Cosa succede se non ho versato il secondo acconto delle tasse?

Entro il 30 novembre di ogni anno, i contribuenti sono tenuti a versare il secondo acconto delle imposte. A ognuno la sua tassa: può essere l’IRPEF, l’imposta dovuta dalle persone fisiche in relazione alla propria capacità contributiva, la flat tax al 5 o 15% di un soggetto che applica il regime forfettario o l’IRES, l’imposta sul reddito delle società.

Qualunque imposta sia, cosa succede se il 30 novembre non ho versato il secondo acconto? Devo preoccuparmi?

No, non devi preoccuparti, devi solo fare due conti.

Come funziona il ravvedimento operoso

Il mancato versamento di imposte non deve destare immediata preoccupazione, nel senso che questa omissione non genera subito controlli o lettere dell’agenzia delle Riscossioni (ex Equitalia) il giorno dopo.

Il Legislatore dà tempo al contribuente di “ravvedersi”, e infatti il sistema sul quale si basa il versamento delle imposte dopo la scadenza è denominato ravvedimento operoso. In modo autonomo il contribuente potrà versare l’importo dovuto, maggiorato degli interessi e della sanzione calcolata in misura ridotta. La sanzione “standard” è del 30%, ma se, appunto, ci si ravvede prima di aver ricevuto la contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, la sanzione viene drasticamente ridotta, si parte dallo 0,1% se il versamento viene effettuato entro i primi 15 giorni e via via aumenta con il passare del tempo. Per info sulle diverse sanzioni a seconda del periodo entro il quale viene effettuato il pagamento leggi qui.

È già arrivata comunicazione dall’Agenzia delle Entrate?

Verrebbe da dire “pagare e morire c’è sempre tempo”. Non proprio. Perché se prima che si effettui il versamento tramite il ravvedimento operoso, arriva una comunicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, non sarà più possibile avvalersene. A quel punto è necessario versare, entro 30 giorni, l’importo comunicato, nel quale oltre gli interessi viene conteggiata la sanzione al 10% (pari a un terzo dell’importo pieno). Anche in questo caso però una soluzione c’è, ovvero sarà possibile rateizzare l’importo inserito in questa comunicazione (che si chiama avviso bonario) in un massimo di otto rate trimestrali, e se il debito supera l’importo di € 5.000, le rate trimestrali diventano 20, quindi si diluisce, e di molto, il periodo entro il quale effettuare il pagamento di quanto dovuto. Ricorda bene: affinché la rateazione sia valida è necessario pagare la prima rata entro 30 giorni dal ricevimento (puoi tardare ma al massimo di sette giorni). Per il calcolo della rateazione di un avviso bonario clicca qui.

Se non paghi neppure l’avviso bonario?

Se, infine, non sei riuscito a pagare nemmeno l’avviso bonario, questa sì è la volta della cartella esattoriale, dove le sanzioni sono piene (quindi il 30% dell’importo dovuto) e a queste si sommano interessi e aggio, che hanno una notevole incidenza. Anche in questo caso prima che parta la macchina dell’Agenzia delle Riscossioni (quindi ad esempio atti di pignoramento del conto corrente) sarà possibile rateizzare l’importo dovuto, che per un debito inferiore a € 120.000 comporta il versamento in 72 rate mensili (quindi ripagare il debito in 6 anni). Per avere più info clicca qui.

Quanto detto presuppone, ovviamente, che gli importi siano dovuti e non contestati. Ciò vuol dire che sei hai il dubbio che quanto ti venga richiesto non sia esatto, non esitare a consultare il tuo/a commercialista per verificare la correttezza dell’importo prima di procedere con il pagamento.



Leggi anche

Indietro
Indietro

Quel guadagno perduto, per il fatto di essere madre e freelance

Avanti
Avanti

Mutui under 36: c’è la proroga per le agevolazioni