Tfr per i collaboratori domestici: come arrivare preparati
Colf, badanti, tate, ma anche semplici collaboratori e baby sitter a ore, se regolarmente assunti sono dipendenti a tutti gli effetti, e come tali hanno diritto alla liquidazione nel momento in cui il rapporto di lavoro chiude. Ma quanto denaro serve? Come fare i conti e come accantonare le somme necessarie?
Tempo di lettura: 6 minuti
di Giorgia Nardelli
Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.
- Come calcolare la liquidazione
- Come pagare il Tfr evitando la stangata: l’opzione della liquidazione annuale
- Cosa fare se scegli di liquidare il Tfr annualmente
- Liquidare il Tfr in una volta: la strategia dei tre salvadanai
- Cosa fare del Tfr accantonato
- E se il lavoratore chiede l’anticipo del Tfr?
- Quando va pagata la liquidazione: rateizzare il Tfr
«La badante di mia madre va in pensione e adesso dobbiamo pagarle il Tfr. Dopo dieci anni è una somma enorme, ma nessuno me lo aveva detto!». La segnalazione di Anna a Rame ci serve per fare il punto su un tema che può fare la differenza nei bilanci familiari: il Tfr dei lavoratori domestici. Colf, badanti, tate a tempo pieno, ma anche semplici collaboratori e babysitter con contratto per poche ore settimanali, se regolarmente assunti sono dipendenti a tutti gli effetti, e come tali hanno diritto alla liquidazione nel momento in cui il rapporto di lavoro chiude. Ma quanto denaro serve? Come fare i conti e come accantonare le somme necessarie? E ci sono “strategie” di sopravvivenza per evitare di dover versare tutto in una volta? Ecco le risposte in questa guida.
Come calcolare la liquidazione
Regola numero uno: tutti i lavoratori domestici con un regolare contratto di lavoro hanno diritto al Tfr, ovvero al trattamento fine rapporto di lavoro, quella che comunemente chiamiamo “liquidazione”. Anche se hai un collaboratore che ti aiuta nelle faccende domestiche solo per poche ore a settimana, quando calcoli la sua retribuzione dovrai tenere conto che va aggiunta la somma destinata alla liquidazione. Il consiglio è quindi mettere in conto questa spesa sin dall’inizio, e cercare da subito un accordo con il lavoratore sulle modalità. Per capire quale sarà l’esborso annuale parti dalla retribuzione annua, l’importo ottenuto va diviso per un coefficiente fisso di 13,5, e le quote annue accantonate dovranno poi essere incrementate dell’1,5% annuo. «A questa percentuale andrà aggiunta la rivalutazione dell’inflazione per ogni anno di lavoro, che farà lievitare leggermente il totale» spiega Filomena Forastiero, consulente del lavoro per Assindatcolf, l’associazione dei datori di lavoro in ambito domestico. «Sono calcoli abbastanza complessi, che è preferibile fare con l’aiuto di un sindacato o un’associazione di categoria. Per farsi un’idea di quanto si spenderà e di quanto mettere da parte ogni anno, è comunque consigliabile fare almeno un calcolo grossolano».
Vuoi provare a fare una simulazione di massima? Per calcolare il Tfr devi partire dalla retribuzione media lorda. Per esempio, un lavoratore in servizio per 15 ore a settimana a 12 euro all’ora avrà una retribuzione media lorda che parte da 780 euro mensili (ma può variare a seconda del numero dei giorni lavorati nel mese). Se divido il totale per il coefficiente 13,5, ottengo il costo mensile del Tfr. Dovrò poi moltiplicare l’importo per i mesi lavorati in ciascun anno di riferimento, aggiungendo anche la tredicesima mensilità). In questo caso la spesa ammonterà a poco più di 751 euro all’anno, rivalutazione esclusa. «Se il lavoratore è convivente va considerata una variabile in più» aggiunge la Forastiero. «In questi casi il calcolo della somma, oltre alla retribuzione mensile, deve includere l’indennità di vitto e alloggio, un valore che compare in busta paga come figurativo, in quanto goduto in natura, ma che va aggiunto come base di calcolo per il Tfr. La cifra cambia ogni anno, per il 2024 è di 195,60 euro al mese».
