Quanto costa avere un corpo grasso

Per Lara Lago, lo shopping compulsivo, assieme al make-up e ai tatuaggi, erano la cura per la tristezza che incombeva sulla sua vita, a causa di un corpo non conforme agli standard sociali e che resisteva a ogni trasformazione radicale imposta con le diete. Gli anni che trascorre ad Amsterdam, una città dove non viene dato alcun valore all’esteriorità, sono liberatori.

Tempo di lettura: 13 minuti

Lara Lago

Ascolta il podcast della puntata:

“Fino alla taglia 48, i vestiti li trovi nei negozi. Se superi la 48 fai più fatica, in più gli abiti ti stanno meno bene addosso. Di conseguenza, appena trovi qualcosa che ti sta la compri, perché non sai quando poi avrai l’occasione. Da quando sono diventata una 52, io ho comprato molto di più”.

Di ogni fase della sua vita, Lara Lago ricorda la taglia che portava: su e giù dalla 46 alla 52, in una montagna russa che condizionava la sua salute mentale e il suo portafogli. Perché, come scrive lei stessa, “viviamo in una società che trae profitto dalla tua insicurezza”.

La Provvidenza per sognare in grande

Lara nasce 38 anni fa a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, in una famiglia allegra e rumorosa, con pochi soldi ma tanta gioia di vivere. La madre è dipendente comunale. Il padre passa da un lavoro all’altro. Quando Lara è alle elementari, lui vende al mercato abbigliamento per bambini.

«Quello era un lavoro che io amavo e che forse mi ha fatto sviluppare l’addiction per lo shopping. Lui mi straviziava: mi comprava sempre qualcosa. E se non lo faceva, mi arrabbiavo molto perché ero proprio viziata su questa cosa del comprare. Probabilmente mio padre aveva le mani bucate. Io le ho assolutamente e mi chiedo da dove venga questo effetto mano a scolapasta».

Tutto ciò che posseggono, in quegli anni, ha una rata mensile che ci pende sopra. La casa, l’auto, persino il Folletto, l’elettrodomestico che negli anni ’90 prometteva di dimezzare il tempo dedicato alle pulizie e che sua madre decide autonomamente di comprare.

«Mi ricordo mia madre che rideva e mio padre che le diceva: “Ma ti pare che ti devi comprare il Folletto? Non abbiamo neanche i soldi per arrivare in fondo a fine mese. E tu cosa fai? Compri il Folletto a rate? Una scena tragicomica».

Lara è la prima di tre figlie. Alle scuole medie, per la prima volta, quando le vengono negate le Nike Silver, capisce che i soldi hanno il potere di condizionare la sua immagine.

“Erano i primi anni ‘90 e queste scarpe andavano proprio forte. Costavano 200mila lire. Quando dissi ai genitori che le volevo, mi chiesero se ero pazza: ma ti rendi conto di quanto costano? Ti rendi conto di quanto dobbiamo lavorare perché tu possa avere quelle scarpe? Non se ne parla”.

I soldi però non possono condizionare la bellezza della sua vita.

«Se mi chiedi se ho sofferto perché non eravamo benestanti ti dico: “Assolutamente no”. Non ci facevamo mancare niente. Non possedevamo cose di valore, però avevamo una vita molto piena. Con queste cene per 25 parenti, tutti intorno alla tavola… Anzi, in famiglia ci è sempre stato detto che era meglio avere pochi soldi, perché le famiglie con tanti soldi poi litigano».

Per le ambizioni, per i sogni in grande, c’era una figura mitica.

«C’era un jolly nella mia famiglia, che era lo zio. Lo zio single che ha sempre vissuto con i genitori, che non ha mai pagato un affitto, che ha avuto la possibilità di lavorare tutta la sua vita risparmiando e che automaticamente è diventato lo zio ricco. “Tu, Lara, sogna in grande, che capiamo quanti soldi servono e in caso chiediamo allo zio”».

