Per 22 anni mi sono preparata (finanziariamente) a lasciare il mio lavoro in banca

Una mattina di marzo 2015 Anna si sveglia, si guarda allo specchio, e si rende conto che è arrivato il momento di lasciare il posto fisso per iniziare a fare ciò che la rende felice per davvero. Così, prende la metro, e al posto di andare a lavoro, va a consegnare le dimissioni. Oggi è una libera professionista che fa la Language virtual trainer, e questa è la storia di come per 22 anni si è preparata a compiere un passo che avrebbe potuto renderla più povera, ma non se fatto con la dovuta preparazione finanziaria.

Tempo di lettura: 9 minuti

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Anna Quaranta

«Una mattina di marzo 2015, mi alzo e mi guardo allo specchio. Avevo passato la domenica a piangere. Così mi sono detta: “Io non posso fare questa vita. Ok, 2.200€ al mese, assicurazione sanitaria e tutto il resto, ma non posso”. Invece di prendere la metro per andare alla filiale dove lavoravo, ho preso la metro nella direzione opposta e sono arrivata in zona Parioli, dove c’era la sede principale della banca, e sono andata al settore risorse umane, dove non hanno accettato le mie dimissioni. Quindi, da incosciente, il giorno dopo ho mandato una raccomandata. A quel punto è fatta».

Anna ha 50 anni. Quel lunedì di 9 anni fa, ha lasciato il posto da bancaria che occupava da 22 anni.

«Io ci avevo già provato due o tre volte a prendere quel famoso tram nella direzione opposta, e non c’ero riuscita. Perché non si arriva completamente convinti ad una decisione così. C’è sempre quella vocina dentro di te che ti dice: “Guarda che stai facendo una cazzata”. Proprio come quando ti stai per tuffare, è alto, ti tiri indietro e dici “adesso no, lo faccio più tardi”».

Oggi Anna è una libera professionista. Fa la language virtual trainer e questa è la storia di come per 22 anni si è preparata a compiere un passo che avrebbe potuto renderla più povera, ma non se fatto con la dovuta preparazione finanziaria.

 

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L’Eldorado del posto fisso

Anna Quaranta vive ad Ostia e proviene da una famiglia molto semplice, padre poliziotto, e madre casalinga. Genitori attempati per lei, che ha un fratello di ben dodici anni più grande.

«La loro è stata una generazione che è riuscita a fare meglio di quella precedente soprattutto perché c’era la possibilità del posto fisso. Quindi nella mia famiglia, come in tutte le famiglia dell’epoca, il posto fisso era l’Eldorado per raggiungere un miglioramento di vita, perché quello poi ti garantiva la sicurezza, il mutuo, la pensione. I miei genitori sono nati negli anni ’30 e non avendo molti mezzi hanno cercato di passare a me questo tipo di mentalità».

Già da quando ha dieci anni, Anna si interfaccia con le questioni finanziarie e capisce che i soldi sono il mezzo per ottenere qualcos’altro. Un significato che, una volta cresciuta, prenderà per lei una sfumatura più profonda.

«Sin da subito ho imparato qual era il valore dei soldi e che quindi che con i soldi ci voleva il lavoro. Anche dal punto di vista pratico, quando avevo dieci anni, mi ricordo che mio padre mi dava le bollette da andare a pagare. Perciò io già a quell’età sapevo che tutto quello che usavamo dentro casa, dal telefono, alla corrente, ai fornelli, aveva una costo».

La venerazione dei genitori per il posto fisso condiziona le scelte che Anna fa riguardo i suoi studi: le piacerebbe frequentare il Liceo Classico, ma alla fine sceglie l’Istituto Tecnico, sicura di trovar lavoro una volta ottenuta la maturità.