Come pagare il Tfr evitando la stangata: l’opzione della liquidazione annuale
Per non trovarsi in difficoltà molte famiglie scelgono di liquidare il Tfr anno per anno. In questo caso la prima scadenza scatta 12 mesi dopo la data di assunzione. Se il rapporto di lavoro inizia a gennaio 2024, per esempio, si procederà con la prima quota a gennaio 2025. «Chi sceglie questa opzione può accordarsi con il lavoratore e liquidare a cadenze concordate fino al 70% della somma maturata. Alla fine del rapporto di lavoro la famiglia dovrà erogare solo le somme a conguaglio. È una soluzione conveniente anche perché, quando si chiuderà il rapporto di lavoro sulle somme già liquidate non si dovrà applicare la rivalutazione sulla base dell’inflazione. Diversi lavoratori preferiscono questa modalità, ma bisogna ricordare che se il dipendente non è propenso, il versamento annuale non può essere imposto» chiarisce l’esperta. Molti lavoratori, soprattutto stranieri, preferiscono per esempio ricevere l’importo in un’unica soluzione per investirlo in un’attività, o magari comprare una casa nel Paese di origine per tornarci a vivere, e in questi casi bisogna accettare la loro scelta.
Cosa fare se scegli di liquidare il Tfr annualmente
«Non è necessario un accordo scritto, ma per essere previdenti si può aggiungere una clausola nel contratto di assunzione in cui si chiarisce che verrà adottata questa modalità, e se possibile andranno indicate anche le modalità di pagamento, meglio se via assegno o bonifico. In questo modo ci mettiamo al riparo dai rischi che il dipendente cambi idea. La voce della liquidazione annuale del Tfr sarà aggiunta nello stesso cedolino dello stipendio mensile. Non è come la tredicesima, che ha un cedolino a parte» consiglia l’esperta.
Liquidare il Tfr in una volta: la strategia dei tre salvadanai
Se il dipendente lo preferisce, non resta che liquidare il Tfr al momento della cessazione del rapporto di lavoro. La difficoltà, in questo caso, è quella di riuscire ad accantonare con anticipo quanto serve, per evitare di dover rimediare in poco tempo migliaia di euro, o essere costretti a chiedere un prestito. «Per evitare sorprese noi consigliamo ai nostri associati di usare tre salvadanai immaginari. Ogni mese, al momento del pagamento dello stipendio, bisogna mettere da parte anche tre quote: la prima è per la tredicesima da liquidare a dicembre, la seconda corrisponde alle ferie per i periodi non lavorati, e la terza al Tfr. L’ideale è calcolare e conoscere sin dall’inizio gli importi, anche per avere un’idea chiara di quale sia il costo annuale del lavoratore domestico» spiega Forastiero.
Cosa fare del Tfr accantonato
Le quote di Tfr andrebbero accantonate fisicamente in un conto a parte, proprio per evitare la tentazione di attingere al fondo prima del tempo. Inoltre, quelle somme, o almeno buona parte di esse dovranno poter essere subito liquidabili, nel caso in cui il rapporto di lavoro si interrompa prima del previsto, o il lavoratore chieda un anticipo.
E se il lavoratore chiede l’anticipo del Tfr?
Bisogna infatti ricordare che i lavoratori domestici che non scelgono la liquidazione annuale del Tfr, possono chiedere un anticipo in ogni momento, purché siano passati 12 mesi dalla data di assunzione. Spiega Forastiero: «Possono decidere di avere una quota oppure tutto il capitale maturato. A contrario di quanto avviene per gli altri lavoratori, non deve esserci una motivazione specifica».
Quando va pagata la liquidazione: rateizzare il Tfr
Per legge la liquidazione andrebbe versata subito dopo la fine del rapporto di lavoro, ma quando la somma da liquidare è importante, si può concordare con il lavoratore una rateizzazione. «Se si trova l’accordo, è bene firmare una scrittura privata molto dettagliata, in cui vengono indicate, al di là dei dati delle parti, termini dell’accordo, data decorrenza del contratto, importo maturato, numero tranche in cui viene dilazionato il pagamento e giorno di ciascun mese in cui si intende effettuare il versamento. Anche le modalità di pagamento sono importanti, e devono naturalmente essere tracciabili. Se si sceglie il bonifico, tra l’altro, è importante accertarsi che il conto corrente su cui si versano le quote sia intestato al lavoratore e non per esempio a un parente, o che sia quanto meno cointestato» consiglia l’esperta.