Come lasciare casa ai propri figli

Dopo l’emergenza Covid, sempre più spesso i genitori sentono l’esigenza di pensare alla pianificazione familiare e di decidere con anticipo a chi e come verranno distribuiti i propri beni. L’ultima indagine del Censis ci descrive come un Paese di persone vecchie e spaventate, e che oggi per il 73% vede all’orizzonte una crisi economica e sociale molto grave. Con uno scenario così, ancora più che in passato, chi può, lascia qualcosa ai propri figli. C’è chi pensa a investire sul loro futuro, chi a destinare denaro liquido o investimenti, chi a donare degli immobili. In tutti i casi, qual è la formula migliore? In questa guida ci occuperemo della casa, che resta ancora per noi italiani il bene più caro: sempre secondo il Censis, il 70,8% delle famiglie possiede quella in cui vive, e il 28% di questi ne ha anche altre.

A cura di Giorgia Nardelli


Donazione o testamento?

«Che sia la casa dove si vive o un’altra abitazione, cambia poco: per intestare a titolo di liberalità un immobile al proprio figlio, le strade sono essenzialmente due: la donazione o il testamento», spiega il notaio Alessandra Mascellaro, componente del Consiglio Nazionale del Notariato con delega al Tavolo dei consumatori. «La scelta tra l’una o l’altra soluzione dipende soprattutto dalla risposta che ci si dà a una domanda: “Quando voglio che la persona in questione diventi effettivamente proprietaria di un bene? Desidero che lo sia adesso o solo dopo che io non ci sarò più?”».

La donazione è indicata quando si vuole che il possesso della casa sia trasferito subito all’erede. Ci sono casi, per esempio, in cui il figlio già vive in un’abitazione di proprietà del genitore, magari sta pensando di chiedere un mutuo per ristrutturarlo oppure, abitandovi, trova utile averne la proprietà anche in vista di un alleggerimento fiscale (per esempio, per non sostenere i costi dell’Imu, imposta che prevede l’esenzione sulla “prima casa”).

Al contrario, il testamento è la soluzione se i genitori desiderano assegnare per tempo i propri beni ai figli, per evitare problemi nel momento in cui avranno cessato di vivere, ma vogliono poterne disporre fino alla fine dei propri giorni, per avere una sicurezza in più.

Quanto costa fare una donazione di una casa a un figlio

Quel che è certo, è che la donazione non comporta per chi la riceve un vantaggio fiscale, rispetto all’eredità. Spiega Mascellaro: «La donazione tra genitori e figli viene qualificata come un anticipo dell’eredità, di conseguenza l’imposizione fiscale è la medesima che viene applicata in fase di successione». In buona sostanza, chi riceve un’abitazione a titolo di donazione deve al Fisco l’imposta di trascrizione (o ipotecaria), che equivale al 2% del valore dichiarato dell’immobile, e comunque non è inferiore a 200 euro, più l’imposta catastale, l’1% del valore (con un minimo di 200 euro). Entrambe le imposte scendono a 200 euro nel caso in cui sussistano le condizioni perché il beneficiario fruisca delle agevolazioni prima casa e le richieda.

Ci sono però altri aspetti da mettere sul piatto della bilancia. Per esempio: la donazione è un atto definitivo, che non si può revocare (fatto salvo casi molto particolari), mentre il testamento può essere rivisto in ogni momento. Inoltre, per chi ha patrimoni di una certa consistenza, donare prima della morte gli immobili può essere un modo per evitare agli eredi l’imposta di successione, dovuta se il valore dell’eredità ricevuta da ciascuno supera un milione di euro. Se guardiamo ai costi, invece, nel momento in cui facciamo l’atto di donazione, abbiamo il vantaggio di conoscere con esattezza quali saranno le spese fiscali a nostro carico, mentre l’imposizione sulla successione potrebbe cambiata nel momento in cui andremo ad aprire il testamento.

Della casa in eredità parliamo qui, per approfondire invece gli aspetti della donazione, c’è la guida del Consiglio nazionale del notariato.

