Quanto pesano le scelte delle donne sulle loro pensioni
Il lavoro di cura familiare che la nostra società demanda alle donne ha un impatto solo sulla loro vita attuale o estende i loro effetti anche sulla loro pensione? È questa la domanda da cui voglio partire oggi.
Tempo di lettura: 4 minuti
di Elisa Lupo
Consulente del lavoro da più di 15 anni, ideatrice, autrice e voce di Previdenti, il primo podcast che spiega in modo facilmente fruibile il mondo della pensione.
Il nostro sistema previdenziale attuale è basato sul sistema di calcolo contributivo, la regola che lo governa è: più contributi verranno versati, più pensione si percepirà. Questo significa che tutti i contributi versati durante la vita lavorativa hanno pari dignità, al contrario di quanto succedeva nel sistema retributivo. La costruzione della pensione sarà tanto più alta quanto maggiore sarà il numero dei mattoni (contributi) utilizzati per costruirla.
Dato questo assunto di base è facile intuire che se per un periodo della vita non versiamo contributi o ne versiamo in quantità inferiore, alla fine della vita lavorativa avremo una pensione più magra.
Analizziamo insieme le scelte che sono le donne a compiere con più frequenza per occuparsi della cura della loro famiglia e che impatto queste hanno sulla loro pensione:
Part-time: Secondo il rapporto Istat sul mercato del lavoro 2022, in media in Italia il 24% delle donne occupate ha un lavoro part time. Questo dato è 3 volte superiore a quello degli uomini, e il gap aumenta se consideriamo solo le donne con figli in età prescolare. Avere un lavoro a tempo parziale significa guadagnare di meno e quindi versare meno contributi. Quando si sceglie di ridurre la quantità dell’impegno lavorativo a favore di quello familiare si deve aver chiaro che diminuirà la propria pensione: andrebbe quindi compensata questa diminuzione con dei versamenti aggiuntivi alla previdenza complementare.
Congedi parentali: Secondo il rapporto Inps 2022, soltanto il 19% dei padri richiede il congedo parentale, cioè quel congedo di cui possono usufruire entrambi i genitori alternativamente fino ai 12 anni di vita del bambino. Il congedo parentale è pagato dall’Inps per mezzo del datore di lavoro al 30% della retribuzione e prevede un accredito figurativo dei contributi fino ad un massimale legato al valore dell’assegno sociale. Facciamo un esempio per rendere più chiara la dinamica: una lavoratrice con uno stipendio mensile lordo di €1.500,00 decide di usufruire di 1 mese di congedo parentale per stare con il suo bambino. Per quel mese guadagnerà € 450,00 e le saranno accreditati contributi su questo valore. Perché l’indennità percepita durante il congedo parentale è inferiore al massimale stabilito da legge che per il 2022 è di circa €900,00. Se la lavoratrice in questione avesse avuto una retribuzione €3.500 avrebbe avuto un’indennità di €1.050 ma i suoi contributi sarebbero stati calcolati su circa €900,00, perché l’indennità percepita in congedo parentale supera il massimale consentito e i contributi figurativi possono essere calcolati solo fino a massimale.
Riposi per allattamento: Anche in questo caso si tratta di permessi orari che possono essere fruiti da entrambi i genitori ma che nella realtà usano quasi esclusivamente le donne. Questi riposi vengono pagati come la retribuzione ordinaria ma scontano il meccanismo di tetto all’accredito dei contributi che abbiamo visto per il congedo parentale.
Permessi familiari con grave disabilità: rifacendoci sempre all’ultimo rapporto annuale dell’Inps, i permessi giornalieri in questione sono utilizzati in misura quasi uguale da lavoratori e lavoratrici, mentre il congedo straordinario che può arrivare ai 2 anni è utilizzato in maggioranza dalle donne. Ancora una volta, questo sbilanciamento ha riflessi sulla pensione perché il congedo prevede un importo massimo di indennità erogabile che per il 2022 è di circa €37.000 e la contribuzione figurativa è riparametrata su questo massimale.
Questo breve excursus vuole porre l’attenzione sul fatto che nel nostro sistema previdenziale nessuna “azione“ lavorativa è neutra ai fini della pensione ed è necessario tenerlo presente per poter porre in atto delle compensazioni come versamenti aggiuntivi alla previdenza complementare o il versamento di contribuzione volontaria alla previdenza obbligatoria. Le misure compensative vanno messe in atto sempre sulla propria posizione, ed è necessario che le donne se ne prendano cura in prima persona, senza demandare la decisione o la cura della propria posizione a qualcun altro.