Un mutuo può essere un investimento?

Hai mai sentito parlare di debito buono? È il debito che non solo ti serve a soddisfare necessità o desideri, ma che alla lunga ti fa tornare in tasca più denaro di quanto ne hai speso. Per dirla con parole ancora più semplici, è il prestito contratto per un investimento intelligente. Sembra un controsenso, visto che – lo sappiamo bene –  comprare beni accendendo un prestito è considerato soprattutto un investimento sulla nostra felicità o sul nostro benessere. Eppure anche i privati possono “guadagnare” da un debito, specie se il bene da acquistare è una casa. Come? Ce lo spiega un’esperta del settore Real Estate.

Tempo di lettura: 6 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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Debito buono e debito cattivo: che differenza c’è?

Quasi tutte le volte che acquistiamo beni materiali accendendo un finanziamento, che si tratti di un televisore, un viaggio o un frigorifero, contraiamo un debito “cattivo”, anche se si tratta di un bene indispensabile. «In finanza un debito cattivo è quello che non ti dà un ritorno economico. Di conseguenza tutti i prestiti che non sono finalizzati a un investimento sono per definizione cattivi», spiega Anisa Harizaj, ceo e founder di Fox Investimenti, società specializzata in investimenti immobiliari. «C’è una sola eccezione: quando il Taeg di un finanziamento, e cioè il tasso di interesse effettivo globale, è uguale a zero. Questo significa che l’importo finanziato verrà rateizzato nel tempo senza che il cliente debba restituire un solo euro in più. In questo caso la rateizzazione è una buona soluzione finanziaria, perché permette di dilazionare una spesa a costo zero».

Che tipo di debito è il mutuo?

Contrarre un  mutuo per la prima casa, foss’anche quella che ci dà un tetto, è quindi per definizione un “cattivo affare”, finanziariamente parlando, e questo non toglie nulla al fatto che per molti sia il mezzo per realizzare un obiettivo irrinunciabile. Abbiamo già affrontato in una delle nostre guide questo tema, spiegando, appunto, che solo a determinate condizioni l’acquisto della prima casa si rivela economicamente vantaggioso (puoi provare a fare i calcoli che ti suggeriamo qui). «La decisione va presa dopo avere fatto un bilancio della propria vita e stabilito quali sono le esigenze nel medio/lungo periodo: se si desidera acquistare perché si vuole una casa propria, se ci si sposterà da quel quartiere o da quella città, se la scelta cade su questo bene perché si ha del denaro da investire», spiega Harizaj. Se i nostri progetti ci portano lontano, meglio rinunciare all’acquisto, è il suggerimento.

Un’altra considerazione da fare riguarda il costo del mutuo. «Per la maggior parte delle persone significa indebitarsi per 20-30 anni, con una rata che incide in misura del 30% sul proprio reddito, se non di più», sottolinea l’esperta. Si potrebbe obiettare che parliamo di un bene di primissima necessità, e che in ogni caso quei soldi dovrebbero essere spesi  per l’affitto. «Ma la riflessione che dobbiamo fare è: quanto ci costa il mutuo? Se si considerano la somma che bisogna anticipare per l’acquisto, i costi di intermediazione, le spese notarili, le tasse, le rate del mutuo, le spese di manutenzione ordinaria/straordinaria, le spese di arredamento, e così via si otterrà un importo che generalmente supera il canone di affitto, tranne in casi particolari ove la domanda di affitto non è sufficientemente supportata dall’offerta».

Nonostante questo, un modo per trasformare l’acquisto in un buon affare c’è. «Comprare un immobile, però, può essere considerato anche in un’ottica di investimento “puro”, considerato che quando arriviamo al punto di porci questo tema, abbiamo almeno una discreta somma di denaro a disposizione».

Come possiamo trasformare il mutuo in “debito buono”?

«Si parte dalla scelta della microzona», esordisce la consulente. «Intanto bisogna scegliere un quartiere che in quel momento non sia eccessivamente appetibile, ma che nel lungo periodo crescerà. È necessaria un’analisi attenta del territorio, per capire se è in programma nel medio periodo un progetto di riqualificazione urbana, se il Comune sta pianificando l’allargamento della rete dei collegamenti, per esempio con nuove linee della metropolitana, interventi di verde pubblico o se si sta progettando qualunque altra iniziativa che porterà a una rivalutazione della zona. Questo passaggio è fondamentale, perché ci dà la quasi certezza che nel tempo il valore dell’immobile crescerà, o comunque non subirà una svalutazione».

Se punti a una microzona già quotata, devi partire con una consapevolezza, avverte l’esperta: «La possibilità di avere ricavi sarà molto più bassa. Intanto perché dovrai anticipare un capitale maggiore, in secondo luogo, perché una microzona già quotata è una zona statica, in cui il valore degli immobili resta sostanzialmente stabile. Un investimento di questo tipo è consigliabile se si ha un grosso capitale se si punta a conservare il capitale, cercando un’alternativa al deposito in banca».

Dopo aver scelto la microzona, inizia la ricerca dell’immobile da comprare. Attenzione, però, non si cerca per andare a viverci. «L’obiettivo è acquistarlo per darlo in locazione, e nel frattempo restare in affitto per alcuni anni, possibilmente in un’abitazione il cui canone abbia un costo non troppo alto. Bisognerà infatti mettere a reddito la casa che si acquista». Naturalmente, prima di agire bisogna fare un attento calcolo. L’investimento ha senso se il canone di locazione che incasseremo è in grado di coprire al netto delle tasse le spese di mantenimento dell’immobile, come il mutuo, le tasse sull’immobile e la manutenzione, ma anche parte dell’affitto dell’appartamento in cui si abita». Anche per questo, la scelta dovrà cadere su un immobile che può essere locato senza difficoltà, e cioè dove la domanda di affitto non solo è presente, ma è anche alta e a un prezzo non basso.

Quando diventa un affare vendere la casa?

Se il tuo obiettivo resta comunque quello di comprare una casa tutta per te, devi aspettare qualche anno, e cioè il tempo necessario che il valore dell’immobile che hai comprato venga rivalutato. «Se nel momento in cui il valore di quell’immbile è salito lo rivendi, quella cifra ti permetterà di comprare un appartamento più grande, ovviamente in un quartiere dove il prezzo di mercato è più basso. E anche in questo caso vanno fatti i dovuti calcoli. Il ricavato della vendita deve dare come guadagno una somma che comprenda l’importo anticipato, la spesa per le rate pagate, quello necessario per estinguere il mutuo, più, se ci riesce, il 20% di quanto investito», spiega Harizaj.

Nel caso di un immobile pagato 100.000 euro, di cui 80.000 con un mutuo a 20 anni al 3%, dopo 5-6 anni dovresti poterlo rivendere a 130.000 euro.

«Ovviamente in questo esempio abbiamo ipotizzato che l’immobile non venga riqualificato. Altrimenti, le spese di ristrutturazione e dell’architetto dovranno essere conteggiate tra i costi sostenuti per l’immobile, e che ci devono “tornare” in sede di vendita».

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