Lo zio esisteva, ma non aveva davvero tutti quei soldi. Né tantomeno qualcuno glieli ha mai chiesti. Era solo il feticcio di un’ambizione che non doveva essere frenata a causa della scarsa disponibilità materiale. Lo zio era la personificazione di un concetto mai nominato ma molto presenta nella famiglia religiosa e praticante di Lara: la Provvidenza.

“La Provvidenza è una cosa fondamentale: tu non ti preoccupare, non ti affannare delle cose dell’uomo, se la tua strada è quella, vedrai che i soldi a un certo punto spunteranno fuori”.

Se l’idea della Provvidenza esiste, quella del risparmio no.

«La mia educazione finanziaria è completamente inesistente. Ma la cosa drammatica è che ho quasi 40 anni ed è tuttora inesistente. Non ho mai pensato a un piano di saving».

È sua madre a risparmiare per lei e per le due sorelle, su un libretto postale dove a 18 anni troveranno 1000 euro ciascuna che useranno per farsi la patente.


Lo shopping per curare la tristezza

Lara inizia a lavorare durante l’università. Mentre studia Scienze della comunicazione, manda un curriculum a un giornale del suo paese con il quale collaborerà per i successivi 6-7 anni, vedendo progressivamente i suoi compensi scendere.

«All’inizio della mia collaborazione avevo 21 anni e venivo pagata anche 25-30 euro ad articolo, per arrivare negli ultimi anni a 3,90 euro per un articolo di cronaca nera. E lì decisi di andarmene perché non riuscivo a pagare un affitto, a fare nulla».

Nel 2010 inizia a lavorare un paio di giorni alla settimana per una televisione locale. Sommando tutte le collaborazioni di quel periodo, riesce a racimolare uno stipendio pressoché normale, di 1200 euro al mese. La scarpiera che vanta in quegli anni è la nemesi delle Nike Silver negate da ragazzina.

“Con i primi stipendi mi sono comprata una quantità di scarpe che non ho mai quantificato. Ho comprato scarpe assurde, con i tacchi altissimi, scarpe che ho portato una volta sola. In quel periodo mi sono fatta una cosa alla Paris Hilton: una vetrinetta fucsia con i faretti a led che mi illuminava tutte le scarpe che non avevo potuto permettermi fino ad allora”.

Lara ha 25 anni, vive a casa dei suoi perché non potrebbe permettersi un affitto, mangia carciofi a colazione e mastica limoni, pensando che più dimagrirà più varrà. Intanto compra cose di bassa qualità in enormi quantità, spesso assieme a sua madre.

«Quando andavo a fare shopping lei mi accompagnava sempre molto volentieri. E quando trovavamo un vestito che era bello, che mi stava bene e che costava poco, avevamo gli occhi a cuore, sembravamo impazzite. Sì, compriamolo!

Io fluttuavo molto di taglia, quindi c’è stato un momento in cui avevo un armadio dalla 44 alla 52 e tutti i generi. Tu entravi nella mia stanza e nell’ingresso vedevi la vetrinetta con le scarpe e i faretti led che le illuminavano, poi al centro due relle di vestiti, tipo negozio, perché la mattina mi dovevo alzare e guardare tutte le grucce per scegliere come volevo essere. Cioè la mia camera era diventata il mio negozio».

Lo shopping compulsivo, assieme al make-up e ai tatuaggi, sono una sorta di cura per la tristezza che inizia a incombere sulla vita di Lara per quel corpo non conforme agli standard sociali e che resiste a ogni trasformazione radicale imposta con la forza di volontà. Lara a quel tempo è una 46-48 e inizia ad avere i primi attacchi di panico.

“In una società grassofobica è molto difficile vedersi bello per un corpo grasso e quindi un corpo grasso farà di tutto per essere, non ti dico accettato dalla società, ma da se stesso”.

«Faccio un esempio: i tatuaggi. Io ho dieci tatuaggi e i tatuaggi costano un sacco di soldi. Però mi hanno aiutato a far pace con delle parti del mio corpo. Perché se io mi faccio un tatuaggio, tipo una rosa in mezzo alla pancia, inizialmente guardo il mio rotolo di pancia, ma il giorno in cui mi sono tatuata, comincio a guardare la rosa e automaticamente faccio pace con quella parte del corpo. Questo vale per tutta l’industria della bellezza, i capelli, il trucco. Una donna grassa, io per prima, tante volte compensa con l’ultra femminilità: è sempre stravestita, sempre stratruccata».

