della nostra terapia è stato sviluppare la consapevolezza che la sua ricerca incessante di giustizia, attraverso la via legale, abbia impattato la sua qualità di vita, non solo dal punto di vista emotivo, ma anche in termini di sicurezza finanziaria.

Per esempio, la decisione di chiedere un finanziamento per coprire le spese legali ha messo a repentaglio il futuro economico di Carla e, diventarne consapevole, è stata una delle motivazioni più forti per lavorare su di sé.

Abbiamo poi lavorato sulla ricostruzione della sua autostima, sulla gestione delle emozioni legate al passato e sulla ristrutturazione dei suoi schemi di pensiero per promuovere relazioni più sane e funzionali. Aiutarla a comprendere la radice della sua rabbia e sviluppare strategie alternative per gestirla è stato fondamentale per il suo percorso terapeutico.

In parallelo, abbiamo ideato un modo per non farla sentire indifesa durante un conflitto e per non farla sentire sempre vittima di ogni situazione: Carla ha imparato a definire meglio i confini, a lasciar andare, a esplorare alternative come la negoziazione o la risoluzione pacifica dei conflitti. Soluzioni sicuramente più soddisfacenti per il raggiungimento dei suoi obiettivi, più conservative del suo valore personale e anche più…economiche!

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