Quelle lettere dell’Agenzia delle Entrate buttate in un cassetto

«Quando mi è arrivata la prima lettera dell’Agenzia delle Entrate l’ho aperta e sono quasi svenuta! Non avevo calcolato che parte dei miei guadagni dovevano essere conservati per pagare le tasse. Ho sempre speso tutto il mio guadagno tra cene, viaggi e vestiti… quella lettera mi ha risvegliato bruscamente da un bel sogno». Storia di Giulia, che faticava a portare avanti le storie d’amore e a pagare le tasse.

Tempo di lettura: 6 minuti

Elena Carbone
Elena Carbone

di

Psicologa e psicoterapeuta esperta in traumi. Con l’account Instagram La psicologa volante fa divulgazione sul rapporto tra psiche e soldi.

blank
Foto di Michael Discenza

«Quando mi è arrivata la prima lettera dell’Agenzia delle Entrate l’ho aperta e sono quasi svenuta! Non avevo calcolato che parte dei miei guadagni dovevano essere conservati per pagare le tasse. Ho sempre speso tutto il mio guadagno tra cene, viaggi e vestiti… quella lettera mi ha risvegliato bruscamente da un bel sogno».

Due sintomi apparentemente sconnessi

Giulia è in terapia, da circa un anno, per alcune difficoltà a mantenere una relazione stabile. Ha 35 anni, è un’architetta che esercita la libera professione e da qualche mese sta uscendo con Andrea, relazione che ci consente di lavorare in modo costante e pratico sulla sua propensione a interrompere una relazione appena diventa più seria.

Un giorno arriva in seduta sprovvista del solito sorriso aperto, le lascio un po’ di tempo per raccogliere le idee e la voglia di raccontarmi quello che è accaduto.

Il fidanzato non c’entra nulla, la relazione procede ancora molto bene nonostante stia diventando un po’ insistente sulla necessità di conoscere i suoi amici. Lei capisce l’esigenza di Andrea, ma al contrario delle relazioni precedenti, non si spaventa, nicchia solamente e posticipa l’incontro a quando sarà pronta. Molto bene, quindi cos’è successo?

Giulia mi racconta che dopo una lettera da parte dell’Agenzia delle Entrate ricevuta 4 anni fa in cui la informavano di un debito che doveva saldare, ha chiesto una mano ai genitori per mettere insieme la cifra dovuta e ha iniziato a capire come funzionava essere titolari di Partita Iva: non poteva spendere tutto ciò che guadagnava, doveva risparmiare per le tasse che avrebbe pagato successivamente. Mi racconta che, dopo esserci riuscita per un po’ di tempo, ha iniziato ad intaccare i suoi risparmi per un viaggio, per un paio di scarpe, per un’uscita e si è ritrovata a non badare più alle spese.

“Tanto guadagno bene, lavoro sodo, me lo posso permettere” si diceva tra sé e sé e metteva in un cassetto le altre lettere da parte dell’Agenzia delle Entrate. Mi confessa che non le apriva neanche, aveva imparato a riconoscerle e le metteva semplicemente via dimenticandosene un attimo dopo.

Ora però il suo commercialista l’ha minacciata: o si impegna a mandargli regolarmente i documenti che lui le chiede e paga tutte le tasse arretrate o si dimetterà dal suo incarico.

Il terrore di aprire le buste

«Lo so che ha ragione il commercialista, ma ho il terrore di aprire quelle buste. Mi sono così allontanata da tutto ciò che riguarda i soldi che non riesco neanche a guardare il mio conto corrente. La paura di non avere abbastanza soldi per potermi permettere ciò che volevo, la paura di dover affrontare l’argomento tasse e il terrore di non farcela, mi ha fatto mettere la testa sotto la sabbia…»

Finora non avevamo mai toccato in terapia l’argomento soldi che, invece, ci consente di lavorare su tanti altri aspetti.

Iniziamo a scavare partendo dall’emozione: la paura, e troviamo quella cognizione negativa su di sé “non sono in grado” che sarà il fil rouge nel nostro percorso.

Giulia è figlia unica e unica nipote di una grande famiglia benestante. Coccolata, vezzeggiata, iperprotetta per tutta la vita. Sembra non aver incontrato molte difficoltà sul suo cammino perché sono state spianate dagli adulti di riferimento che si sono sempre sostituiti a lei. Giulia è una ragazza in gamba, ma non sa di esserlo. Dentro di sé pensa di riuscire solo perché lavora da un amico di papà, perché i suoi l’hanno sempre aiutata, ma purtroppo non sa che ha tutte le risorse per farcela da sola.

Quelle buste dell’Agenzia delle Entrate nascoste nel cassetto rappresentano il mostro del buio. Giulia è un’adulta capace, ma si sente una bimba che non può affrontare da sola gli imprevisti della vita. Grazie al percorso terapeutico Giulia piano piano prende il coraggio per guardare sotto il letto e scoprire che non c’è nessun mostro: è un’adulta che si può prendere le sue responsabilità.


Tra i bisogni emotivi dell’infanzia c’è l’autonomia

Nell’infanzia i bisogni emotivi fondamentali non sempre vengono soddisfatti per svariati motivi. I bisogni non sono solo quelli di cura e di sicurezza come potremmo pensare, ma anche quelli di autonomia, di espressione di sé e di limiti realistici.

Le necessità emotive dei bambini possono essere frustrate se i genitori esagerano con le “cose buone” o ne sono carenti.

Troppo poco di una cosa buona: è il caso in cui non vengono soddisfatti i bisogni di stabilità, sicurezza, accudimento, amore, empatia del bambino. Da questa frustrazione possono svilupparsi schemi di abbandono e/o di deprivazione emotiva.

Troppo di una cosa buona: la famiglia può essere iperprotettiva e danneggiare la fiducia in sé del bambino, oppure troppo permissiva o ancora trasmettere un senso di superiorità. Ciò comporta una scarsa stima di sé, una dipendenza dagli altri sia di tipo emotivo sia pratico, pretese nei confronti degli altri e arrendevolezza di fronte agli ostacoli della vita.

Per Giulia è stato importante riconoscere che la sua infanzia sia stata, da una parte, piena di “cose buone”, ma dall’altra non le sia stato permesso di muoversi da sola nel mondo, di cadere e di rialzarsi in autonomia. Questo, ovviamente, le ha procurato una profonda insicurezza in sé stessa, una scarsa autoefficacia, la concezione che da sola non avrebbe mai potuto farcela.

Anche per questi motivi le sue relazioni fallivano: cercava un compagno che le facesse da genitore e non riusciva a immaginarsi all’altezza di essere in una coppia adulta.

Lavoriamo duramente per rinsaldare l’idea di sé di donna valida, competente e capace. Impariamo a gestire i sintomi dell’ansia e a prendere atto della sua situazione economica.

Giulia diventa sempre più fiera del suo coraggio e delle sue capacità e, anche se la situazione economica non è rosea, decide di non chiedere aiuto in famiglia questa volta, ma di fare un piano di rientro che gestisce individualmente.

Anche la sua storia con Andrea va a gonfie vele. Meno diventa dipendente dai suoi genitori più diventa capace di stare in una relazione solida. Ora la paura viene gestita e lei si sente adulta in tutto: può gestire i suoi risparmi e creare una famiglia.

Condividi