Il suo corpo ancora oggi condiziona prepotentemente il suo budget mensile: «Se noi fossimo sicure dei nostri corpi nessuno potrebbe speculare sulla nostra incertezza».


La lezione di Amsterdam

Nel 2016 Lara parte per Amsterdam. È la prima volta che vive da sola. Lascia a casa la scarpiera con le luci led, le relle dei vestiti e chiude la sua vita in due valigie. È stata assunta come producer e giornalista con uno stipendio più alto di quello che abbia mai avuto in Italia, 1600 euro. Pensa di aver svoltato e che finalmente avrà una solidità di entrate. Non ha ancora fatto i conti con il costo della vita in Olanda.

«Mi rendo conto che se non sto attenta non arrivo a fine mese. È un’amara scoperta, anche perché quando vai a vivere da sola ti serve tutta una serie di cose che prima non hai, come per esempio il piumone. Quindi appena arrivo vado all’Ikea a comprarne uno e scopro che costa 100 euro. Come faccio? Mi sono fatta prestare i soldi dal mio ragazzo».

In quegli anni Lara smette di fare shopping e mette in pausa la sua routine di bellezza. Per un motivo più meteorologico che economico.

“Ad Amsterdam piove sempre e ti sposti sempre in bici. Se io mi mettevo anche solo il mascara diventavo un panda col trucco che mi colava dappertutto. Quindi l’assetto da combattimento migliore era no make-up e capelli a chignon sotto un berrettone di lana. Non esiste proprio il concetto della piega: se vai dal parrucchiere, ti lavano i capelli e ti mandano fuori con i capelli bagnati, perché tanto poi piove”.

Questa cosa inizialmente la mette in crisi. Aveva imparato a truccarsi e a curare ossessivamente il suo aspetto. Ora si ritrovava in una città in cui l’estetica non contava più niente.

«Oggi dico grazie, perché quella roba lì mi ha cambiato completamente la vita. Mi ha cambiato la testa, mi ha fatto vedere come si può stare benissimo senza extension. Sei tu a prescindere. nessuno ti fa mai notare niente del tuo aspetto estetico. Questa cosa l’ho trovata sommamente liberatoria».

In quello stesso periodo, però, Lara vede il suo corpo cambiare. Ad Amsterdam fatica a mangiar bene. Inoltre, dovendo cucinare da sola, finisce per prepararsi solo ciò che ama, niente proteine carboidrati a go go.

«Comincio ad avere un corpo veramente grasso. Prima in Italia era solo una percezione, di fatto avevo la 48. E invece lì comincio ad arrivare anche alla 50. E quindi ho un momento di rottura in cui vado in crisi e dico: “Come ho fatto a ridurmi così?”».

Un giorno Lara partecipa a un flash mob: sfila in mutande e reggiseno assieme a tante altre donne con le fisicità più diverse.

«Dopo che ho fatto questa cosa ho smesso di guardarmi allo specchio, di recriminare il mio corpo e anzi ho cominciato un percorso di ringraziamento. Ogni sera dicevo: “Caro corpo, abbiamo pedalato sotto la pioggia. I capelli sono crespi come in Italia non sarei probabilmente neanche uscita per buttare la spazzatura. Siamo una cosa inguardabile, eppure anche oggi ce l’abbiamo fatta e guarda quanto siamo gnocche. Amsterdam mi ha dato la lezione che probabilmente io dovevo avere da questa città e mi ha fatto incontrare un sacco di attiviste per la body positivity».


Il senso politico della beauty routine

Dopo tre anni in Olanda, dove ha fatto carriera fino a diventare head of content di un canale dedicato alle storie di empowerment femminile, Lara Lago nel 2018 viene chiamata da Sky. Torna in Italia per lavorare a Milano.