«Lì a scuola c’era un professore che mi ha offerto di andare a fare la ragioniera già subito il giorno dopo la maturità. Quindi ho iniziato subitissimo a lavorare e poi a 19 anni ho fatto un concorso in banca e l’ho vinto. Non dimenticherò mai il giorno che ho iniziato a lavorare in banca: c’era un rinfresco di qualcuno che probabilmente stava andando in pensione e io ho pensato: “Che vita è fare tutti i giorno lo stesso lavoro, anche se quel lavoro ti dà tutte le tutele del caso?”».

Anna ha 19 anni e guadagna 1.650.000 lire, più di quanto guadagnassero in quel momento suo padre o suo fratello.

«All’epoca ancora c’era la 15esima, i premi di produzione e tutta una serie di benefit tipo i buoni pasto e l’assicurazione sanitaria. Adesso sono tutte cose normali, ma all’epoca questo era estremamente privilegiato».

«Io ero un po confusa perché mi sarebbe piaciuto studiare ed esplorare il mondo, però i miei mi avevano inculcato in testa l’importanza della sicurezza economica, perciò mi sono detta: “Faccio dieci anni qui dentro, mi metto da parte i soldi, e me ne vado”».

Per la prima volta, Anna sperimenta la libertà di spendere i soldi per ciò che desidera.

«Lavoravo in una filiale vicino a Piazza Barberini, quindi ero vicina a tutta una serie di bei negozi. Da che ero sempre stata abituata a guardare il prezzo prima di comprare, c’è stata una piccola finestra in cui mi dicevo: “No, va beh, entro, mi piacciono, me le compro”. Per me, comprare senza chiedere il prezzo, era la ricchezza assoluta».

La pianificazione a lungo termine

Il periodo in cui entra nel negozio di via Veneto e compra le scarpe senza guardare il prezzo dura poco, perché Anna ha ben chiaro in testa che ciò che guadagna con quel lavoro sarà il suo volano per la libertà.

«Sapevo che dovevo costruirmi una sicurezza, perché a un certo punto io avrei voluto fare altro. Non avevo chiaro cosa avrei fatto, però sapevo che lo avrei fatto. Per cui, quando tu hai un obiettivo a lungo termine, lo vedi, e nonostante i contorni siano poco definiti, man mano che ti avvicini diventa sempre più chiaro».

Anna inizia così a risparmiare ogni mese. Con quei soldi, sempre in funzione dell’obiettivo di lungo termine di lasciare il lavoro, ricomincia a studiare e si laurea in Lingue.

«Avevo già investito i miei soldi in certificazioni linguistiche e avevo preso il livello proficiency di inglese, perché quello era l’investimento. Ritengo che sia molto importante che nei soldi che guadagniamo, una parte sia destinata all’istruzione».

«Dopo aver preso la laurea tanti mi hanno chiesto: “E adesso che ci fai?”. Perché per molti prendere una laurea quando già stai lavorando è solo uno sfizio, per me, invece, non era così. Perché la laurea ti deve portare a fare qualcosa che ti piace».

Così sarà per Anna, ma non subito. Appena laureata, non è ancora il momento di lasciare il posto fisso, perché nel frattempo la sua vita si è complicata parecchio.

«Succede che mi compro casa, mi sposo e divorzio. E sono tre eventi che portano variazioni nella vita finanziaria di una persona».

Ed è così che il tempo dentro un lavoro che non ha mai amato, e che non le assomiglia, si dilata.

«Adesso io mi chiedo come ho fatto a lavorare lì per 22 anni. Ma penso che sia stato il pensiero di andarmene a darmi la forza di restare, perché poi nel frattempo io ho fatto anche una discreta carriera, quindi ho guadagnato più soldi, e questo ha significato, senza subbio, mettere da parte più soldi».

«Durante quegli anni, l’unica mia via di fuga era viaggiare. Perciò, i miei soldi venivano investiti per finire di pagare la casa, per viaggiare e per pagarmi l’università e i vari corsi di specializzazione».