È possibile donare la casa a un figlio minore?

C’è anche chi desidera donare la propria casa a un figlio ancora minorenne. «La legge lo consente, ma poiché i minorenni non possono intervenire personalmente in un atto pubblico, perché diventino titolari di diritto di proprietà è necessaria la preventiva autorizzazione rilasciata dal giudice oppure dal notaio. Quest’ultima è una novità introdotta dalla cosiddetta riforma Cartabia». «Dopo l’emergenza Covid, sempre più spesso i genitori sentono l’esigenza di pensare alla pianificazione familiare e di decidere con anticipo a chi e come verranno distribuiti i propri beni. È un quesito che viene posto abbastanza di frequente», premette

Come fare per lasciare la casa a un solo figlio

Se invece si hanno più figli, ma si desidera donare un immobile a uno solo di loro? È possibile, ma bisogna fare attenzione alla ripartizione del proprio patrimonio, perché c’è una questione che riguarda i cosiddetti eredi legittimari, e cioè i propri genitori, se in vita, i figli, e il coniuge. Ciascuno di loro, per legge, ha diritto una quota dell’eredità, definita “legittima”. «Chi dispone dei propri beni in vita attraverso la donazione, deve ricordare di rispettare le quote di legittima sull’eredità. Se, per ipotesi, a causa della donazione i legittimari non conseguiranno la quota legittima, potranno infatti impugnare davanti a un giudice la donazione. La cosiddetta “azione di riduzione” può essere proposta entro dieci anni dall’apertura della successione (vale a dire dal momento della morte di chi ha disposto la donazione)», spiega il notaio. Mettiamo che un genitore abbia due figli e decida in vita di donare l’unica casa familiare a uno solo dei due: l’altro figlio (così detto, erede pretermesso) al momento della morte dei genitori potrebbe impugnare la donazione dando luogo a una lunga causa legale. «Quando si dona o si riceve in donazione un immobile, è dunque molto importante tenere conto della quota di legittima degli altri legittimari e soprattutto avere chiaro se si desidera utilizzare personalmente l’immobile oppure rivenderlo a breve. In questa seconda ipotesi, vanno considerati molti elementi», avverte Mascellaro.

Si può vendere un immobile donato?

Mettiamo che chi ha ricevuto la casa in donazione voglia rivenderla a breve: «In questo caso, nel corso delle indagini che precedono il rogito, la banca dell’acquirente che chiede un mutuo per l’acquisto del bene verificherà che la provenienza è una donazione». In tal caso, potrebbe essere richiesta una fideiussione in favore di chi acquisterà il bene, oppure la risoluzione della donazione, per poi consentire l’acquisto del bene direttamente dal proprietario originario. 

E se i genitori vogliono donarla ma continuare a viverci?

Se, per esempio, i genitori desiderano intestare ai figli o a un solo figlio la casa familiare, senza perderne il diritto di abitarci o di utilizzarlo, possono effettuare la donazione riservando per sé l’usufrutto del bene a vita e donare agli eredi solo la nuda proprietà. «In questo modo saranno certi che il diritto di abitare o, più semplicemente, di dare in locazione quel bene resti in capo a loro fino a quando non avranno cessato di vivere», aggiunge l’esperta.

È possibile vendere la casa a un proprio figlio invece di donarla?

Se la donazione non è praticabile perché ci sono altri legittimari o per altri motivi, non resta che la strada della vendita. Non può però trattarsi di una vendita “simbolica”, come chiarisce l’esperta. «La vendita a prezzo simbolico potrebbe essere equiparata a una donazione; perché si abbia un atto di vendita deve essere presente invece un prezzo effettivamente corrisposto e ciò perché, nell’atto notarile di compravendita, il prezzo va indicato con precisione, come pure le modalità con cui viene effettuato il pagamento , per esempio assegni e/o bonifici bancari».

 


Leggi anche:

Indietro
Indietro

Colf e badanti, gli aumenti di gennaio

Avanti
Avanti

E se dividere il conto in parti uguali aumentasse le diseguaglianze?