“Il mio ritorno in Italia è stato tosto, perché tutto ciò che l’estero ti dà, l’Italia ti toglie. Quando sono tornata a Milano è tornata la mia beauty routine di prepotenza. Tutte le mie colleghe avevano sempre capelli perfetti, erano sempre vestite di marca e avevano le unghie impeccabili. Quindi ho pensato che non avevo più scuse per non fare le cose che facevo prima”.

Lara comincia a destinare un budget mensile di 300 euro alla sua beauty routine. E riprende a fare shopping.

«Anche perché avere uno stipendio alto ti fa pensare che hai dei soldi che puoi spendere. Invece di metterli via ti chiedi: “Cosa posso comprarmi di nuovo?”. Poi Milano è una città mega cara. Quindi queste cose diventano dei veri e propri vizi».

Solo anni dopo capisce quanto lo shopping avesse una valenza compensativa nella sua vita.

«La pandemia, e anche un po’ l’infelicità dovuta al tornare a vivere a Milano, al non avere più la libertà estetica e di espressione che avevo prima, mi ha fatto sfogare su determinate cose. Invece di sedermi ad ascoltare la mia infelicità, io faccio qualcosa per tornare ad essere felice. Le due cose principali sono mangiare e fare shopping».

“C’è stato un campanello d’allarme quando alla sera, stanchissima sul divano, invece di ammettere il fatto che ero stanca e andare a dormire, decidevo di far qualcosa per stare meglio: comprare. Mi svegliavo di mattina e non mi ricordavo più dove avessi speso i soldi”.

Lara, in ogni momento di vulnerabilità, trova consolazione nel comprare: «E se compro qualcosa, torna la bambina del mercato felice di possedere una cosa nuova».

Lara però riconosce l’aspetto tossico di questi comportamenti. Si fa aiutare da una psicologa e cerca piccoli espedienti per uscirne.

«Ci sono delle cose che mi aiutano. Per esempio, non compro più di notte. Se mi piace una cosa la metto nel carrello virtuale. E poi, se dopo una settimana o due ci sto ancora pensando, magari la compro, altrimenti no».

Pian piano esce dall’acquisto compulsivo, e attribuisce un senso nuovo, quasi politico alla sua beauty routine. I suoi capelli blu pendant con gli occhi, i tatuaggi, le unghie col gel, le ciglia finte, il piercing, il trucco appariscente, sono fondamentali per renderla visibile e per farla stare bene con se stessa.

“Le persone grasse sono invisibili per la società, pur avendo un corpo estremamente visibile, che occupa spazio. Fino a pochissimi anni fa la moda plus size non ti vestiva, ti copriva: pantaloni a palazzo, casacche che ti arrivavano sopra le ginocchia, come delle tende. Perché il tuo corpo non può essere visto. Perché non è un corpo guardabile. Io oggi, oltre a farti vedere la forma del mio corpo, faccio anche quello che il mio ragazzo chiama l’effetto albero di Natale. Cioè aggiungo tutti quanti gli addobbi”.

La conseguenza di questa beauty routine impegnativa è il non riuscire ad avere alcuna forma di risparmio. Sul suo conto corrente, Lara ha impostato un accantonamento automatico di 300 euro al mese, ma troppo spesso finisce per svincolarli e spenderli.

«Preferisco vivere in una bella casa in centro e mettere via meno soldi. Però provo una grande frustrazione: è una vita che lavoro e non ho messo via niente in questi anni. Il giorno in cui dovrò andare dal dentista come farò? Ci penserà la Provvidenza!».

Lara non riesce a risparmiare per crearsi un cuscinetto di emergenza. Ma forse può riuscirci in funzione di un obiettivo ben preciso. Ancora una volta, qualcosa che sogna di comprare.

“Sono una fanatica dell’acqua, perché in acqua il mio corpo non ha peso. Quindi nella casa dei miei genitori, che hanno un giardino veramente gigante, c’è sempre stata una piscina. Inizialmente era una piscina gonfiabile, poi è diventata una piscina fuori terra. Io vorrei regalare ai miei genitori la vera piscina. Mi ci potrebbero volere circa 8mila euro. Ma sono certa che metterei da parte 8mila euro per fare la piscina e poi sarei di nuovo a zero”.

Condividi