La carriera di cui sta parlando la porta dal backoffice alla consulenza. Dove sente ancora di più lo scarto tra il modo in cui le viene chiesto di seguire i clienti, e la reale missione della figura professionale che incarna.

«A me piaceva parlare con la gente, entrare nella loro vita, perché il consulente finanziario altro non è che un prete, uno sciamano, un farmacista, un dottore… è una parte integrante nella vita delle persone. Ai tempi non si sentiva parlare di educazione finanziaria, perciò a me piaceva molto spiegare che cosa stavamo andando a fare. Però, era qualcosa che i miei superiori non vedevano di buon occhio, perché l’obiettivo a breve termine era vendere il prodotto. E questo snaturava un po’ la reale missione di quel lavoro. Perché il lavoro del consulente finanziario non è vendere un prodotto, ma supportare il cliente e andare incontro alle esigenze, ovviamente guadagnandoci anche tu».

Ciò che vorrebbe fare con i suoi clienti, Anna intanto lo fa per sé: trasforma i suoi obiettivi di vita in obiettivi finanziari e investe in funzione di quelli.

«I miei soldi venivano investiti come fosse il portafoglio di un cliente, quindi c’era l’obiettivo a lungo termine che era andarsene, l’obiettivo a medio termine che era continuare a studiare, e poi quello a breve termine che era viaggiare, e quindi organizzare il viaggio».

Sette mesi dopo aver finito di pagare il mutuo, arriva per Anna il momento che ha rimandato a lungo. Un lunedì mattina prende il tram diretto alla sede centrale della banca e rassegna le sue dimissioni. Anna ha 40 anni e inizia una nuova vita da libera professionista.

«La casa era pagata, mi ero messa da parte i soldi con i PAC per stare dei mesi senza stipendio, e poi mi ero fatta due conti di quello che avrei preso come liquidazione, che ovviamente era il mio zainetto di salvataggio».

Il principio della diversificazione

Anche nella ricerca di lavoro Anna mette in pratica il principio base del bravo investitore.

«Ho mandato un sacco di curriculum e da tutti questi curricula ho iniziato delle collaborazioni, in particolare con due scuole: in una, insegnavo italiano per stranieri, nell’altra inglese. Anche qui ho mantenuto il principio della diversificazione, che è esattamente lo stesso che ho sempre mantenuto anche quando lavoravo in banca, perché sono due mercati completamente diversi, all’interno del quale ci sono tanti sotto mercati. Per cui, l’importante è stare sul pezzo su tutti».

Le competenze maturate nel settore finanziario la aiutano a gestire le spese nel momento in cui diventa libera professionista.

«Io ho sempre fatto piani d’accumulo perché la mia idea è che non esista un momento migliore per entrare in un investimento. Si può entrare in qualsiasi momento con una piccola cifra. Quindi, all’inizio, i piani d’accumulo mi sono serviti per mettere da parte i soldi per la casa, poi per viaggiare, e così via. Inoltre, ti aiutano a capire come funziona il mercato».

Da quando è libera professionista Anna ha dovuto affrontare momenti molto difficili, come la morte degli anziani genitori e la sua malattia.

«Dopo che ho lasciato il posto fisso e ho lasciato la tutela, non soltanto da un punto di vista economico ma anche legislativo, ho capito che era ancora più importante essere estremamente attenti e oculati».

«Quindi essere oculata nelle spese è stata la cosa che mi ha dato la possibilità di andare avanti e di dire: “voglio imparare ancora e voglio poter cambiare ancora”».

Oggi Anna guadagna 22mila euro lordi, che è pochissimo rispetto alla cifra di un tempo. Ma dentro questa vita si sente finalmente a casa.

«Io qualche volta il lunedì mattina mi svegliavo e piangevo. Ad oggi posso fare molte meno cose perché non ho lo stipendio e le sicurezze che avevo prima, ma se non altro, adesso il lunedì mi sveglio contenta. E quello paga, molto».

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